I disordini linfoproliferativi post-trapianto (PTLD) a localizzazione solo nell’organo trapiantato (R-PTLD) nel trapianto renale: esperienza monocentrica

RAZIONALE

Le PTLD sono una complicanza rara, ma grave dei trapianti d’organo; l’incidenza nel trapianto di rene si attesta attorno allo 0,3-1,5% (Caillard S – 2012 [1] (full text); Faull RJ – 2005 [2]; Kasiske BL – 2011 [3]).

Dal punto di vista anatomopatologico secondo la classificazione WHO si distinguono 4 forme principali: lesioni ”early”, PTLD polimorfe, PTLD monomorfe e linfoma di Hodgkin (Mucha K – 2010 [4] (full text)).

Sono stati identificati vari possibili fattori di rischio: età del ricevente, trapianto da donatore deceduto, anni di dialisi, carico immunosoppressivo o utilizzo di determinate classi di immunosoppressori (soprattutto siero antilinfocitario), sierologia EBV di donatore e ricevente, infezione da EBV (Caillard S – 2013 [5] (full text)).

Nonostante in letteratura siano descritte ampie casistiche nell’ambito del trapianto renale, mancano dati sulle PTLD ad esclusiva localizzazione nell’organo trapiantato (R-PTLD).

CASISTICA E METODI

Descriviamo 7 casi di R-PTLD diagnosticati e seguiti presso la nostra Struttura:

  • Su 1897 trapianti effettuati nel nostro Centro tra il 1997 ed il 2014 sono stati identificati 23 casi di PTLD (1,2%) di cui 5 R-PTLD (21,7% delle PTLD totali, 0,26% dei trapianti totali) (Figura 1); 
  • Altri 2 casi di R-PTLD riguardano pazienti trapiantati altrove, ma seguiti presso la nostra Struttura.

RISULTATI

Tutti i pazienti sono caucasici, 4 maschi e 3 femmine con età mediana al trapianto di 36 anni (14-59); la terapia immunosoppressiva (ID) impostata al momento del trapianto era in tutti i casi una triplice standard (inibitori calcineurine+micofenolato mofetile+steroide; induzione con Basiliximab); alle dimissioni dal trapianto la creatinina mediana era 1 mg/dl (1-3 mg/dl).

In tutti i casi la diagnosi è stata posta attraverso una biopsia renale per causa (peggioramento funzionale in 7/7 e comparsa di proteinuria nefrosica in 1/7), e sono state escluse con opportuni esami strumentali altre localizzazioni di malattia. L’istologico ha evidenziato 4 forme “early”, 2 plasmocitoma-like e 1 monomorfica B; il risultato della ricerca di EBV su biopsia è noto in 3 casi (1/3 positivo).

La malattia si è presentata con una mediana di 31 mesi dal trapianto (2-82). Al momento della diagnosi 1 paziente non stava assumendo terapia ID per autosospensione, 1 era in monoterapia con tacrolimus, mentre negli altri 5 lo schema immunosoppressivo era sovrapponibile a quello delle dimissioni dal trapianto. 4 pazienti su 7 erano positivi per CMV IgG, mentre 1 solo presentava una bassa positività per l’EBV DNA.

In 6/7 pazienti è stata ridotta la terapia ID. I 4 pazienti con PTLD “early sono stati trattati con Rituximab: in 1/4 si è ottenuta la remissione completa, 3/4 hanno riavviato la dialisi (1 espianto). Tutti i 3 pazienti con lesioni “non early sono stati sottoposti ad espianto. Attualmente tutti i pazienti sono liberi da malattia (Figura 2).

CONCLUSIONI

In letteratura le R-PTLD sono raramente descritte nei trapiantati renali; nella nostra esperienza rappresentano il 21,7% delle PTLD totali e lo 0,26% dei trapianti totali.

In tutti i casi la diagnosi tempestiva e la riduzione dell’immunosoppressione associata a terapie ad hoc permettono un’ottima prognosi quoad vitam a patto di sacrificare l’organo in 6 pazienti su 7.

In base alla nostra esperienza la terapia dovrebbe essere guidata dai dati clinico-laboratoristici e dall’esito istologico, prediligendo l’espianto per le forme più aggressive e la chemioterapia per le forme “early” con adeguato monitoraggio istologico.