INTRODUZIONE
La prevalenza dell’infezione cronica da HCV è significativamente più alta nei pazienti con insufficienza renale severa rispetto a quella dei pazienti con epatite C e normale funzione renale. Tale discrepanza è ancora più pronunciata nei pazienti in trattamento dialitico (ESRD) per i quali la prevalenza di infezione da HCV è del 13,5% rispetto al 2,5% della popolazione generale. [1] (full text)
L’uso dei regimi “interferon e ribavirin free” non è approvato per il trattamento dei pazienti con epatite C e malattia renale in stadio terminale (ESRD) sulla base di test pre-marketing effettuati sull’animale che hanno evidenziato una tossicità epatobiliare e cardiovascolare.
Difatti in questo setting clinico, le attuali prospettive di cura approvate, prevedono l’interferone in associazione a basse dosi di ribavirina, ma tale opportunità ha un profilo di effetti collaterali spesso insostenibile a fronte di limitate probabilità di eradicazione definitiva dell’infezione. [2] [3] (full text)
Qui viene riportata la nostra esperienza sulla sicurezza e l’efficacia di una terapia con sofosbuvir/daclatasvir in una paziente affetta da cirrosi epatica HCV correlata in emodialisi per malattia renale terminale.
STORIA CLINICA
Signora di 64 anni che presenta una lunga storia di malattia epatica, la valutazione iniziale risale a 16 anni addietro, quando viene posta la diagnosi di epatite cronica HCV correlata da genotipo 2. In quella fase la paziente rifiuta il trattamento antivirale preferendo sottoporsi a “cure alternative”.
– Nel 2013 viene documentata per la prima volta un’insufficienza renale cronica avanzata (crs 3.2 mg%- GFR 16 ml/min) da causa istologicamente non determinabile.
Le ridotte dimensioni dei reni con quota parenchimale assottigliata, nonché la presenza di numerose microformazioni di natura cistica in sede corticale, controindicavano infatti la manovra bioptica.
Le indagini immunologiche (ANA, ANCA, Anti DNA, Crioglobuline, C3 e C4) non evidenziavano nulla di rilevante, la proteinuria non era significativa (0.3 gr/24h), era invece evidente fin dall’inizio una condizione di piastrinopenia e anemia che richiedevano sin da subito la supplementazione con eritropoietina, associata a dieta ipoproteica secondo schema personalizzato.
– Nel gennaio 2014 la paziente viene ricoverata per ematemesi in cirrosi epatica scompensata con il riscontro di cospicuo versamento ascitico, che richiese legatura delle varici, introduzione di terapia diuretica e restrizione sodica con buon esito finale.
In questa fase viene affrontata ed esclusa la possibilità di un trapianto preventivo che avrebbe dovuto essere di rene e fegato a causa del recente scompenso epatico.
– Nell’agosto 2015 per il progressivo deterioramento della funzionalità renale (Crs 6 mg%- GFR 7 ml/min) viene avviato il trattamento sostituivo con modulo dialitico standard, successivamente sostituito con una emodiafiltrazione con reinfusione endogena (HFR online) al fine di limitare fenomeni carenziali.
– Nell’ottobre del medesimo anno la paziente richiede di essere sottoposta a terapia antivirale con farmaci innovativi.
La valutazione della funzionalità epatica residua documentò una lieve ipoalbuminemia, in assenza di significative turbe emocoagulative e la paziente viene classificata come CHILD-B con un MELD score 20. La valutazione con elastometria evidenziò una liver stiffness di 17,8 kPa (Figura 1).
In accordo con la paziente, che esprimeva il suo consenso informato al trattamento, e dopo valutazione congiunta tra epatologo e nefrologo, si decide di avviare il trattamento antivirale, e pertanto proposta terapia “interferon e ribavirin free” con sofosbuvir e daclatasvir per 12 settimane come indicato dalle linee guida EASL. [4] (full text)
La paziente ricevette così un regime a dosi piene, con somministrazione quotidiana di sofosbuvir a 400 mg/die in associazione a daclatasvir 60 mg/die. La somministrazione di entrambi i farmaci nei giorni di dialisi, avveniva: per le prime 4 settimane, un’ora dopo la seduta dialitica, mentre a partire dalla quinta settimana un’ora prima della dialisi.
Venne stabilito di eseguire ogni settimana ECG, emocromo, esami di funzionalità epatica e renale. Ogni due settimane veniva rivalutato l’HCV RNA.
RISULTATI
La paziente ha completato il periodo di trattamento, durante la cura e nel follow-up post-trattamento, è rimasta asintomatica (Figura 2).
