PROGETTO CARDIO-RENE: ULTRAFILTRAZIONE PERITONEALE DOMICILIARE NELLO SCOMPENSO CARDIACO AVANZATO

Sessione 2°

PROGETTO CARDIO-RENE: ULTRAFILTRAZIONE PERITONEALE DOMICILIARE NELLO SCOMPENSO CARDIACO AVANZATO

comunicazione

Figura 1 di 22.


Figura 2 di 22.

Le basi fisiopatologiche dello scompenso cardiaco possono essere sintetizzate nella triade bassa portata cardiaca, attivazione neuroormonale, congestione sistemica.  Recentemente si è cominciato a considerare la congestione sistemica come un importante fattore patogenetico di compromissione della funzione renale e non la semplice conseguenza di essa.

La congestione venosa sistemica, come riportato da questo lavoro di Jessup del 2009 sulla sindrome cardio-renale (Jessup M et al, JACC 2009; 53:597-599 [1]), indurrebbe un aumento della pressione venosa renale, con congestione nel rene stesso da cui deriverebbe una ridotta pressione di filtrazione glomerulare per alterazione degli abituali equilibri pressori ai due estremi del capillare glomerulare e una conseguente contrazione della funzione renale.


Figura 3 di 22.

Combattere la congestione venosa sistemica cronica anche mediante terapie non convenzionali potrebbe rivelarsi importante, soprattutto nella quota dei pazienti con scompenso cardiaco cronico avanzato che tende a sviluppare nel tempo una instabilità clinica con periodica comparsa di refrattarietà ai diuretici e conseguente necessità di ricovero.

In effetti non si può negare che esista un problema nella gestione complessiva di questo tipo di pazienti. Frequentemente resta, infatti, dopo la stabilizzazione e le dimissioni, una sorta di vuoto terapeutico nella gestione domiciliare del paziente con scompenso cardiaco cronico avanzato in terapia farmacologica massimale.

Spesso infatti l’euvolemia e una diuresi efficace non sono mantenute costanti al domicilio,  per cui l’andamento clinico è gravato da frequenti episodi di riacutizzazione, tali da condizionare il reiterato ricorso a ospedalizzazione e a cure in emergenza anche mediante UF extracorporea.

In questo contesto l’impiego della ultrafiltrazione peritoneale nel proseguire l’ultrafiltrazione anche a domicilio può trovare un razionale, per quei pazienti con terapia diuretica massimale in cui siano già state esplorate in modo esaustivo le terapie convenzionali.


Figura 4 di 22.

Nel 2005, in un interessante studio su 20 pazienti, Gotloib (Gotloib L et al. Nephrol Dial Transplant. 2005 Jul;20 Suppl 7:vii32-6. [2]) individua gli elementi fondanti di una possibile integrazione tra la gestione ospedaliera dello scompenso cardiaco acuto refrattario e la possibilità di proseguire l’ultrafiltrazione a domicilio con la dialisi peritoneale. Nel corso della fase ospedaliera i pazienti considerati erano sottoposti a ultrafiltrazione mediante sedute di CVVH. Nel corso della stessa fase ospedaliera era posizionato il catetere peritoneale e avviata non appena possibile la dialisi peritoneale automatizzata (3 sedute/settimana)  poi proseguita al domicilio.


Figura 5 di 22.

Vi sono numerosi reports in letteratura sull’impiego dell’ultrafiltrazione mediante dialisi peritoneale nei pazienti con scompenso cardiaco. I dati ricavabili dalla letteratura, per quanto basati su casistiche aneddottiche, sono favorevoli e sovrapponibili soprattutto per quanto riguarda la riduzione della classe funzionale e riduzione di durata e frequenza delle ospedalizzazioni, come descritto in questa revisione (per quanto discutibile dal punto di vista statistico) di Mehrotra e Kathuria del 2006 (Mehrotra R, Kathuria P. Kidney Int Suppl. 2006 Nov;(103):S67-71 [3]) che ha raccolto i dati di varie casistiche fino a collezionare in totale 122 casi da 11 studi. Qui vediamo la riduzione della classe funzionale pre vs post-DP…


Figura 6 di 22.

…qui invece vediamo la riduzione del n° gg ricovero/paziente/mese pre vs post-DP. I dati, in questo caso provengono da 7 studi.


Figura 7 di 22.

