Analisi tromboelastografica (TEG®) e rischio emorragico nel paziente sottoposto a biopsia del rene nativo (BR)

Introduzione

L’esclusione di una diatesi emorragica è fondamentale nei pazienti che devono essere sottoposti a biopsia renale.

Gli esami di laboratorio raccomandati sono l’emocromo, il PT e l’ aPTT.

L’attendibilità del tempo di sanguinamento (TS) nell’individuare i soggetti ad elevato rischio emorragico è invece discussa. Sviluppato da W. Duke nel 1910 e perfezionato da A. Ivy nel 1935, è un test non specifico; secondo alcuni autori è il miglior predittore di rischio emorragico in pazienti con malattia renale “Mattix H – 1998″ [1]) mentre altre casistiche suggeriscono che l’uso di questo esame non modifichi sensibilmente l’incidenza di complicanze emorragiche nel paziente sottoposto a biopsia renale eco-guidata “Stiles KP – 2001″ [2].

La posizione riguardo tale argomento dell’American College of Pathologists e dell’American Society of Clinical Pathologist “Peterson P – 1998″ [3] è che,  in assenza di una storia di disordini emorragici, il TS non è un utile predittore del rischio emorragico associato a procedute chirurgiche; un TS nella norma non esclude la possibilità di eccessivi sanguinamenti associati a procedure invasive ed è pertanto un test proponibile solo all’interno di un approfondimento diagnostico qualora la storia clinica del paziente orienti verso un possibile disordine coagulativo.

Il tromboelastogramma, ideato da Hartet nel 1948,  è il solo metodo di misura della coagulazione globale.

L’analizzatore TEG® (Haemoscope Corporation Niles, Il USA) misura le proprietà fisiche del coagulo utilizzando uno speciale contenitore cilindrico fisso che contiene sangue e viene fatto oscillare  a un’angolazione di 4°45´ (Figura 1) . Ogni ciclo di rotazione dura 10 secondi.

Un ago viene sospeso nel sangue tramite un filo di torsione; il suo movimento è sottoposto a monitoraggio. La torsione della cuvetta in rotazione viene trasmessa all’ago immerso soltanto dopo che il legame fibrina-piastrine ha collegato fra loro cuvetta ed ago. La forza di questi legami fibrina-piastrine influenza l’ampiezza del movimento dell’ago, cosi ché i coaguli forti spostano l’ago direttamente in fase con il movimento della cuvetta. In tal modo, l’ampiezza del risultato è direttamente collegata alla forza del coagulo formatosi. Man mano che il coagulo si ritrae o effettua la lisi, questi legami vengono spezzati e il trasferimento del movimento del contenitore diminuisce.

Il movimento di rotazione dell’ago viene convertito da un trasduttore meccanico-elettrico in un segnale elettrico che può essere monitorato da un computer.

Il profilo di emostasi risultante costituisce una misura del tempo necessario per la formazione del primo filamento di fibrina, della cinetica della formazione del coagulo, della forza del coagulo  e della dissoluzione del coagulo. Permette di ottenere la registrazione grafica delle diverse fasi della coagulazione e della trombolisi (Figura 2).

R: periodo di tempo di latenza dal momento in cui il sangue è stato posizionato nell’analizzatore TEG®  fino alla formazione iniziale di fibrina. Rappresenta la porzione enzimatica della coagulazione.

K: velocità necessaria per raggiungere un determinato livello di forza del coagulo. Rappresenta la cinetica del coagulo.

α  rapidità dell’accumulo e della polimerizzazione di fibrina (rafforzamento del coagulo). Rappresenta il livello di fibrinogeno.

MA (Ampiezza Massima): funzione diretta delle proprietà dinamiche massime del legame di fibrina e piastrine tramite GPIIb/IIIa, forza definitiva del coagulo di fibrina. Rappresenta la funzione/aggregazione delle piastrine.

LY30: tasso di riduzione dell’ampiezza 30 minuti dopo la MA. Rappresenta la lisi del coagulo.

L’ analisi dei vari parametri del grafico consente un’accurata valutazione delle varie fasi dell’emostasi (Figure 3-4).

Obiettivi dello studio

Studio prospettico osservazionale su candidati a biopsia renale.

