CO 51 – Curare in emodialisi: con il ‘PATTO’ è meno difficile.

Autori: Marco Lombardi (1), Leonardo Mari (2), Stefania Polvani (3), Franco Logias (4), e Giuseppe Vanacore (5).

Affiliazioni: (1) Nefrologia & dialisi e (2) SOS Farmacia, Ospedale del Mugello, Azienda USL Toscana Centro, (3) Presidente eletto SIMeN, sociologa Azienda USL Toscana Est, (4) Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Francesco, Nuoro ATS Sardegna, ASSL Nuoro, (5) Presidente ANED-onlus.

Il paziente in emodialisi cronica (ED) è un paziente difficile. L’ED non riesce a riequilibrare completamente quel milieu alterato dall’accumulo delle scorie e le altre numerose alterazioni. Pertanto necessita di ferree regole dietetiche e una copiosa terapia farmacologia di cui sono prototipici i chelanti intestinali del K e del P. Cercare l’aderenza piuttosto che la compliance alle prescrizioni è un compito arduo per ambo le parti tanto che si assiste spesso ad una squallida farsa ove il medico-controllore ed il paziente-osservato-speciale, recitano la loro parte attorno a degli esami ad hoc. In un piccolo centro dialisi si è provato a proporre in via preliminare un modello di assistenza diverso, denominato ‘PATTO’, ove a 5 pazienti in ED -noti per la loro scarsa aderenza alle prescrizioni farmacologiche e dietetiche- è stato dato il ruolo di autocontrollarsi i valori di K e P lasciandoli liberi di prescriversi i controlli in base al proprio vissuto dietetico-terapeutico. Il patto era preceduto da una serie di incontri ove venivano narrati i punti di vista della problematica di ambo gli attori. I risultati venivano sempre discussi tra pari (medico e paziente). L’esperienza preliminare di 6 mesi ha avuto esito favorevole in 4 pazienti su 5 ottenendo un costante controllo dei valori dei 2 elettroliti ma anche dell’equilibro acido base (HCO3) e del delta peso interdialitico. Più importante dei numeri per le piccole dimensioni di questo studio preliminare, è stato il crearsi di un nuovo rapporto medico-paziente di quasi complicità, la comprensione dimostrata dai pazienti verso l’importanza di una aderenza alle ‘autoprescrizioni’ dietetico-farmacologiche, l’aumento della qualità di vita per ambo le figure -in dialisi- e per i pazienti anche fuori dalla sala dialisi.

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