Nell’ambito del nostro centro abbiamo provato ad elaborare un modello di intervento, indirizzato a proporre ai pazienti scompensati, selezionati secondo stretti criteri, la terapia ultrafiltrativa domiciliare mediante dialisi peritoneale. Il modello del Progetto Cardio-Rene si basa sulla stretta collaborazione fra nefrologi e cardiologi  e sulla sintesi delle rispettive esperienze sia nella gestione dell’ambulatorio scompenso cardiaco sia di quello dedicato all’insufficienza renale cronica avanzata, sia del servizio di dialisi peritoneale. 


Figura 8 di 22.

Dal momento che proporre l’UFP richiede una adeguata preparazione nel tempo, Il Progetto Cardio-Rene prevede in una prima fase la presa in carico di pazienti con scompenso cardiaco avanzato (stadio D ACC/AHA) e incipiente o manifesta sindrome cardio-renale  in terapia medica ottimizzata (in cui siano già state prese in considerazione terapia elettrica e chirurgica), presso un ambulatorio congiunto multidisciplinare che coinvolge simultaneamente cardiologo, nefrologo, infermiere, con accesso preferenziale a dietista, psicologo e assistente sociale. Elemento distintivo del modello assistenziale è la responsabilizzazione del pz e dei suoi care-givers nella gestione della malattia, mediante interventi educazionali sistematici indirizzati all’autogestione.  Questi criteri selettivi al momento hanno identificato un pool di 25 pazienti, provenienti dalla più grande coorte di pazienti scompensati (circa 400) a gestione solo cardiologica.

Il pool selezionato presenta un’età media di 76 ± 6 aa, GFR sec MDRD 32 ± 15 ml/min ; Crs 2.45±1.13 mg/dl. Tutti i casi sono affetti infatti da un’insufficienza renale cronica con valori di GFR compresi tra lo stadio 3 e lo stadio 4 della classificazione dell’insufficienza renale NKF-KDOQI (National Kidney Foundation – Kidney Disease Outcome Quality Initiative)


Figura 9 di 22.

Prendiamo quindi in considerazione pazienti affetti da sindrome cardio renale di tipo due e di tipo quattro, così come descritte da Ronco (Ronco C et al. J Am Coll Cardiol. 2008 Nov 4;52(19):1527-39. [4]) in questo state of the art paper del 2008. Ci interessiamo quindi alle forme croniche di sindrome cardio renale: il tipo due, in cui una patologia cardiaca cronica porta a compromissione renale cronica e il tipo quattro, in cui l’insufficienza renale cronica porta a una compromissione cardiaca cronica.


Figura 10 di 22.

Progetto Cardio-Rene

Selezione dei pazienti eleggibili per l’UFP


Figura 11 di 22.

I pazienti dell’ambulatorio Cardio-Rene, quando acquisiscono sistematica refrattarietà alla terapia, afferendo ai livelli INTERMACS 4 e 5 (Interagency Registry for Mechanical Assisted Circulatory Support) (Stevenson LW et al. J Heart Lung Transplant. 2009 Jun;28(6):535-41 [5]) o con profilo di classe più severo e assumendo un profilo “frequent flyer” (pz non ospedalizzati che richiedono frequenti rivalutazioni cliniche in emergenza od ospedalizzazioni), dopo stabilizzazione e svezzamento da terapia infusionale o ultrafiltrativa extracorporea nel corso dell’ultimo ricovero ospedaliero, sono avviati al trattamento ultrafiltrativo peritoneale domiciliare (UFP) secondo schemi di dialisi peritoneale (DP) incrementale. I criteri adottati al S. G. Bosco per la selezione dei pz da sottoporre a UFP hanno costituito riferimento per la stesura delle Best Practice sull’UFP nello Scompenso Cardiaco Avanzato del Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale della Società Italiana di Nefrologia. I criteri di selezione qui elencati identificano pazienti che hanno sostanzialmente esaurito la possibilità offerte dalle terapie convenzionali, applicate abitualmente nello scompenso cardiaco avanzato cronico.


Figura 12 di 22.

