Incidenza e fattori predittivi di fibrillazione atriale post-operatoria nei riceventi di trapianto renale

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni si sta sviluppando un interesse sempre crescente verso gli aspetti non immunologici del trapianto renale per il loro impatto sull’outcome del trapianto stesso. In fase post-operatoria un ruolo rilevante appartiene alle possibili complicanze emodinamiche, associate ad un aumentato rischio di DGF che influenza la sopravvivenza a lungo termine del graft (Jushinskis J 2009 [1]). Tra queste ha un possibile ruolo la fibrillazione atriale post-operatoria (POAF), che si associa ad aumentato tempo di ospedalizzazione, maggiore mortalità intra-ospedaliera, complicanze come tromboembolia e instabilità emodinamica.

Finalità del presente studio retrospettivo, su pazienti trapiantati di rene, sono state: 1) determinare la prevalenza di POAF nei trapiantati di rene, 2) individuare possibili  fattori predittivi di POAF al fine di verificare la possibilità di stratificarne il rischio nei pazienti candidati a trapianto.

PAZIENTI E METODI

Abbiamo valutato 304 pazienti sottoposti a trapianto di rene e fegato-rene tra gennaio 2005 e dicembre 2008 nel Centro Trapianti del Policlinico S. Orsola di Bologna. Pazienti con e senza POAF sono stati confrontati su dati clinici, laboratoristici e strumentali. È stato inoltre calcolato per ogni paziente il CHA2DS2 – VASC score [Cardiac failure, Hypertension, Age ≥ 75 (2 punti), Diabetes, Stroke (2 punti), Vascular disease, Age 65-74, Sex (1 punto per il sesso femminile)], originariamente ideato per la valutazione del rischio tromboembolico e la gestione terapeutica dei pazienti con FA cronica, ma recentemente proposto in letteratura per prevedere nuova insorgenza di FA (Chao TF, 2012) [2]  e ospedalizzazione dopo episodi di FA o flutter (Naccaralli GV, 2012) [3]. Oltre allo score originale è stato calcolato uno score modificato (CHA2DS2-VASC_NQ) adattato alle caratteristiche della popolazione esaminata.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

– Nel nostro studio  l’incidenza di POAF nei trapiantati è risultata 8.2% (Fig. 2), maggiore di quella riportata per altri interventi di chirurgia non-cardiotoracica  (Sohn GH, 2009) [4] (full text)  (Christians KK [5], 2001), ma simile a quella nei pazienti ricoverati in unità di terapia intensiva (Burris JM, 2010) [6]  (Brathwaite D, 1998) [7].

– L’età è il maggiore fattore di rischio per POAF sia nell’analisi univariata che multivariata. In particolare il rischio appare aumentato sopra i 53 anni, un’età inferiore a quei 60 anni considerati abitualmente nelle linee guida come l’età in cui il rischio cresce. Una anamnesi positiva per FA è risultata correlata con l’insorgenza di POAF solo nell’analisi univariata, mentre una storia di infarto miocardico è apparsa predittiva di POAF sia nell’analisi univariata che multivariata. Questo sottolinea l’importanza di una accurata valutazione cardiaca nei candidati al trapianto renale. (Figura 3 – 4).

– L’incidenza di POAF è apparsa più alta nei pazienti sottoposti a trapianto combinato fegato-rene (20%) rispetto a trapiantati di solo rene (6 %). Una possibile spiegazione è che le condizioni cliniche di partenza dei candidati a trapianto combinato sono più severe. In letteratura è riportato un tasso di sopravvivenza più basso durante i primi tre mesi post-operatori nei trapiantati di rene-fegato rispetto ai trapiantati di solo rene e questo risultato sembra essere correlato alla gravità delle condizioni pretrapianto di questi pazienti (Fong TL, 2003) [8].

– La popolazione trapiantata presenta un rischio maggiore di insorgenza di FA ad età significativamente minori di quelle considerate nel CHA2DS2-VASC originale. Abbiamo pertanto sviluppato una versione modificata utilizzando cut-off di età più basse (Figura 1). Il CHA2DS2-VASC_NQ ha dato risultati migliori nei trapiantati rispetto allo score originale e sembra utile per stratificare il rischio di POAF in questi pazienti (Figura 5). Poichè nel post-trapianto possono subentrare ulteriori fattori (alterazioni elettrolitiche, necessità di emodialisi, etc) che aumentano il rischio di instabilità emodinamica, identificare precocemente i pazienti a rischio è necessario per poter tempestivamente mettere in atto eventuali strategie preventive ed un appropriato follow-up cardiologico.