L’Arteriopatia obliterante periferica nell’emodializzato: un’ingombrante presenza, di difficile e impegnativa gestione

Introduzione

Con il termine di arteriopatia obliterante periferica (AOP) viene generalmente inteso il coinvolgimento in senso stenotico, occlusivo o aneurismatico dell’Aorta addominale e dei suoi diversi segmenti arteriosi con esclusione dei rami coronarici, generato principalmente da un processo aterosclerotico (Hirsch A – 2006 [1] (full text)). Ha una prevalenza del 4-12% nella popolazione generale e variabile dal 23 al 45.9% nei pazienti emodializzati (Rajagopalan S – 2006 [2] (full text)) (Selvin E – 2004 [3] (full text)). Negli uremici l’AOP è associata ad un aumentato rischio  di morte (HR 1.77 mortalità per tutte le cause, 1.89 per mortalità cardiaca), di ospedalizzazione e ad un significativo peggioramento della qualità di vita (Garimella P S 2012 [4]) (Liu T – 2012 [5] (full text)).  Accanto ai fattori di rischio tradizionali presenti nella popolazione generale (diabete, fumo, età avanzata, ipertensione), la malattia renale cronica (MRC) costituisce un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di AOP che peraltro registra un progressivo peggioramento con il progredire dell’insufficienza renale. Fattori di rischio legati alla MRC e più spiccatamente allo stato di dialisi sono riconosciuti poi nell’infiammazione cronica, nello stress ossidativo, nelll’ipoalbuminemia e nello stato di malnutrizione, negli alti livelli di omocisteina e di lipoproteina a; meno chiaro il ruolo delle alterazioni del metabolismo minerale e osseo ma con possibile associazione con un basso turnover ed una aumentata resistenza degli osteoblasti al PTH (O’Hare AM – 2002 [6] (full text)) (London GM – 2015 [7]). La AOP è presente nel 30% a carico dell’Aorta addominale e delle arterie iliache, nell’80-90% nelle arterie femorali e poplitee e nel 40-50% nelle arterie tibiali e peronee . Rappresenta una patologia a forte impatto clinico con sintomatologia variabile in relazione allo stadio o al grado di malattia secondo le classificazioni di Fontaine e Rutherford (figura 3): paziente asintomatico, claudicatio,  progressiva limitazione dell’autonomia di marcia, dolore a riposo agli arti inferiori, sviluppo di lesioni cutanee al piede fino alla comparsa di ulcere e alla gangrena (figure 4,5,6) con conseguente aumento del rischio infettivo e dell’ amputazione dell’arto inferiore gravata a sua volta da un’ alta mortalità post-operatoria (O’Hare A M – 2004 [8] (full text)), alla luce anche del minor successo, negli emodializzati, della rivascolarizzazione distale (Andreoli M – 2009 [9]). E’ risultato così di particolare interesse valutare da un lato la prevalenza di AOP nella nostra popolazione di emodializzati nel periodo compreso tra Gennaio e Dicembre 2014, e dall’altro l’impatto clinico in termini di procedure diagnostiche e strumentali, medicazioni, eventi infettivi, gestione del dolore, ospedalizzazione, stabilità cardiovascolare intradialitica, interventi di rivascolarizzazione o di amputazione, morbilità e mortalità.

Materiali e metodi

Nel gruppo di pazienti con diagnosi di AOP, rilevata per la presenza di segni clinici ( claudicatio, dolore a riposo, lesioni cutanee distali) e strumentali con l’ausilio dell’ankle-brachial index (ABI) (Figura 4) e dell’ecocolordoppler vascolare (ECD), abbiamo preso in considerazione: sesso, età anagrafica, anzianità dialitica, body mass index (BMI), valori di pressione arteriosa, comorbidità, parametri ematochimici relativi all’assetto lipidico ed al metabolismo minerale, albuminemia, uso di terapia antiaggregante piastrinica o anticoagulante orale, statine, necessità di medicazioni, eventuale presenza di infezione, episodi ipotensivi intradialitici, interventi di rivascolarizzazione mediante angioplastica o bypass chirurgico, o di amputazione, periodi di ospedalizzazione e mortalità.

Risultati

Su 145 emodializzati prevalenti nel 2014, 43 pazienti (31 M,12 F), pari al 26.9%, età media 72.6 ± 8.3 anni, anzianità dialitica 70.8 ± 65.08, BMI di 25.2 ± 4.3 Kg/m2, presentavano segni clinici o strumentali indicatori di AOP. I valori pressori di sistolica e diastolica risultavano in media rispettivamente 115 ± 23.8 mmHg e 62.5 ± 13.8. Gli esami di laboratorio evidenziavano: Calcemia 9.01 ± 0.75 mg/dl, Fosforemia 4.16 ± 1.16 mg/dl, PTH 148 ± 143.4 pg/ml, Albuminemia 3.07 ± 0.44 g/l, Colesterolo totale 154.7 ± 43.1 mg/dl, HDL 39.1 ± 14.1 mg/dl, Trigliceridi 139.2 ± 61.6 mg/dl (figura 4). Le comorbidità associate alla AOP risultavano: diabete mellito 37.2%, cardiopatia ischemica  41.8. Il 25.5% dei pazienti presentava in anamnesi un intervento di rivascolarizzazione tramite PTA e stenting periferico. Nel periodo in studio 8 pazienti, pari al 18.6%, venivano sottoposti a rivascolarizzazione periferica e 3 pazienti, pari al 6.9%, ad amputazione dell’arto inferiore. L’esame clinico del piede metteva in evidenza la presenza in 18 pazienti (41.8%) di lesioni cutanee agli arti inferiori che evolvevano, nel periodo di studio, in ulcerazioni e gangrena di uno o più dita di uno od entrambi i piedi ed in 7 di questi pazienti risultava positivo il tampone cutaneo. Germi riscontrati: Stafilococco aureo, Pseudomonas aeruginosa, Candida albicans). 22 pazienti (51.1%) erano sintomatici: 11 per claudicatio, 11 per dolore a riposo. Decesso in 10 pazienti (23.2%), cause di morte:  stato settico o arresto cardiaco; exitus in 3 pazienti nell’immediato post-operatorio conseguente ad intervento di amputazione. Nel 23% dei pazienti il dolore a riposo comportava una aumentata frequenza di episodi ipotensivi intradialitici. Il 30.2% eseguiva medicazioni continuative delle ulcere agli arti inferiori. Terapia domiciliare: statine 32.5%, antiaggreganti piastrinici 60.4%, terapia anticoagulante orale 25.5%. 15 pazienti (37.5%) infine venivano ricoverati nell’arco dei 12 mesi di studio.

Conclusioni

L’AOP, per la sua prevalenza, per il notevole peso clinico, per il peggioramento della qualità della vita, per l’aumentata frequenza di ospedalizzazione e mortalità, rappresenta una complicanza particolarmente severa ed impegnativa nei pazienti emodializzati. È necessario dunque un attento e frequente monitoraggio clinico e strumentale sin dall’inizio dell’avvio del paziente al trattamento emodialitico per una precoce diagnosi di AOP . In particolare risulta fondamentale l’esame clinico dei polsi periferici e dell’estremità distali associato ad opportuni esami strumentali (ECD, ABI) che possono, se eseguiti periodicamente, individuare i pazienti con AOP (Ogata H – 2010 [10] (full text)) (Aboyans V – 2012 [11] (full text)) ed avviare così sia una adeguata terapia farmacologica che un idoneo e tempestivo timing di intervento vascolare (Anderson J L – 2013 [12] (full text)).