Introduzione
L’elevata mortalità del paziente in trattamento dialitico per cause cardiovascolari è un dato ormai assodato (Nordio M – 2012 [1]). Tuttavia sono varie in letteratura le segnalazioni di pazienti sopravvissuti in dialisi per periodi compresi fra i 20 ed i 35 anni (Heaf J – 2012 [2], Kurkus J – 2007 [3], Piccoli GB – 2002 [4] (full text)). Spesso, tuttavia, la lunga sopravvivenza è caratterizzata da una ingravescente compromissione della qualità di vita legata alla progressione delle complicanze dell’uremia e delle comorbidità ad essa associate.
Descriviamo il caso di una paziente in trattamento con emodialisi extracorporea da quasi 41 anni attualmente seguita presso il nostro centro.
Caso clinico
P.R. è una donna di 52 anni. La sua storia nefrologica inizia all’età di 9 anni con la comparsa di una sindrome nefritica (non accertata istologicamente la malattia di base) complicata da grave ipertensione ed associata a deficit irreversibile della funzione renale. All’età di 12 anni per la comparsa di uremia terminale è necessario iniziare il trattamento dialitico. Nello stesso anno la paziente viene sottoposta a nefrectomia bilaterale per la gravità dell’ipertensione arteriosa resistente alla terapia antiipertensiva. All’età di 14 anni la paziente viene sottoposta a trapianto renale da cadavere che purtroppo viene gravato da complicanze urologiche che rendono indispensabile dapprima l’intervento di ureterocistoneostomia e dopo breve tempo l’allestimento di ureterocutaneostomia.
La funzione del rene trapiantato è precocemente compromessa e ben presto è necessaria la rimozione del rene e la ripresa del trattamento dialitico che non da allora non è più stato interrotto.
Altri dati anamnestici degni di nota sono:
- la presenza di artrite reumatoide trattata dapprima con FANS e successivamente con steroidi a basse dosi;
- l’intervento di sbrigliamento del nervo mediano per sindrome del tunnel carpale bilaterale;
- la comparsa di iperparatiroidismo secondario che all’età di 41 anni è stato trattato con paratiroidectomia subtotale;
- l’insorgenza all’età di 51 anni di una sindrome coronarica acuta con riscontro coronarografico di stenosi della discendente anteriore trattata con PTCA + stent;
- la recentissima aritmia atriale (Febbraio 2013) trattata con successo con ablazione in radiofrequenza.
La paziente è ancora in grado di accudire a se stessa e gode di una soddisfacente autonomia.
Presenta deformazione delle mani secondaria all’artrite reumatoide (Figura 1), diffuse calcificazioni vascolari (Figura 2) di moderata entità.
Degna di nota è inoltre la longevità della fistola artero-venosa (38 anni) che come è visibile in Figura 3 ha causato negli anni una progressiva ipertrofia del letto venoso.
Discussione e conclusioni
La sopravvivenza in dialisi per oltre 40 anni è un evento infrequente. Riteniamo che la paziente cui si riferisce il caso descritto presenti alcuni aspetti peculiari che ne giustificano la longevità dialitica. In particolare:
- la nefrectomia bilaterale eseguita precocemente ha risolto l’ipertensione arteriosa riducendo quindi il rischio cardiovascolare ad essa correlato;
- la paziente ha sempre mantenuto un’ottima compliance alle terapie prescritte
- la tempestiva correzione chirurgica dell’iperparatiroidismo secondario ha contribuito a ridurre la severità delle calcificazioni vascolari;
- la sindrome coronarica acuta come pure l’aritmia atriale sono eventi recenti;
- la paziente non è affetta da diabete mellito.