Introduzione
La sindrome di Alport è un patologia genetica dovuta ad una mutazione dei geni codificanti per le catene-α3,-α4 o -α5 del collagene tipo IV. Questo difetto comporta una compromissione della integrità delle membrane basali di vari organi, tra cui quella glomerulare. Le caratteristiche principali della malattia sono rappresentate da ematuria, progressiva compromissione della funzione renale, sordità neurosensoriale e anomalie oculari. Sono state riconosciute almeno 3 forme di Alport, con una trasmissione genetica di tipo autosomico recessivo, autosomico dominante e X-linked. Quest’ultima rappresenta la forma più frequente (80% dei casi) con un’evoluzione verso l’insufficienza renale cronica entro la terza decade d’età nella quasi totalità dei maschi affetti. Nel sesso femminile il fenotipo della portatrice della mutazione varia dallo stato di semplice carrier asintomatico a quello della malattia franca. Le donne affette rappresentano dunque una minoranza della casistica complessiva. Anche per questo motivo il numero di gravidanze riportate in letteratura è estremamente limitato.
Nel presente lavoro abbiamo descritto il decorso di 7 gravidanze di 6 pazienti affette da sindrome di Alport con un follow-up minimo di 3 anni. La nostra è una delle casistiche più numerose disponibili in letteratura.
[Savige J – 2016 [1]] [Nishizawa Y – 2016 [2]] [Yefet E – 2016 [3]] [Crovetto F – 2013 [4]]Materiali e Metodi
Il presente lavoro è uno studio retrospettivo osservazionale che ha coinvolto 6 pazienti affette da differenti forme di sindrome di Alport afferenti al nostro Istituto (età 16-49 anni). Due delle 7 gravidanze descritte erano gemellari. I dati di GFR, proteinuria, ipertensione arteriosa sono stati registrati prima della gravidanza, al primo e secondo/terzo trimestre, dopo il parto e all’ultimo follow-up (3-4 anni, mediana 3 anni). Tutte le pazienti, eccetto una che era affetta da IRC stadio 4, presentavano al momento del concepimento una funzione renale normale (creatininemia 0.54-0.8 mg/dl) e livelli di proteinuria variabili (range 0.3-2.1 g/24h). Tutte le pazienti, eccetto una, erano in terapia con ACE-inibitore o sartano a scopo antiproteinurico che veniva sospeso prima del concepimento e ripreso dopo il parto.
(Figura 1)
Casi Clinici
Caso 1: donna di 49 anni, primipara, diagnosi di Alport supportata dalla biopsia renale. Al momento del concepimento avvenuto per procreazione assistita (ovodonazione e iniezione spermatica intracitoplasmatica) la paziente presentava una normofunzione renale (Creatinina 0,8mg/dl), un’ipertensione arteriosa in terapia e una proteinuria di 1.7g/24h. La gravidanza, gemellare bicoriale e biamniotica, veniva interrotta con esecuzione di parto cesareo in urgenza alla trentatresima settimana per pre-eclampsia e proteinuria nefrosica (proteinuria 4.5 g/24h, creatininemia 1.12 mg/dl) con morte post-partum di uno dei due neonati che presentava displasia renale bilaterale. L’altro presentava un basso peso alla nascita (1750 mg). Nel follow-up i valori di creatininemia e proteinuria della madre sono tornati al basale (creatiniemia 0.93 mg/dl, proteinuria 0.9 g/24h).
Caso 2: paziente di 40 anni con sindrome di Alport diagnosticata con criteri clinici e di anamnesi familiare. Alla prima valutazione la funzione renale (creatinina 0.8 mg/dl) e la pressione arteriosa erano normali, la proteinuria 0.6 g/24h. La gravidanza era caratterizzata da transitorio aumento della proteinuria fino 1.34 g/24h nell’ultimo trimestre, e veniva portata a termine con un buon outcome materno-fetale (peso del neonato alla nascita 3210 mg; nella madre creatininemia e proteinuria 0.71 mg/dl e 0.6 g/24h rispettivamente).
Case 3: paziente di 19 anni, primipara, affetta da forma autosomica recessiva di sindrome di Alport, diagnosticata con test molecolare genetico. Alla prima visita la paziente presentava una creatininemia di 0.47 mg/dl ed una proteinuria di 1.9 g/24h, pressione arteriosa nella norma. Il decorso della gravidanza veniva complicato da un progressivo peggioramento della proteinuria fino a 9g/24h che condizionava la comparsa di stato anasarcatico, oliguria e difficoltà respiratorie da sovraccarico del piccolo circolo. La paziente ha necessitato numerose e prolungate ospedalizzazioni nel corso delle quali si è provveduto all’inizio del trattamento anticoagulante per rischio trombotico e della terapia diuretica dapprima per os, poi ev con furosemide e mannitolo. Per aggravamento delle condizioni generali alla trentaduesima settimana si provvedeva all’esecuzione di parto cesareo, con nascita di un neonato di 1830 mg. Al follow-up creatinemia 0.7 mg/dl, proteinuria 2g/24h dopo reintroduzione di ACE inibitore.
Caso 4: seconda gravidanza della paziente del caso 3, all’età di 22 anni. Al basale, creatininemia 0.64 mg/dl, proteinuria 2.1g/24h, non ipertesa. La paziente necessitava nuovamente ospedalizzazione dalla ventiquattresima settimana per proteinuria nefrosica (proteinuria 9.3 g/24h) con stato anasarcatico per cui veniva posta in terapia con eparina a scopo anticoagulante e con furosemide ev. Alla trentaduesima settimana la paziente aveva raggiunto una proteinuria di 13.3 g/24h e veniva sottoposta a parto cesareo. Il neonato partorito era in buone condizioni generali e con un appropriato peso alla nascita (2630 mg). Al follow-up creatininemia 0.9 mg/dl, proteinuria 1.3 g/24h.
