Vasculite vs Calcifilassi: di solito sono poste in diagnosi differenziale …ma se coesistono?

Introduzione

Il termine “calcifilassi” (-φύλαξις) significa “protezione e adattamento a stimoli calcificanti”. Nota come arteriolopatia uremica calcifica, si osserva prevalentemente, ma non esclusivamente, nei pazienti con malattia renale cronica avanzata, fino 4% dei pazienti emodializzati. Perloff LJ, Spence RK. [1].

A tutt’oggi, seppur non del tutto chiara, l’eziopatogenesi prevede il ruolo sia di agenti sensibilizzanti come Iperfosforemia, Ipercalcemia, iperparatiroidismo (alterazioni metaboliche tipiche della MRC) e sia di agenti stimolanti come deficit di proteina C e S, deficit di inibitori della calcificazione vascolare (matrix GLA protein), deficit di vitam. K (↓ γ-carbossilazione delle proteine vit. K-dipendenti), la somministrazione di Fe, Pb, Al, steroidi, agenti immunosoppressori; anche il diabete, l’obesità e il sesso femminile sembrano essere riconosciuti come fattori di rischio. 

L’alterazione istologica tipica è la deposizione intravascolare di sali di calcio nella tonaca media delle arteriole sottocutanee e del derma, con necrosi cutanea presente in diverse zone.V. Barbera. [2]

Il quadro clinico è caratterizzato da lesioni dolorose della cute degli arti inferiori, che tendono a divenire necrotiche con trasformazione ulcerativa o gangrenosa, fino all’amputazione. È frequente il sopraggiungere d’infezioni che esitano in sepsi e morte, con una sopravvivenza stimata a 1 anno del 45% e a 5 anni del 35%. Weenig RH. [3]

La terapia più efficace è rappresentata dalla combinazione di tiosolfato di sodio ed ossigenoterapia iperbarica; Il meccanismo d’azione prevede da un lato la dissoluzione dei depositi di calcio insieme. Araya CE [4] (full text) e dall’atro una più rapida guarigione delle lesioni cutanee con ossigeno ad alta pressione Tittelbach J, [5].

Le vasculiti sistemiche ANCA-associate, secondo la Chapel Hill International Consensus Conference sono caratterizzate da manifestazioni cliniche ed istopatologiche similari (poliangite microscopica, Granulomatosi di Wegener, Sindrome di Churg–Strauss e Vasculite indotta da farmaci); la classificazione si basa principalmente sul calibro dei vasi colpiti, sugli organi/apparati maggiormente coinvolti, sulle caratteristiche istopatologiche dell’infiltrato perivascolare (granulomatoso o non granulomatoso) e sulla positività e/o negatività degli ANCA (anticorpi diretti verso costituenti citoplasmatici dei granulociti neutrofili MPO e PR3). Ferrario F, Vanzati A  [6].

Materiali e metodi

Descriviamo un caso clinico.

Una Donna di 80 anni, affetta da obesità, diabete mellito II, FA in terapia con anticoagulanti orali (TAO), in emodialisi dal 2013, per probabile nefroangiosclerosi associata ad una componente di nefropatia diabetica del rene sinistro unico, (nel 1988 sottoposta nefrectomia destra per adenocarcinoma).

Nel 2014, era stata sottoposta a plurimi cicli antibiotici, per una polmonite settica.

Ne mese di aprile del 2015 era stata previsto un controllo con T.C. torace che mostrava “..regolare pervietà dell’albero tracheo-bronchiale centrale. All’apice polmonare di sinistra e bilateralmente ad entrambi i lobi inferiori evidenza di immagini pseudonodulari con estensione lobulare da alterazioni di tipo flogistico accompagnate da altre aree di vetro smerigliato dello stesso significato. Alla lingula è presente una consolidazione da subatelettasia..”; dopo terapia con levofloxacina, una seconda T.C. aveva mostrato. “..una buona densità parenchimale dei campi polmonari superiori e medi. Persistono piccole chiazze di addensamenti ai lobi polmonari inferiori. Atelettasia subsegmentaria della lingula. Non si riconoscono immagini sospette per lesioni di tipo eteroformativo. Falda di versamento pleurico sinistro e falda di versamento pericardico con spessore massimo di 12 mm. Non significativi linfonodi ingranditi nel mediastino..”.

A 09-2015 per insorgenza di dolori e deficit di forza agli arti inferiori, eseguiva EMG che mostrava un quadro di polineuropatia mista, sensitiva e motoria, sia assonale che demielinizzante; il neurologo consigliava l’uso di gabapentin.

A 12-2015 si assisteva alla comparsa di edemi dolenti alle gambe, con eczema da stasi, il dermatologo consigliava terapia topica e dosaggio autoanticorpi; risultavano positivi i p-Anca (anti-MPO) con titolo pari a 860 IU/ml. Nel 01-2016 comparivano vaste aree necrotiche-dolenti bilateralmente; il tampone era positivo per Stenotrophomonas maltophilia, iniziava terapia antibiotica con ceftriaxone e corticosteroidi per la presunta vasculite ANCA associata. La biopsia cutanea aveva mostrato: “all’immunofluorescenza diretta presenza di C3 nella parete dei vasi del plesso dermico superficiale. Sezioni di cute e sottocute con estesa necrosi cutanea; depositi calcifici nella tonaca media delle arteriose dell’ipoderma che appaiono talora obliterate. Quadro morfologico compatibile con calcifilassi.”, ma erano assenti segni istologici di vasculite. Gli esami evidenziavano fosforemia di 8 mg/dl, Calcemia 9 mg/dl, PTH nei range per un paziente emodializzato, le crioglobuline erano assenti.

Veniva potenziato il chelante del fosforo, sostituito il warfarin con eparina, continuava ceftriaxone con graduale riduzione degli steroidi ed infine iniziava Na-Tiosolfato ad un dosaggio iniziale di 5 gr/dialisi, aumentato fino a 10 gr/dialisi, con aggiunta di medicazioni e antibiotici topici. La terapia iperbarica non era stata effettuata per indisponibilità dei centri.

RIsultati

Dopo un mese, una caduta provocava la frattura di femore. Veniva operata, ma in corso del ricovero si assisteva al rapido decadimento psico-organico fino ad exitus.

Conclusioni

Descriviamo un caso unico di presunta relazione tra una vasculite ANCA-associata e calcifilassi. Il quadro clinico complesso ma sfumato, ha fatto dubitare anche dell’esistenza stessa di una vera vasculite, vista l’assenza di infiltrati infiammatori alla biopsia cutanea. L’approccio terapeutico iniziale con corticosteroidi sembrava corretto, ma controindicati con la calcifilassi.

Non è stato chiarito il rapporto tra le due patologie; è probabile che vasculite possa avere contribuito, con tutti gli altri fattori precipitanti presenti, all’attivazione della calcifilassi, anche se in letteratura non ci sono dati a suffragio di questa ipotesi. Potrebbe trattarsi, inoltre, di una positività agli ANCA senza vasculite, ma mancano dati anamnestici a supporto di tale tesi.