VALUTAZIONE CLINICA E MICROBIOLOGICA DELLA PIELONEFRITE ACUTA PRIMITIVA

Introduzione

La pielonefrite acuta (PNA) rappresenta la forma più severa di infezione dell’apparato urinario. La diagnosi non è sempre agevole e la patologia non è scevra da complicanze temibili come ascessi renali, urosepsi e cicatrici residue parenchimali. Pur essendo nota da più di un secolo essa presenta degli aspetti non ancora risolti riguardanti: il sensibile incremento delle forme primitive, i meccanismi patogenetici, le opzioni e la durata della terapia medica, le complicanze a lungo termine.

Casistica e metodi

Scopo del nostro studio è stato quello di valutare in maniera prospettica i pazienti ricoverati dal gennaio 2005 al gennaio 2013 presso la nostra U.O.C. (Figura 1), affetti da Pielonefrite Acuta Primitiva diagnosticata sulla base di esami laboratoristici e strumentali e sull’esclusione di alterazioni anatomiche e/o funzionali dell’apparato urinario.Sono stati studiati 96 pazienti (95 F; 1M) di età media di 33±8 anni.

In collaborazione con la U.O. Microbiologia Clinica dell’Università “G. d’Annunzio” è stata inoltre avviata un’analisi genotipica e fenotipica su ceppi batterici isolati da pazienti affette, al fine di individuarne caratteristiche di virulenza peculiari. In particolare è stata valutata in ceppi di E. coli isolati da PNA, comparativamente a ceppi di E. coli isolati da pazienti con cistite ricorrente, la capacità di formare biofilm su polistirene, la distribuzione dei principali determinanti genici di virulenza ed il grado di motilità batterica. La capacità di formare biofilm è stata saggiata in micropiastre di polistirene, in presenza di terreno nutriente Trypticase Soy Broth a seguito di incubazione a 37°C per 24h; la quantità di biofilm formato è stata misurata spettrofotometricamente a seguito di colorazione del biofilm con cristalvioletto. La presenza di un set di geni codificanti per vari fattori di virulenza in E. coli è stata valutata mediante Polymerase Chain Reaction (PCR). La motilità batterica rappresenta un fattore cruciale nella colonizzazione di ambienti naturali. E. coli possiede due tipologie di motilità flagellare: swimming e swarming. La motilità swimming consiste nel movimento della singola cellula in un mezzo liquido (es. urine). Lo swarming è una motilità di tipo coordinata che consente alle cellule di spostarsi in gruppo su superfici semisolide (es. sugli epiteli). La motilità batterica è stata saggiata mediante l’utilizzo di terreni di coltura dedicati,flagellare in mezzo liquido (swimming), fimbriale su superfici semi-solide (swarming), a differente grado di contenuto di acqua libera.

I risultati sono espressi come medie ± deviazione standard.

Risultati

La presentazione clinica era rappresentata nella totalità dei casi da iperpiressia e dolore lombare e/o addominale; disturbi urinari erano rilevabili solo in 47 pz (45%). Tutti i pazienti presentavano un incremento della VES (in media pari a 58±28 mm/h) e della proteina C reattiva (in media 13.5±7.9 mg%), mentre leucocitosi neutrofila era riscontrabile in 80 pz (77%). L’urinocoltura è risultata positiva in 39 pz (in 36 casi per E. Coli, 1 P. Aeruginosa, 1 S. Agalatiae e 1 K. Pneumoniae) e l’emocoltura in 9 pz (stesso germe identificato nelle urine in 6 casi). Sei pazienti presentavano un quadro di IRA risoltasi durante la degenza. L’ecografia renale è risultata indicativa di pielonefrite acuta in 25/68 casi (37%) (Fig. 2). La TC addome con mdc, eseguita in 86 pz, è risultata diagnostica nel 100% dei casi mostrando monolateralità delle lesioni in 76 casi (88%) e multifocalità delle stesse in 68 casi (79%) (Figg. 3 e 4). I pazienti hanno ricevuto trattamento antibiotico per via parenterale della durata di 8±2 giorni a base di chinolonici in 65 pz, aminoglicosidi in 38 pz, cefalosporine in 15 pz e carbapenemici in 13 pz; a domicilio i pazienti hanno proseguito un trattamento antibiotico per altre 2-3 settimane con chinolonici in 68 casi, aminoglicosidi in 46, cefalosporine in 27 e carbapenemici in 5. Un controllo TC a tre mesi è stato effettuato in 37 pazienti: in 18 (49%) abbiamo documentato una persistenza delle lesioni pur se ridotte.

