PO065 – Il danno renale acuto dopo trapianto di cellule staminali emopoietiche in età pediatrica: casistica monocentrica.

Autori: Filippo Mangione (1), Alessandra Manini (1), Carolina Martelletti (1), Alessandro Marchi (1), Alessandro Gaballo (1), Ilaria Pili (2), Nunzia Decembrino (2), Marco Zecca (2), Teresa Rampino (1)
Affiliazioni:  (1) S.C. Nefrologia e Dialisi – Trapianto; (2) S.C. Oncoematologia Pediatrica; Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia.

Introduzione. Il trapianto di cellule staminali emopoietiche (TCSE) rappresenta una scelta terapeutica consolidata nel trattamento di patologie neoplastiche, ematologiche e immunologiche nel bambino. L’incremento annuale del numero di trapianti e la maggior sopravvivenza a lungo termine dei pazienti hanno reso manifeste complicanze tardive a carico di organi extramidollari. I reni sono target di un eccezionale numero di insulti nel percorso trapiantologico. In Letteratura sono scarse le evidenze epidemiologiche su complicanze renali nella popolazione pediatrica. 

Scopi.

  1. Descrivere la frequenza di AKI nei primi 3 mesi post-TCSE.
  2. Identificare una associazione statistica tra alcune variabili clinico-laboratoristiche e l’occorrenza di danno renale acuto.
  3. Valutare il grado di awareness su AKI in un contesto non specialistico nefrologico.

Metodi. Studio retrospettivo su 189 soggetti, di età 2-18 anni, sottoposti a TCSE presso la Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia tra gennaio 2010 e dicembre 2015. L’end point primario è rappresentato dalla frequenza di AKI, che è identificato secondo i criteri RIFLE (Risk for renal dysfunction, Injury to the kidney, Failure of kidney function, Loss of kidney function, and End-stage renal disease) modificati per la popolazione pediatrica (pRIFLE). Sebbene la definizione di AKI comprenda due criteri – riduzione percentuale di GFR rispetto al valore basale, e riduzione del flusso urinario – gli episodi di AKI sono stati definiti esclusivamente in ragione della riduzione di eGFR. Sono stati registrati come episodi di IRA tutte le variazioni di eGFR di entità coerente con i criteri sopra indicati che non perdurassero per più di 3 mesi. Nei casi in cui siano state rilevate oscillazioni di eGFR con transitorio ritorno dello stesso al valore basale, sono stati registrati due (o più) diversi episodi di IRA. Ciascun episodio è stato categorizzato secondo la severità (stadi pRIFLE  1-3). La funzione renale è stata stimata mediante formula di Schwartz. Sono stati registrati i valori di creatininemia – e di eGFR – pre-TMO, al momento del trapianto (t0) e quindi tutti quelli disponibili entro le prime 12 settimane. Sono anche state registrate le diagnosi cliniche di AKI, segnalate come tali dai Curanti sulla documentazione di ricovero e/o ambulatoriale. Sono state registrate 20 variabili – demografiche, anamnestiche, cliniche – con potenziale impatto sulla funzione renale. Le variabili qualitative, che erano principalmente nominali, sono state descritte come conteggi e percentuali. Per ciascuna variabile quantitativa in esame sono stati calcolati gli opportuni indici di tendenza centrale e di variabilità in relazione alla distribuzione dei valori della variabile stessa. L’impatto delle diverse variabili registrate (demografiche, anamnestiche, cliniche) sul rischio di IRA e di MRC è stato testato in un’analisi univariata con il modello di Cox. Le variabili per cui è stata identificata un’associazione statisticamente significativa nell’analisi univariata sono state inserite in un modello multivariato al fine di testarne l’indipendenza.

Risultati. Le caratteristiche basali dei pazienti sono elencate nella tabella 1. La prevalenza di AKI è risultata molto elevata (N=119, 62,9%). La maggior parte era riferibile a forme di AKI lieve (75,6%), mentre episodi di entità moderata (15,1%) o severa (9,3%) erano relativamente più rare; in un solo caso si è resa necessaria RRT. La mediana di tempo al primo episodio era 7 settimane. L’analisi univariata ha mostrato una correlazione diretta tra AKI e le seguenti variabili: eGFR al TCSE, profilassi per GVHD, infezione da BKV e/o CMV, VOD, ipertensione arteriosa, uso di nefrotossine, uso di cellule staminali midollari; oltre a una correlazione inversa tra AKI e TCSE autologo. L’analisi multivariata ha confermato l’associazione diretta tra AKI e uso di mdc iodato, VOD, e quella inversa con l’assenza di profilassi per GVHD.

Le diagnosi cliniche di AKI, riportate sulla documentazione clinica dei pazienti, erano 18, con una bassissima concordanza con le diagnosi retrospettive su criteri pRIFLE (18%); il grado di concordanza tra criteri pRIFLE e diagnosi clinica aumentava significativamente nei casi di AKI moderato-severa (62%).

Conclusioni. Lo studio rileva una prevalenza sorprendentemente elevata di AKI nella popolazione pediatrica, in conseguenza della stringente applicazione dei criteri pRIFLE che considerano riduzioni percentuali di eGFR, anziché valori assoluti di indici di funzione renale. Ciò è coerente con il dato di una maggioranza di casi di AKI lieve, il cui impatto clinico è da precisare. E’ evidente che il grado di awareness su AKI, da parte di medici non nefrologi, è molto basso, in particolare per le forme più lievi; tuttavia, anche il grado di consapevolezza per le forme più severe è certamente migliorabile. Il presente studio ha rappresentato la base per una valutazione dell’impatto di AKI su outcomes renali e extrarenali dopo TCSE.

Tabella 1. Caratteristiche della popolazione

Bibliografia:

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