INTRODUZIONE
La glomerulonefrite membranosa idiopatica (IMN) è la principale causa di sindrome nefrosica nei paesi occidentali (Appel GB – 2012) [1] (full text). Il rituximab (RTX) è un anticorpo monoclonale anti-CD20 che è stato impiegato nel trattamento della IMN steroido-resistente e dipendente con variabile efficacia (Bomback AS – 2009) [2] (full text) (Segarra A – 2009) [3] (full text). Tale variabilità può dipendere in parte dal differente grado di progressione della nefropatia (Busch M – 2013) [4]. In questo studio abbiamo verificato l’esistenza di una correlazione tra danno istologico e responsività al RTX, con lo scopo di verificare se un accurato scoring istologico possa migliorare i criteri di prescrivibilità del RTX nella IMN.
SOGGETTI E METODI
Riportiamo i dati di otto pazienti (tre donne) affetti da IMN, diagnosticata attraverso agobiopsia renale percutanea presso il nostro Centro, e presentanti sindrome nefrosica resistente ai protocolli terapeutici tradizionali suggeriti dalle linee guida nazionali ed internazionali. Tutti i pazienti sono stati trattati con unico ciclo di RTX, impiegato come terapia di terza linea e non in associazione con steroidi e/o altri farmaci immunosoppressivi, e seguiti per almeno dodici mesi. I cicli di RTX (Mabthera®, Roche) consistevano in 4 infusioni settimanali da 375 mg/m2 in 5 pazienti, ed in uniche infusioni da 1000 mg in 3 pazienti. Durante il follow-up, i pazienti hanno continuato a seguire pre-esistente regime terapeutico con farmaci bloccanti il sistema renina-angiotensina-aldosterone alla posologia massima tollerata dal singolo individuo, e non sono stati somministrati steroidi e/o altri farmaci immunosoppressivi. In tutti i pazienti, la somministrazione di RTX è stata seguita da completa deplezione delle popolazioni linfocitarie B CD19+ e CD20+. Le biopsie renali sono state analizzate indipendentemente da due nefro-patologi secondo un sistema di score Banff-1997 modificato che teneva conto dell’entità dell’infiltrato infiammatorio mononucleare interstiziale, ialinosi arteriolare, fibrosi interstiziale, atrofia tubulare, fibrosi intimale, espansione della matrice mesangiale, glomerulosclerosi segmentale e globale. Gli endpoints considerati erano la remissione completa e parziale della proteinuria, definite rispettivamente come proteinuria <500 mg/24h e <3 g/24h + riduzione della proteinuria ≥ 50% versus il baseline. Il filtrato glomerulare (eGFR) è stato stimato con la formula MDRD4. Per l’analisi statistica è stato impiegato SPSS ver. 18; le variabili continue sono state analizzate mediante ANOVA per misure ripetute e test post-hoc di Bonferroni, le variabili categoriche mediante test esatto di Fisher.
RISULTATI
L’età media della popolazione in studio era 67 ± 10 anni. La proteinuria dimostrava subire un significativo trend in riduzione durante il follow-up, nello specifico raggiungendo valori significativamente ridotti rispetto al baseline dopo 9 e 12 mesi dalla somministrazione del RTX (Tabella in Figura 1). Sei pazienti hanno ottenuto remissione parziale della proteinuria ed uno la remissione completa. I parametri del sistema di scoring istologico impiegato non hanno dimostrato essere associati con gli endpoints in studio eccetto la presenza di glomerulosclerosi segmentale (figura 2): tale reperto (coinvolgimento fino al 25% dei glomeruli presenti nel campione) è risultato inversamente associato all’ottenimento della remissione parziale dopo 6 e 9 mesi dalla somministrazione del farmaco (p=0.036 per entrambi i time points). L’eGFR non ha mostrato subire significative modificazioni durante il follow-up. Non è stata rilevata alcuna differenza tra i due regimi terapeutici di RTX impiegati (quattro infusioni settimanali da 375 mg/m2 o unica infusione da 1000 mg) rispetto alle misure di outcome in studio.
CONCLUSIONI
Nella presente coorte di pazienti affetti da sindrome nefrosica secondaria a IMN, la terapia con RTX era associata a una significativa riduzione della proteinuria durante i 12 mesi di follow-up. Tuttavia, la sclerosi segmentale glomerulare era correlata al non raggiungimento della remissione della proteinuria, e può pertanto rappresentare un fattore predittivo negativo dell’efficacia del RTX, tale da sconsigliarne l’impiego nella IMN.