La capacità di formare biofilm è risultata essere conservata in entrambi i gruppi studiati. Tuttavia, considerando le 2 popolazioni nel complesso (n=10 isolati/gruppo) la quantità media di biofilm formato dai ceppi di PNA è significativamente maggiore rispetto ai casi di cistite ricorrente (0.106±0.03 vs 0.070±0.037, p=0.014), suggerendo una maggiore attitudine degli isolati PNA ad organizzarsi come biofilm (Fig. 5). L’analisi comparativa delle frequenze di ciascun gene codificante per fattori di virulenza nei 2 gruppi considerati ha evidenziato che i geni sfa/focDE (fimbrie tipo S e F1C classicamente associate alla maggior parte di Coli uropatogeni) e iroNEcoli (recettore per sideroforo salmochelina in Coli uropatogeni) sono significativamente meno presenti nel gruppo PNA rispetto a quello cistite ricorrente (Fig. 6; il segno + indica la presenza del gene in un determinato isolato). I rimanenti geni risultano avere prevalenza comparabile (differenze non significative) in entrambi i gruppi. La motilità batterica swarming è risultata maggiormente conservata nel gruppo PNA rispetto al gruppo cistiti ricorrenti (100 vs 70%, rispettivamente). Tuttavia, considerando gli isolati nel complesso (n=10/gruppo), il livello medio di motilità risulta essere comparabile nei due gruppi. La motilità swimming è risultata conservata e comparabile in entrambi i gruppi (70%).

Conclusioni

La Pielonefrite Acuta è una patologia più frequente di quanto comunemente ritenuto. La diagnosi non sempre è agevole e pone problemi di diagnosi differenziale con numerose patologie endoaddominali. La febbre, l’aumento degli indici di flogosi e il dolore addominale e/o lombare, pur in assenza di disturbi urinari, devono porre il sospetto di malattia. La TC addome rappresenta il gold standard per lo studio della PNA, mentre l’ecografia addominale mostra una bassa specificità e sensibilità. E’ necessaria une terapia antibiotica che generalmente va continuata per 3-4 settimane. La diagnosi di guarigione deve tener conto, oltre alla scomparsa dei segni clinici e alla normalizzazione dei dati laboratoristici, anche della scomparsa delle lesioni documentate radiologicamente. Ancora incerto risulta il significato della persistenza delle lesioni pur in assenza di manifestazioni cliniche.

I risultati dello studio sulla virulenza batterica, seppur preliminari, indicano una maggiore propensione di E. coli da pielonefrite acuta primitiva alla formazione di biofilm, evento associato alla cronicizzazione dell’infezione a causa della intrinseca resistenza alla terapia antibiotica ed alla risposta immune dell’ospite mostrata dalle cellule sessili rispetto alla controparte planctonica. Sono tuttora in corso ulteriori valutazioni relativamente a: formazione di biofilm, genotipizzazione e motilità su un numero più ampio di isolati; adesività e capacità di formare biofilm su epitelio urinario; livello di espressione dei geni codificanti per fattori di virulenza; distribuzione clonale degli isolati. I risultati di tali indagini potranno permettere di comprendere meglio sia i meccanismi della virulenza dei ceppi uropatogeni che i fenomeni di resistenza alla terapia antibiotica; inoltre, potranno chiarire se i numerosi casi di pielonefrite acuta da noi osservati possano essere ascrivibili a gruppi filogenetici comuni.