Vi sono in definitiva tre criteri cardiologici per la selezione dei pazienti e due nefrologici:

  1. appartengono allo stadio D (scompenso cardiaco refrattario: gravi sintomi a riposo, nonostante la terapia medica massimale) secondo la classificazione dell’American College of Cardiology–American Heart Association
  2. presentano quotidianamente sintomi da congestione a riposo o durante le normali attività quotidiane, anche se stabilizzati in condizioni prossime all’euvolemia grazie a una terapia farmacologica con diuretici ad elevato dosaggio (appartengono al Livello 4 secondo la classificazione INTERMACS)
  3. presentano un profilo “frequent flyers”, ovvero sono  pazienti non ospedalizzati che richiedono frequenti rivalutazioni cliniche in emergenza o ospedalizzazioni per terapia diuretica, ultrafiltrazione extracorporea o infusione temporanea di terapia vasoattiva (almeno due-tre accessi ospedalieri per scompenso nel corso dell’ultimo anno)

I due criteri nefrologici:

  1. sono eleggibili per UFP domiciliare (in considerazione delle classiche condizioni di esclusione dalla metodica peritoneale)…


Figura 13 di 22.

2. I pazienti considerati sono anche affetti da una contrazione (GFR <50 ml/min) più o meno significativa della funzione renale (stadio 3 KDOQI), comunque non tale da inserirli nello stadio V avanzato (GFR <10 ml/min) dell’insufficienza renale secondo la classificazione K-DOQI della National Kidney Foundation.

In quest’ultimo caso non si potrà più definire (in termini di raccolta dati) il trattamento come UFP ma come dialisi peritoneale.


Figura 14 di 22.

E vediamo ora quali possibili obiettivi possiamo proporci con l’UFDP nello scompenso cardiaco cronico avanzato…


Figura 15 di 22.

I possibili obiettivi che possiamo proporci con l’avvio dell’UFP nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato sono i seguenti:

  • Riduzione della classe funzionale dello scompenso cardiaco e della congestione emodinamica
  • Prevenzione delle riacutizzazioni dello scompenso cardiaco acuto •Riduzione dei giorni di ospedalizzazione
  • Incremento della durata della sopravvivenza •Miglioramento degli indici di qualità di vita
  • Riduzione dei costi relativi a farmaci, trattamenti acuti
  • De-ospedalizzazione del trattamento di ultrafiltrazione
  • Responsabilizzazione attiva del paziente e dei suoi care-givers nella gestione della malattia


Figura 16 di 22.

E vediamo ora gli schemi di sorveglianza proposti per il management dei pazienti trattati con UFP.


Figura 17 di 22.

Di fatto sono gli stessi proposti dalla Best Practice sull’UFP nello Scompenso Cardiaco Avanzato del Gruppo di Studio di Dialisi Peritoneale della Società Italiana di Nefrologia


Figura 18 di 22.


Figura 19 di 22.


Figura 20 di 22.

(Dati non pubblicati)

In questa tabella abbiamo riportato i dati più significativi relativi a 12 mesi di follow-up su tre pazienti con scompenso cardiaco avanzato in UFP.

Naturalmente su 3 pz non si possono fare considerazioni statistiche.

L’UF è risultata modesta ma relativamente costante (-200/-500 ml); In due pazienti si è ottenuta una buona stabilità della diuresi. Il paziente 3 ha contratto la funzione renale ed è passato a DP a piena dose.

Non si è verificato alcun accesso in pronto soccorso per motivi cardiologici.

Si è verificata una infezione dell’ostio del catetere peritoneale nel paziente 2, con buona risposta alla terapia antibiotica. I ricoveri sono stati tutti di elezione. I livelli INTERMACS:si sono mantenuti stabili.


Figura 21 di 22.

(Dati non pubblicati)

I giorni di ricovero complessivi nei 12 mesi successivi all’avvio dell’UFP si sono ridotti drasticamente rispetto ai 12 mesi precedenti all’avvio della UFP (164 vs 27), mentre si è dimezzato il numero di ricoveri.


Figura 22 di 22.

Il modello di gestione multidisciplinare integrata che prevede l’UF peritoneale come opzione aggiuntiva nella terapia dello scompenso cardiaco avanzato sembrerebbe in grado di:

  • stabilizzare clinicamente i pazienti «frequent flyers»
  • migliorare la qualità di vita e ridurre gli accessi in P.S. attraverso il coinvolgimento attivo e responsabile dei pazienti e dei loro care givers nella gestione della malattia

E’ richiesta la presenza di un centro esperto di DP nella struttura ospedaliera e la stretta collaborazione tra cardiologo e nefrologo

La pubblicazione della best practice del GdSDP potrebbe indurre più centri a seguire criteri condivisi di selezione e follow-up  dei pazienti e permettere la costruzione di osservazioni più ampie e attendibili sugli attesi vantaggi della tecnica, favorendone la diffusione.