INTRAPPOLAMENTO DI CATETERE PERITONEALE NELLA FIMBRIA TUBARICA IN UNA DONNA CON SINDROME MALFORMATIVA COMPLESSA: UNA COMPLICANZA RARA MA TEMIBILE

SESSIONE POSTER II

INTRAPPOLAMENTO DI CATETERE PERITONEALE NELLA FIMBRIA TUBARICA IN UNA DONNA CON SINDROME MALFORMATIVA COMPLESSA: UNA COMPLICANZA RARA MA TEMIBILE

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BACKGROUND

Tra le cause di malfunzionamento del catetere da dialisi peritoneale figurano errato posizionamento, kinking, dislocazione, trombosi endoluminale, avvolgimento attorno al catetere dell’omento (omental wrapping), aderenze e stipsi [1] (full text) [2] (full text)L’occlusione da tessuto annessiale o da appendici epiploiche rappresenta una causa rara ma temibile, tale da richiedere immediata revisione chirurgica. Un evento simile è stato descritto in una paziente pediatrica [3]. Il caso da noi riportato descrive per la prima volta l’intrappolamento del catetere peritoneale nella fimbria tubarica in una donna con sindrome malformativa complessa.

CASO CLINICO

Una donna di 37 anni in trattamento Continuous Ambulatory Peritoneal Dialysis (CAPD) da 8 mesi presso il nostro Centro giunge a visita riferendo difficoltà ad effettuare gli scambi peritoneali per deficit di carico e scarico del dialisato. La paziente era portatrice di catetere di Tenckhoff pediatrico a causa di una sindrome malformativa caratterizzata da ipoevolutismo (peso 26 kg, altezza 1.32 m al momento della visita), microcefalia, palatoschisi e ugola bifida, parzialmente corrette in età pediatrica. All’età di due anni era stata inoltre sottoposta a reimpianto degli ureteri in vescica per steno-insufficienza degli osti ureterali e reflusso vescico-ureterale bilaterale; per il riscontro di insufficienza renale cronica eseguiva agobiopsia renale con diagnosi di nefronoftisi. Il quadro malformativo veniva definito come sindrome di Senior, pur in assenza di amaurosi congenita di Leber. Per la progressione, seppur lenta, dell’insufficienza renale verso l’uremia, veniva avviata dialisi peritoneale con metodica CAPD. I primi mesi di trattamento si sono svolti senza complicanze, nè di natura meccanica nè infettiva. Per la repentina impossibilità ad effettuare gli scambi peritoneali, sia nella fase di carico che in quella di scarico del dialisato, veniva eseguita radiografia addome, che mostrava proiezione dell’apice del catetere sul sacro, ove descriveva un piccolo loop nel tratto terminale (fig. 1). Si procedeva a lavaggi peritoneali con eparina sodica e a tentativo di riposizionamento tramite guida semi-rigida endoluminale, senza successo. Veniva quindi eseguita laparoscopia esplorativa, che evidenziava punta del catetere in pelvi, con aderenze da suzione attraverso i fori prossimali da parte della fimbria tubarica destra non rimuovibili con la sola trazione. Dopo lisi delle aderenze con ripristino della pervietà del catetere, lo stesso veniva riposizionato nel Douglas e le due fimbrie venivano ancorate al peritoneo che rivestiva lo stretto superiore del bacino. Al termine della procedura il catetere era nuovamente ben funzionante e la paziente ha potuto pertanto riprendere il trattamento CAPD.

CONCLUSIONI

Tra le cause di malfunzionamento di catetere peritoneale l’occlusione da tessuto annessiale rappresenta una rara complicanza che tuttavia non deve essere sottovalutata nei pazienti di sesso femminile, in particolare se con conformazione anatomica complessa. Nel caso specifico la revisione laparoscopica ha consentito il ripristino della funzionalità del catetere evitandone la sostituzione chirurgica.