SINDROME DA INAPPROPRIATA ANTIDIURESI E CELIACHIA REFRATTARIA: UNA NUOVA ASSOCIAZIONE

Introduzione

La sindrome da inappropriata antidiuresi (SIAD) è caratterizzata da iponatriemia e ipoosmolarità plasmatica derivanti da inappropriata secrezione, o eccessiva attività, dell’ormone antidiuretico (ADH), a dispetto di condizioni di euvolemia o ipervolemia. Tale quadro culmina in un deficit dell’escrezione di acqua libera da parte del rene (Peri A, 2010) [1].La diagnosi di SIAD viene effettuata evidenziando la presenza di iponatriemia (sodiemia < 135 mEq/l) con ipoosmolarità (osmolarità sierica < 280 mOsm/kg) e
osmolarità urinaria inappropriatamente elevata (>100 mOsm/kg) con elevata sodiuria (>40 mEq/l). E’ necessario, inoltre, che funzione renale, tiroidea e surrenalica siano normali; criteri aggiuntivi sono ipouricemia e ipopotassiemia (Vantyghem MC, 2011) [2].La SIAD può essere idiopatica o secondaria a diverse patologie; le più frequenti sono meningiti, emorragie subaracnoidee, tumori (soprattutto polmonari a piccole cellule), infezioni come ascessi polmonari, cerebrali o polmoniti, sindrome di Guillain-Barré, sarcoidosi e cause iatrogene. I sintomi associati alla SIAD dipendono in larga misura dalla rapidità d’insorgenza e dalla gravità dell’iposodiemia. Iponatriemie a rapido sviluppo determinano edema cerebrale e tipiche manifestazioni neurologiche (cefalea, letargia, confusione, iperriflessia, convulsioni, coma) (Peri A, 2010) [1]; d’altro canto, l’iponatriemia cronica può essere pressoché asintomatica e il danno neurologico può svilupparsi solamente per valori estremamente ridotti di sodiemia, con osmolarità sierica < 240 mOsm/kg. Recentemente, è stata sviluppata una nuova classe di farmaci (vaptani) con bersaglio diretto contro il recettore V2 dell’ormone antidiuretico (V2R) a livello del nefrone distale. L’antagonismo di V2R risulta in una ridotta traslocazione delle acquaporine a livello della membrana apicale delle cellule epiteliali del tubulo distale e del dotto collettore, aumentando quindi l’escrezione di acqua libera. Il Tolvaptan, antagonista selettivo di V2R, è stato ampiamente testato in pazienti con iponatriemie euvolemiche o ipervolemiche senza particolari effetti avversi, tranne possibile citolisi epatica, se usato ad alte dosi. Studi clinici hanno mostrato una rapida e persistente normalizzazione dei livelli di sodiemia nei pazienti trattati (Rajendran R, 2012) [3].

La malattia celiaca è una patologia del piccolo intestino causata da una reazione autoimmune che esita in attivazione di linfociti T diretta contro tre peptidi ricchi di prolina di una proteina del glutine chiamata gliadina, che si trova in diversi cereali. La diagnosi è basata sul riscontro bioptico di anomalie dell’intestino tenue, come l’atrofia dei villi. Le manifestazioni cliniche possono essere varie, ma in generale dipendono da malassorbimento dei nutrienti. L’unico trattamento efficace noto è la dieta priva di glutine (Harris LA, 2012) [4].Una minoranza (2-5%) dei soggetti presenta una condizione caratterizzata da persistenti sintomi gastrointestinali, infiammazione intestinale e atrofia dei villi nonostante una stretta aderenza alla dieta per non meno di 6-12 mesi. Tale quadro, definito come malattia celiaca refrattaria (MCR), viene classificata in due tipi in base all’immunofenotipo dei linfociti intraepiteliali. Il tipo 1 è caratterizzato dalla policlonalità del recettore per le cellule T di tipo γ (TCR-γ); il tipo 2 è caratterizzato da riarrangiamento clonale del suddetto recettore. I sogetti con MCR di tipo 2 mostrano un maggior rischio di sviluppare tumori maligni, in particolare il linfoma enteropatico, tanto che i linfociti intraepiteliali aberranti della MCR di tipo 2 sono considerati una popolazione cellulare precancerosa (Nijeboer P, 2013) [5]. Al contrario del tipo 1, dove la terapia con prednisolone, budesonide o una combinazione di prednisolone e azatioprina, può indurre una remissione clinica con ripristino della mucosa, la maggior parte di soggetti affetti dal tipo 2, pur raggiungendo la remissione clinica grazie alla terapia steroidea, difficilmente mostra un ripristino della mucosa sana. La remissione clinica non previene l’evoluzione in linfoma e per tale motivo è necessario uno stretto follow-up (Woodward J, 2013) [6].

