Introduzione
Nonostante l’elevata prevalenza (1/400-1/1000), l’evoluzione della ADPKD resta scarsamente prevedibile, soprattutto in assenza di correlazioni clinico-genetiche, mentre il ruolo della misurazione del volume renale è ancora discusso [1] [2] [2].
Il presente lavoro analizza la storia naturale di malattia in una coorte di pazienti al fine di identificare fattori predittivi di andamento sfavorevole e progettare un iter diagnostico-terapeutico personalizzato.
Materiali e metodi
- È stata selezionata e studiata una coorte di pazienti affetti da ADPKD, in follow-up regolare presso lo stesso Centro nefrologico, a partire dalla diagnosi di malattia fino al 1 giugno 2012.
- Sono stati raccolti retrospettivamente i seguenti dati: fattori demografici, comorbidità (affezioni cardiovascolari, diabete, neoplasie), stile di vita (assunzione di alcol, fumo di sigaretta, regime dietetico), complicanze legate alla patologia renale (infezioni, ipertensione, ematuria, calcolosi renale), complicanze sistemiche (aneurismi intracranici, policistosi epatica), necessità di ricorso ad interventi chirurgici di bonifica o a trattamenti sostitutivi della funzione renale, valori annuali di creatininemia, clearance della creatinina e proteinuria, dati strumentali (ecografie, TC e/o RMN addominali).
- Necessità di trattamento sostitutivo a fine f/up e velocità di progressione del danno renale sono stati correlati con presenza e tempi di insorgenza di complicanze, lunghezza, precocità e regolarità del f/up, comorbidità e terapie concomitanti (in particolare ipotensiva), valutando l’intera coorte in studio e selezionando sottogruppi omogenei di pazienti sulla base di caratteristiche cliniche/strumentali/laboratoristiche simili. Per brevità vengono illustrati di seguito i soli dati significativi.
Risultati
La popolazione studiata è composta da 106 pazienti (M/F:62/44) con diagnosi clinica di ADPKD (età media alla diagnosi 32±12,2 anni; nel 34% dei casi diagnosi in seguito ad insorgenza di complicanza) di cui 36 in trattamento conservativo e 70 in trattamento sostitutivo (età media all’avvio della dialisi: 52±9,4 anni. Diagnosi genetica in 7/106 pazienti (6,6%).F/up medio: 22±9,9 anni.
Comorbidità: obesità (BMI>30) 10.4%, neoplasie 25.5%, eventi cardiovascolari 14.2%, diabete mellito 3.8%.Stile di vita: fumo 42.5%, alcol (almeno un bicchiere di vino a pasto) 2.8%, dieta ipoproteica 50.9%.
Le principali complicanze di malattia emerse nella nostra casistica sono mostrate nella Figura 1. Gli aneurismi intracranici sono risultati presenti nel 12,5% (6/48) dei pazienti che hanno effettuato indagini mirate; una proteinuria patologica (> 150 mg/24h), presente nel 35% dei casi, non ha raggiunto in nessun caso il range nefrosico. Gli esami strumentali, pur essendo spesso numerosi, erano poco informativi, soprattutto sotto il profilo dei parametri volumetrici, nella maggior parte dei casi non disponibile.
I pazienti in terapia conservativa sono stati suddivisi in due gruppi in base ai valori di creatininemia a fine f/up (≤ 1.2 mg/dl, 20 pz; > 1.2 mg/dl, 16 pz). E’ emersa tra i due gruppi una differenza significativa per presenza di macroematuria (10% dei casi versus 43%; p = 0.026) e valori di creatininemia alla diagnosi (0,86±0,15 versus 1,06±0,25 mg/dl; p = 0.030).
I pazienti in trattamento sostitutivo a fine f/up sono stati suddivisi in due gruppi, in base alla necessità di avvio di trattamento dialitico prima (30 pazienti) o dopo (40 pazienti) i 50 anni (cut off scelto sulla base della media di distribuzione nella popolazione studiata). È emersa tra i due gruppi una differenza significativa per età di insorgenza di ipertensione (30±9,1 versus 44±11,4 anni; p < 0.001) ed età alla prima infezione delle cisti renali (37±8,4 versus 55±6,2 anni; p < 0.001).
La curva illustrata nella figura 2 rappresenta la sopravvivenza renale complessiva della popolazione in studio a partire dal momento della diagnosi di ADPKD. L’analisi delle curve di sopravvivenza renale in funzione dei dati ricavati nella coorte in studio non ha evidenziato nessun fattore discriminante per la sopravvivenza dell’organo nativo, fatta eccezione per l’età <32 anni alla diagnosi di malattia e la presenza di un follow up nefrologico prolungato (superiore ai 26 anni), variabili che si sono dimostrate associate ad un migliore outcome) (figure 3-4).
Conclusioni
- La storia naturale dell’ADPKD resta difficilmente prevedibile, soprattutto in pazienti con GFR normale ad inizio follow-up.
- I tempi di comparsa di alcune complicanze di malattia potrebbero fungere da marcatori di decorso clinico: l’insorgenza precoce di ipertensione e di complicanze infettive a carico delle cisti renali, così come l’insorgenza di macroematuria, potrebbero costituire un segnale di allarme per un’evoluzione più rapida verso l’insufficienza renale terminale.
- Una diagnosi tempestiva di malattia policistica pare associata ad una sopravvivenza renale più lunga, probabilmente per la possibilità di identificare precocemente e contrastare almeno in parte eventuali fattori di rischio.
- La valutazione genetica resta, all’atto pratico, un approccio poco diffuso. Un’applicazione su più larga scala potrebbe consentire l’identificazione di correlazioni clinico-genetiche al momento sconosciute, e potrebbe consentire follow-up personalizzati.
- L’insieme di dati clinici (ed eventualmente genetici, oltre che strumentali) mirati agevolerebbe l’identificazione dei rapidly progressors, a cui proporre elettivamente trattamenti sperimentali.