PERITONITI DA STREPTOCOCCO IN DIALISI PERITONEALE. ESPERIENZA DI 10 ANNI DI UN CENTRO

INTRODUZIONE

La peritonite continua a rappresentare la più severa complicanza della dialisi peritoneale, per mortalità, morbilità e rischio di drop-out dalla metodica. Secondo i più recenti dati della letteratura, il 6-10% delle infezioni peritoneali è dovuto allo Streptococco [O’Shea S – 2009 [1] (full text), Li PK – 2010 [2] (full text), Shukla A – 2006 [3] (full text)]

Uno studio australiano ha preso in considerazione 287 episodi di peritonite streptococcica, comparandole con quelle non streptococciche e ha riscontrato che le prime erano associate ad una minore incidenza di recidive (3 vs 15%), rimozione del catetere, (10 vs 23%) e trasferimento in emodialisi (9 vs 18%), così come ad una minore ospedalizzazione. Inoltre, una completa risoluzione della peritonite era stata riscontrata nell’87% dei casi [O’Shea S – 2009 [1] (full text)].

Avendo osservato, negli ultimi anni, un progressivo incremento dell’incidenza delle peritoniti streptococciche nel nostro Centro, abbiamo voluto analizzare questo fenomeno.

SCOPO DEL LAVORO

Scopo del presente lavoro è stato quello di ricercare le ragioni dell’aumentata incidenza delle peritoniti da Streptococco nel nostro Centro, al fine di individuare adeguate strategie di prevenzione. 

CASISTICA E METODI

È stata condotta un’analisi retrospettiva dell’incidenza degli episodi di peritonite da Streptococco riscontrati nell’arco di dieci anni (dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2013) nei pazienti in dialisi peritoneale del nostro Centro. In questo studio non sono state incluse le peritoniti da Enterococchi in quanto tali microrganismi, in passato chiamati “Streptococchi non emolitici”, sono attualmente riconosciuti come un genere separato di cocchi Gram-positivi [O’ Shea S – 2009 [1] (full text)]. 

RISULTATI

Nel periodo esaminato sono stati registrati, su un totale di 88 peritoniti, 25 episodi di peritonite da Streptococco (pari al 28%) in 18 pazienti (età: 66,32 ± 10,36, 9 maschi e 9 femmine). Due pazienti erano affetti da diabete mellito (11%), uno da lupus eritematoso sistemico (6%). FIGURA 1

La maggior parte dei casi (20 episodi, pari all’80%) era legata a infezioni da Streptococco viridans (sottotipi: oralis, salivaris, mitis, mutans e sanguinis). Gli altri episodi erano dovuti a Streptococco spp. (3 episodi, 12%), Streptococco bovis (1 episodio, 4%) e Streptococco agalactie (1 episodio, 4%). FIGURA 2

DISCUSSIONE

Nel nostro centro, l’incidenza delle peritoniti streptococciche, rispetto a quelle non streptococciche, appare maggiore rispetto ai dati riportati in letteratura (28 vs 6-10%), con un progressivo aumento negli ultimi dieci anni (da 0,023 peritoniti/anno/paziente nel 2004 a 0,106 peritoniti/anno/paziente nel 2013). FIGURA 3

L’aumento dell’incidenza percentuale delle peritoniti streptococciche negli anni riflette la riduzione della frequenza globale delle peritoniti, soprattutto quelle stafilococciche, e coincide con il miglioramento delle tecniche di connessione e della cura dell’exit site del catetere peritoneale. [Shukla A – 2006 [3] (full text)].

Dall’analisi della nostra casistica è stato possibile individuare due cause principali di infezioni streptococciche. Dieci episodi (40%) erano dovuti a contaminazioni accidentali, per scorretto uso della mascherina (da parte del paziente o del partner) o carenza nelle norme igieniche (non adeguato lavaggio delle mani). Nella maggior parte dei casi (15 pazienti, 60%), invece, lo Streptococco proveniva dalla cavità orale. Si trattava di pazienti che presentavano focolai infettivi odontogeni, parodontopatie, scialolitiasi, scarsa igiene orale o erano stati sottoposti ad interventi odontoiatrici non preceduti da una adeguata profilassi antibiotica.

Lo Streptococco viridans è la specie più frequentemente responsabile di peritoniti sia in letteratura [Shukla A – 2006 [3] (full text)], sia nel nostro studio. Questo microrganismo appartiene alla normale flora batterica di numerosi distretti: oltre che a livello intestinale, cutaneo e dell’apparato genitale femminile, è normalmente rappresentato anche nel cavo orale [Mizuno M – 2011 [4] (full text), Koruk S – 2005 [5] (full text)]. È noto come una batteriemia a partenza dal cavo orale, in seguito a procedure interventistiche, possa comportare un interessamento sistemico, anche a carico del peritoneo nei pazienti in dialisi peritoneale. [Piraino B – 2011 [6] (full text)].  FIGURA 4

Abbiamo osservato, inoltre, che i pazienti che presentavano un coinvolgimento patologico del cavo orale, andavano più frequentemente incontro a successivi episodi di peritonite.

Due soggetti (8%), un paziente affetto da calcolosi salivare e uno affetto da carie dentaria, infatti, hanno presentato un secondo episodio di peritonite, sostenuto da un diverso streptococco, entro 4 settimane dal completamento della terapia di un primo episodio (ricorrente). Una paziente (4%) ha presentato tre episodi di peritonite sostenuti dallo stesso microrganismo (S. viridans), secondari a focolai odontogeni, nell’arco di pochi mesi (recidivante) [Li PK – 2010 [2] (full text)]. Solo in quest’ultimo caso (4%) è stato necessario uno shift definitivo all’emodialisi. FIGURA 5

Al fine di ridurre l’incidenza delle peritoniti streptococciche, è fondamentale un approccio mirato alla prevenzione. In primo luogo, durante il training e il retraining dei pazienti, occorre sottolineare le basilari norme di asepsi: accurata igiene delle mani e corretto impiego della mascherina [Firanek C – 2011 [7] (full text)]. È da rimarcare, in maniera decisa, la necessità di una corretta igiene orale e della profilassi antibiotica prima delle procedure invasive odontoiatriche. Nel nostro centro, inoltre, abbiamo introdotto negli ultimi anni l’ortopantomografia quale strumento routinario di valutazione dei pazienti in dialisi peritoneale, al fine di individuare e bonificare eventuali foci dentari. FIGURA 6

CONCLUSIONI

Lo Streptococco rappresenta una causa sempre più frequente di peritonite nei pazienti in dialisi peritoneale. Appare evidente, pertanto, l’importanza di mettere in atto opportune strategie di prevenzione al fine di contrastare tale andamento. Sono necessari studi clinici randomizzati per valutare il migliore approccio a tale problematica.