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Caso clinico

Una paziente di 54 anni è stata ricoverata nel nostro reparto di Nefrologia per iposodiemia cronica severa (fino a 105 mEq/l) senza sintomi neurologici. La sua anamnesi riportava frequenti periodi di diarrea sin dall’adolescenza con diagnosi bioptica di malattia celiaca all’età di 40 anni. La dieta priva di glutine, anche se seguita rigidamente solo negli ultimi sei anni, permise un miglioramento sia clinico che istologico. Sei mesi prima del nostro ricovero si verificò una riacutizzazione della diarrea, a cui seguì il riscontro istologico di atrofia severa dei villi con infiammazione intraepiteliale. La fenotipizzazione dei linfociti intraepiteliali mostrò la presenza di riarrangiamento clonale per il recettore dei linfociti T, coerente con la diagnosi di MCR di tipo 2. La paziente fu ricoverata, e dopo aver escluso malattia di Crohn, linfoma intestinale a cellule T ed enteropatia autoimmune, intraprese terapia steroidea ad alte dosi associata a nutrizione parenterale per correggere l’importante malnutrizione. Dopo tre mesi a domicilio, la paziente venne ricoverata in urgenza in ambiente intensivo per shock settico di origine colangitica; la terapia steroidea venne sospesa. Trasferita nel reparto di Gastroenterologia dopo il miglioramento clinico, la paziente sviluppò una persistente iponatriemia ipoosmolare, non responsiva a reintroduzione della terapia steroidea e alla sospensione di quella diuretica. L’infusione di soluzioni saline associata a restrizione idrica (750-1000 ml al giorno di introito di acqua libera), permise di mantenere valori di sodiemia intorno a 130 mEq/l. Dopo il trasferimento in un reparto di cure sub-acute, la scarsa compliance alla restrizione idrica comportò nuovamente lo sviluppo di iponatriemia severa (fino a 105 mEq/l), pur senza sintomi neurologici o ulteriori episodi di diarrea. Nel sospetto di una sindrome da inappropriata antidiuresi (SIAD), la paziente venne trasferita nel nostro reparto di Nefrologia.

All’ingresso in reparto la paziente presentava un quadro di euvolemia all’esame obiettivo con tendenza all’ipotensione (pressione arteriosa sistolica 110 mmHg) ma in assenza di ortostatismo. Gli esami ematochimici sono riassunti nella figura 1. Era evidente una iponatriemia ipoosmolare associata a ipouricemia, ipopotassemia ed elevata sodiuria. Al fine di escludere un quadro sub-clinico di ipovolemia, la paziente è stata sottoposta a terapia infusiva con soluzioni saline per pochi giorni, con sviluppo di lievi edemi periferici senza miglioramento della sodiemia. L’osmolarità urinaria risultò inappropriatamente elevata (720 mOsm/kg) per il grado di ipoosmolarità plasmatica, senza che essa subisse sostanziali variazioni in steady state. Assumendo un carico osmolare giornaliero di 400 mOsm/die (peso corporeo di 36 kg), abbiamo calcolato che l’introito idrico massimo non dovesse eccedere i 550 ml nelle 24 ore (Berl T 2008) [7], pena il peggioramento della iponatremia.  Furono esclusi ipotiroidismo e ipocorticosurrenalismo (figura 2) e venne confermata la normalità della funzione renale. Il quadro clinico era compatibile pertanto con una sindrome da inappropriata antidiuresi, senza segni neurologici. Le cause più note di SIAD furono escluse con indagini strumentali e laboratoristiche (figura 2). Fu prescritta una stretta restrizione idrica che condusse a un temporaneo miglioramento dei valori di sodiemia (130 mEq/l) con successiva stabilizzazione tra i 120 e 125 mEq/l. Fu inoltre integrato l’introito salino, notoriamente ridotto nelle diete prive di glutine (Do Nascimento AB) [8], con supplementazioni orali (5 g al giorno), nell’intento di aumentare il carico osmolare e quindi i volumi fluidi consentiti. Tuttavia, la compliance alla restrizione idrica rimase incostante durante l’ospedalizzazione; in previsione della dimissione, fu deciso di intraprendere terapia con tolvaptan al fine di mantenere valori di sodiemia prossimi ai limiti di norma. La paziente venne trattata con una singola somministrazione di 15 mg di tolvaptan che risultò in un rapido incremento dell’escrezione di acqua libera con aumento dei valori di sodiemia da 122 a 140 mEq/l in 24 ore (figura 3). Un così rapido rialzo non comportò alcun sintomo neurologico. Nei giorni successivi, nonostante la restrizione idrica e la supplementazione salina, i valori di sodiemia si ridussero progressivamente, sino a rendere necessaria una ulteriore somministrazione di tolvaptan, alla posologia ridotta a 7,5 mg, sette giorni dopo la precedente. I valori di sodiemia aumentarono fino a 137 mEq/l nelle successive 24 ore. La paziente fu quindi dimessa in buone condizioni cliniche con una prescrizione domiciliare di 7,5 mg di tolvaptan alla settimana.

