Verso una dialisi “ecologica”: plastiche e sostanze a contatto con il sangue

Razionale

In un mondo sempre più inquinato dai prodotti della tecnologia, l’attenzione globale alla dialisi dal punto di vista “ecologico” richiede analisi che vanno dallo smaltimento dei rifiuti (Piccoli GB -2015) [1], a quello dei materiali in tracce, che entrano a contatto con il sangue dei pazienti ed il cui ruolo, sin’ora, è stato offuscato dalla ricerca della “biocompatibilità”. (Yakubovich M – 2000 [2]Branger B -1990 [3])

Scopo del lavoro è stato un’analisi preliminare, dalle banche dati biomediche ed online, del tipo di materiali con i quali entra in contatto il sangue dei pazienti, andando a analizzare la presenza di contaminanti.

Casistica e Metodi

Analisi dei materiali che entrano in contatto con il sangue (fonte ultima di rifiuti “contaminati”, secondo la normativa della Comunità Europea), impiegati in una seduta dialitica, considerando i differenti “disposables” (figura 1) impiegati presso il Centro (Fresenius, Bellco, Nxstage,Nikkiso). Ricerca bibliografica su Medline e web.

Risultati

In dialisi, uno dei materiali più impiegati è il Polyvynil Chloride (PVC), per la sua duttilità e perchè può diventare più o meno flessibile mediante l’impiego di alcuni additivi, raramente segnalati. L’effetto sul paziente è poco noto. I pochi studi si sono concentrati sulle sacche di raccolta del sangue. Il principale additivo studiato è il di(2-etil hexyl)phtalato, che aumenta il rischio di diabete, disfunzione tiroidee e surrenaliche (Gayathri – 2004 [4]). Un solo studio ha studiato questo aspetto in emodialisi (Pollack – 1985).

Il PVC non è l’unico materiale che entra a contatto con il sangue: ci sono anche polypropylene, polyethylene e polyhexahydrotriazine (tappi e raccordi), polyphenylene (alcuni filtri). In tutti la presenza di metalli o contaminanti organici è possibile, ma mai quantificata (trace elemnts).

Conclusioni

La ricerca preliminare condotta sul web e sulle principali banche-dati biomediche identifica la presenza di microelementi o contaminanti di potenziale interesse clinico (per il paziente) ed ecologico (per l’ecosistema), ancora poco noti e non sistematicamente segnalati: occorrono analisi dettagliate per dimensionare i rischi ed identificare soluzioni “ecosostenibili”.