Caso 5: paziente di 32 anni, primipara, gravidanza gemellare con concepimento con FIVET con selezione embrionale. Diagnosi genetica di Alport X-linked con conferma all’istologia renale. Prima della gravidanza la paziente presentava una IRC stadio 4, proteinuria 1.6 g/24h ed era ipertesa in terapia farmacologica. Il parto è stato indotto a 29+3 settimane per pre-eclampsia e proteinuria nefrosica con stato anasarcatico. Nel follow-up la madre inizia dialisi cronica per peggioramento irreversibile dell’IRC. Seguiva trapianto da donatore vivente con buona funzione dell’organo. Gemelli nati con basso peso alla nascita (1850 e 1700 mg).
Caso 6: donna affetta da sindrome di Alport X-linked caratterizzata da sola microematuria in assenza di albuminuria significativa, normofunzione renale (creatininemia 0.6 mg/24h) e pressione arteriosa nei limiti di normalità. La gravidanza aveva un decorso regolare, in assenza di complicanze, con parto a termine alla trentottesima settimana di un neonato di 2210 mg. Dopo la gravidanza normofunzione renale (creatininemia 0.7 mg/24h), non proteinuria (0.3 g/24h).
Caso 7: paziente affetta dalla forma autosomica recessiva di Alport (sorella del caso 3-4, vedi sopra). Primigravida all’età di 16 anni con riscontro alla valutazione iniziale di creatininemia 0.54 mg/dl, proteinuria 1.4 g/24h e normale pressione arteriosa. Alla ventesima settimana di gestazione compariva proteinuria in range nefrosico (3.5g/24h), che peggiorava progressivamente fino a 7.5g/24h associandosi a comparsa di edemi declivi. Il bilancio idrosalino veniva ben controllato con furosemide ev. Alla trentaseiesima settimana, con una proteinuria delle 24h di 10.6g, veniva indotto il parto. La gravidanza si concludeva con un taglio cesareo, per distocia cervicale, con la nascita di un neonato di 2335 mg. All’ultimo controllo la madre presentava una funzione renale nella norma (cretininemia 0.61 mg/dl) e la proteinuria era rientrata al valore basale (1.4g/24h).
Sintesi dei risultati
Funzione renale – Abbiamo assistito ad un progressivo e persistente peggioramento della funzione renale solo nel caso della paziente già affetta da IRC stadio 4 (n5), che dopo la gravidanza ha iniziato terapia sostitutiva emodialitica cronica. Nei casi di normofunzione renale al concepimento la creatininemia al termine del follow up risultava sovrapponibile al dato basale.
Proteinuria – In 6 gravidanze su 7, le pazienti presentavano al basale una proteinuria >300 mg/24h (proteinuria 0.6-2.3 g/24h) con un cospicuo peggioramento a partire dal 2° trimestre. In 5 di queste gravidanze la proteinuria ha raggiunto il range nefrosico nel 3° trimestre (4.5-13g/24h), comportando una necessità di intensificazione delle cure per sovraccarico idro-salino, ospedalizzazioni ed induzione precoce del parto. In tutte, fatta eccezione per il caso di end stage renal disease che non è valutabile, la proteinuria è ritornata al valore basale nel follow-up e dopo ripresa della terapia antiproteinurica con inibitori del sistema renina-angiotensina. La paziente n6, che presentava solo microematuria, non ha avuto alcuna complicanza durante la gravidanza.
Ipertensione arteriosa – Nelle 2 pazienti con storia di ipertensione arteriosa (n1 e n5), entrambe primipare, e portatrici di una gravidanza gemellare, i parto è stato indotto prima del termine per comparsa di preeclampsia. La paziente n5 presentava inoltre una IRC moderata-severa già prima della gravidanza.
Decorso della gravidanza e Outcome Fetale – Di tutte le pazienti, solo 2 (n2 e n6), entrambe con normofunzione renale, proteinuria inferiore ad 1g/24h e pressione arteriosa nei limiti, hanno portato la gravidanza a termine; nelle altre 5 gravidanze è stato necessario indurre il parto prima della trentasettesima settimana (settimane di gestazione 29-36).
Tutti i feti sono stati partoriti vivi; una morte post-natale si è registrata in un parto gemellare pre-termine per displasia renale bilaterale in una paziente (n1) con nota ipertensione arteriosa. Un basso peso alla nascita (<2500 mg) si è registrato in 7 su 9 neonati (Peso alla nascita 1700-3210 mg).
Conclusioni
La nostra esperienza suggerisce che l’andamento della gravidanza nelle pazienti con sindrome di Alport è condizionato dagli stessi fattori di rischio noti per le donne affette da altre patologie renali.
Infatti, la presenza di ipertensione arteriosa ed IRC prima del concepimento si confermano fattori prognostici negativi per l’outcome materno-fetale.
La sindrome di Alport di per sé non rappresenta un fattore di rischio per la gravidanza se è presente la sola microematuria, come sembra sottolineare il caso da noi riportato (n6). Invece, nei casi con proteinuria presente al concepimento, questa tende ad aumentare fino ad un range nefrosico nel 2° e 3° trimestre, con la possibilità di sviluppo di uno stato anasarcatico, la necessità di ospedalizzazione, il rischio di parto pre-termine e di ridotta crescita fetale.
In considerazione di queste criticità, le pazienti affette da sindrome di Alport necessitano di essere valutate prima e durante la gravidanza in ambiente specialistico da un team congiunto nefro-ginecologico.