– All’esame obiettivo settimanale non è mai stata evidenziata ritenzione idrosalina e non è mai stato necessario modificare il trattamento diuretico né lo schema dialitico
– Non è stato necessario intensificare il supporto trasfusionale della paziente, sono state necessarie tre sacche di emazie concentrate nel periodo osservato
– I tracciati elettrocardiografici sono rimasti invariati rispetto al basale evidenziandosi sempre un blocco di branca sinistro completo preesistente
– Gli indici di citolisi epatocitaria sono costantemente risultati nella norma durante terapia antivirale, l’ecografia addominale di controllo, effettuata al termine della terapia, non ha evidenziato versamento ascitico
– Il MELD a fine follow-up ha evidenziato un miglioramento della funzionalità epatica (18 vs 20)
– Il profilo virologico della paziente ha evidenziato la non detectabilità del virus C già dopo le prime due settimane di terapia, mantenendosi tale sino a fine follow-up, segnalando il conseguimento della risposta virologica sostenuta (SVR)
– L’AUC di sofosbuvir è risultata superiore del 44% quando il farmaco è stato somministrato un’ora dopo la dialisi, mentre la stessa AUC del farmaco è stata superiore del 21% quando il farmaco veniva somministrato un’ora prima della dialisi rispetto a quanto determinabile nei soggetti con normale funzione renale
– La rivalutazione con elastometria ha evidenziato una liver stiffness di 13,4 kPa.
CONCLUSIONI
In questo caso clinico si evidenzia come il regime “interferon/ribavirin free” a base di sofosbuvir e daclatasvir, nei pazienti con insufficienza renale terminale in emodialisi, rappresenti un regime terapeutico sicuro ed efficace. Peraltro, in un paziente con HCV genotipo 2, questo regime è l’unica opzione interferon/ribavirin free.
Negli ultimi venti anni sono stati pubblicati numerosi studi clinici osservazionali che hanno dimostrato in modo inequivocabile come l’infezione da virus dell’epatite C (Hepatitis C Virus, HCV) eserciti un ruolo sfavorevole sulla sopravvivenza dei pazienti nefropatici cronici (pazienti in dialisi cronica e trapiantati renali). [5]
La ridotta sopravvivenza dei pazienti nefropatici cronici con infezione da HCV è stata attribuita a svariati meccanismi quali incrementata mortalità da epatopatie, accresciuto rischio cardiovascolare. [6]
Nel 2008, il gruppo di studio HCV Kidney Disease: Improving Global Outcomes (KDIGO) ha raccomandato la terapia antivirale anti- HCV nei pazienti infetti da HCV in lista di attesa di trapianto di rene (dialisi dipendenti o no). [7] La terapia antivirale anti- HCV nei pazienti in lista di attesa di trapianto di rene ha un duplice scopo 1) combattere la malattia: il condizionamento immunologico del post-trapianto favorisce la replicazione di HCV e quindi accelera la progressione dell’epatopatia, 2) combattere l’infezione: evitare le complicanze extra-epatiche da HCV nel periodo post-trapianto (diabete mellito, glomerulonefrite HCV correlata, nefropatia cronica del trapianto, e nefrotossicità da farmaci anti- calcineurinici).
Pertanto l’eradicazione dell’HCV, ha un effetto diretto sia sulla mortalità fegato correlata di tali pazienti che sull’outcome del trapianto. [8]
Esistono molte preoccupazioni sull’uso di sofosbuvir in questi pazienti con ESRD in trattamento dialitico, mentre non vi sono analoghe preoccupazioni sull’utilizzo di daclatasvir in questi pazienti poiché l’AUC del farmaco è solo modestamente aumentata in queste situazioni (20-27%).
Tuttavia in letteratura sono segnalati studi e case report in cui i regimi terapeutici a base di sofosbuvir si sono dimostrati sicuri ed efficaci in questa classe di pazienti e permettono di ottenere una eradicazione virale in una elevate percentuale dei casi (>90%). [9] [10]
La nostra esperienza, pur con gli evidenti limiti del case report, evidenza come la combinazione sofosbuvir/daclatasvir rappresenti un’opzione sicura ed efficace per l’eradicazione virale nei pazienti con infezione da HCV ed insufficienza renale terminale, in emodialisi.
Studi prospettici saranno necessari al fine di esplorare la farmacocinetica dei nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAAs), in modo da stabilire la dose ottimale ed il corretto rapporto costo-efficacia in questo particolare setting clinico.