Discussione

A nostra conoscenza, questo è il primo caso riportato di associazione tra SIAD e malattia celiaca. Nel caso della paziente sopra descritta è stato innanzitutto escluso un quadro di iponatriemia ipovolemica, condizione che caratterizza i pazienti con malattia celiaca e diarrea cronica oppure acuta (crisi celiaca, pericolosa per la vita in quanto associata a severi disordini metabolici). Infatti, l’iponatriemia non fu corretta in modo stabile dalla infusione di soluzioni saline iper- o isotoniche. Dalla prima descrizione di Schwartz e colleghi (Schwartz WB) [9], la SIAD è stata spesso associata con diversi tipi di tumori e condizioni non neoplastiche (figura 2). Ai giorni nostri, la MCR di tipo 2 è ritenuta una condizione predisponente per lo sviluppo di linfomi enteropatici T-cellulari, in ragione del riarrangiamento clonale del recettore γ delle cellule T; è dibattuto se tale condizione rappresenti essa stessa una malattia neoplastica agli stadi iniziali. Se quest’ultima ipotesi fosse vera, non sarebbe sorprendente riscontrare una patologia paraneoplastica. Potenziali meccanismi patogenetici di SIAD in pazienti con malattia celiaca refrattaria di tipo 2 sono speculativi. Non abbiamo riscontrato alcun particolare pattern di secrezione di ADH, né reset dell’osmocettore (dal momento che i livelli di sodiemia sono scesi sino a 105 mEq/l senza restrizione idrica). Comunque, non esiste un’evidenza chiara che i diversi sottotipi di SIAD siano associati a condizioni maligne piuttosto che non maligne (Esposito P, 2011) [10]. Aumentare il carico orale di soluti è una soluzione che può consentire un più libero introito idrico (Berl T, 2008) [7]. La formulazione orale di urea non è disponibile in Italia, e questa sostanza è scarsamente palatabile; l’introito di cloruro di sodio è limitata dallo sviluppo di edema in associazione a disprotidemia, come nel caso della nostra paziente. Farmaci che promuovono l’escrezione di acqua libera come demeclociclina e litio presentano effetti erratici sull’escrezione di acqua, esponendo i pazienti al rischio di sviluppare ipovolemia, soprattutto se l’introito salino è incostante. Tolvaptan, antagonista selettivo del V2R, si è dimostrato efficace e sicuro nel correggere l’iponatriemia in pazienti con SIAD (Rajendran R, 2012) [3]. Questo farmaco, più tollerato dai pazienti rispetto alla restrizione idrica e alla supplementazione salina orale, specie in pazienti che devono seguire rigide prescrizioni dietetiche come quella priva di glutine, permette un introito liquido libero che viene anzi incoraggiato al fine di prevenire ipernatriemia e ipovolemia. In questo caso, il Tolvaptan è stato efficace nel promuovere l’escrezione di acqua libera e nel normalizzare i livelli di sodiemia nella nostra paziente, anche se a posologia estremamente ridotta (7,5 mg alla settimana). Nonostante la rapida correzione della natriemia dopo la prima la prima somministrazione, non si è sviluppata alcuna complicanza neurologica e il farmaco è stato ben tollerato anche dopo le successive somministrazioni.

Conclusioni

Questa è la prima evidenza di un’associazione tra SIAD e malattia celiaca refrattaria di tipo 2, condizione attualmente catalogata come pre-cancerosa ma potenzialmente espressione di lesione cancerosa già in atto, in fase iniziale. La SIAD si è manifestata con un’iponatriemia cronica asintomatica senza reset dell’osmocettore. L’aumento dell’introito salino associato a restrizione idrica ha permesso di raggiunge un labile equilibrio, scarsamente tollerato dalla paziente già provata da una prescrizione dietetica piuttosto rigorosa. Una bassa dose di tolvaptan è stata efficace nel ripristinare una normale osmolarità sierica e normali valori di sodiemia, permettendo alla paziente un introito idrico più libero e aumentando la probabilità di aderenza alle prescrizioni.