Confronto analisi TEG® con i parametri coagulativi comunemente utilizzati nella pratica clinica per indagare se i test per la valutazione dello stato coagulativo normalmente in uso nei centri di Nefrologia sono sufficientemente adeguati all’individuazione dei pazienti ad aumentato rischio emorragico periprocedurale.

Casistica e metodi

Abbiamo selezionato 30 pazienti candidati a BR tra marzo 2014 e aprile 2015.

Prima della procedura sono stati valutati: emocromo, PT, aPTT, fibrinogeno.

Tempo di stillicidio con  metodo d’Ivy: posizionamento di sfigmomanometro con bracciale a 40 mmHg  e incisione orizzontale standardizzata sull’avambraccio con l’aiuto di un dispositivo monouso (Surgicutt ITC: larghezza 5 mm, profondità1 mm) ed asciugamento della goccia ogni 30 sec. (valori normali da 4 ad 8 min.)

Analisi tromboelastografica: TEG 5000 Analyzer Haemoscope Corporation Niles, Il USA.

Biopsia renale eco guidata real-time  con ago full core Biopince18 g.

Monitoraggio post biopsia: 24 ore in posizione supina.

Controllo emocromo ed ecografia con esame color-doppler (per escludere fistole artero venose) a 4 e 24 ore.

Risultati

Parametri coagulativi (Figura 5)

Nessuno dei 30 pazienti biopsiati (età media 53 anni, 50% maschi) ha avuto complicanze emorragiche maggiori. Una piccola falda ematica senza rilevanza clinica è stata osservata in 6 pazienti (20%, gruppo A). Nessuno ha avuto variazioni significative di emoglobina (> 1 g/dL). I parametri coagulativi nel gruppo A non differivano in modo significativo dagli altri (gruppo B).

I dati TEG® correlavano con i parametri coagulativi standard.

Conclusioni

La principale complicanza della biopsia renale è l’emorragia, tale evento include il riscontro di un ematoma rilevato al controllo ecografico in assenza di sintomi, l’ematuria macroscopica, l’anemizzazione con necessità di trasfusione e, molto raramente, la necessità di un intervento angiografico per l’embolizzazione di un vaso sanguinante o la nefrectomia.

L’incidenza di tali complicanze varia tra gli studi, in parte per la diversa definizione ma anche per differenze nella selezione dei pazienti, nella tecnica della procedura (maggior incidenza di complicanze emorragiche con necessità di trasfusioni con uso di aghi di maggior calibro14 G)  e nei protocolli di monitoraagio post-bioptico.

In una recente revisione della letteratura “Corapi KM” [4]  l’incidenza di ematuria macroscopica era del 3,5% e quella di ematoma perirenale dell’11,6% con un’ampia variazione anche per le diverse indicazioni alle indagini post-biopsia: quando nello studio l’ecografia era fatta routinariamente dopo la procedura l’incidenza era del 17%, mentre negli studi che usavano l’ecografia solo nella valutazione di pazienti con una sintomatologia suggestiva per una complicanza era del 5%.

Nel nostro studio, per quanto su un numero di biopsie limitato, non abbiamo osservato la comparsa di ematuria macroscopica mentre  la presenza di una raccolta ematica è stata evidenziata al controllo ecografico in una percentuale di casi leggermente superiore  (20 vs 17%); in nessun paziente abbiamo comunque osservato un calo dell’Hb > 1 g/dL né la comparsa di una sintomatologia suggestiva di un sanguinamento di rilevanza clinica.

Tutti i pazienti avevano parametri coagulativi tradizionali e profilo TEG®  nei limiti di norma, e valori pressori mantenuti costantemente < 140 – 90 mmHg

Il confronto tra le due metodiche di valutazione della coagulazione mostra come lo studio TEG® correli con i parametri coagulativi comunemente usati. I valori TEG® nei limiti di norma si associano all’assenza di complicanze emorragiche maggiori e non hanno valore predittivo nello sviluppo di piccole falde ematiche clinicamente irrilevanti. Poiché nella nostra casistica nessun paziente aveva un’analisi tromboelastografica patologica non siamo in grado di dire quanto eventuali discostamenti dai valori di riferimento si accompagnino ad un incremento delle complicanze emorragiche post-bioptiche.

Nella nostra esperienza lo studio TEG® conferma l’affidabilità clinica del protocollo standard di screening pre-biopsia renale.