VACCINAZIONE ANTI EPATITE B NEI PAZIENTI IN EMODIALISI CRONICA:PIU’OMBRE CHE LUCI

Introduzione

L’infezione da epatite B (HBV) è tutt’ora un problema rilevante nei pazienti in trattamento emodialitico cronico come risultato sia di una contaminazione crociata che dell’elevata concentrazione del virus nel siero dei pazienti HbsAg+.

L’esposizione a tali agenti rimane un serio rischio per pazienti ed operatori all’interno dei Centri Dialisi.

Il progresso scientifico che si è accumulato nell’ultima decade circa prevenzione,storia naturale e terapia del virus a distribuzione ematogena nei pazienti con malattia renale cronica è stato consistente.

Il controllo della diffusione di HBV nei Centri Dialisi è stato un obiettivo molto importante nella gestione dei pazienti con insufficienza renale.

I CDC (Centers for Disease Control and Prevention,Atlanta,USA) hanno documentato negli ultimi anni una riduzione della prevalenza di dializzati portatori cronici di HBsAg pertanto diventa fondamentale adottare tutti gli schemi di prevenzione primaria, e la vaccinazione diventa il trattamento di prima scelta,allo scopo di ridurre la morbidità da HBV in questo particolare gruppo di pazienti. (Fabrizi F-2008 [1]).

Le procedure contro la diffusione di agenti che si trasmettono per via ematica includono innanzitutto le precauzioni universali(chiamate anche precauzioni standard) che sono valide per contesti clinici diversi dalla sala dialisi. Le precauzioni standard sono delle precauzioni di barriera (lavaggio mani,guanti,camici monouso,mascherine ecc) a cui si associano precauzioni specifiche della sala emodialisi (separazione materiale per evitare la condivisione tra pazienti di materiale non monouso) e alcune procedure supplementari per i pazienti HBsAg positivi.

Dati pubblicati in letteratura e riferiti a pazienti uremici sottoposti a vaccinazione anti-HBV hanno evidenziato tassi di sieroconversione compresi tra il 50 e il 60% in antitesi con quanto osservato nella popolazione generale che presenta tassi medi di sieroconversione di circa il 95%.

I pazienti presentano una risposta debole e ritardata alle vaccinazioni rispetto alla popolazione generale; ciò avviene per diversi motivi: la malnutrizione, l’anemia, l’uremia e non ultimi una serie di defict immunologici che fanno classificare questa popolazione tra coloro che possono essere definiti immunodepressi. ( [2]Cohen G -1997 [2] [2]) (Lim WH – 2007 [3]).

Scopo dello studio era quello di valutare la risposta anticorpale di una popolazione di pazienti in trattamento emodialitico cronico trisettimanale sottoposti a 2 diversi schemi di vaccinazione anti-HBV ed evidenziare eventuali differenze tra i gruppi che avevano o meno dimostrato una sieroconversione efficace.

Pazienti e metodi

Sono stati valutati un primo gruppo composto da 95 pz giunti in emodialisi tra il 2003 ed il 2009 (gruppo A) di età media 56 ± 17 a, 60 M e 35 F, vaccinati con HBVAXPRO 20 mg (Sanofi Pateur MSD) in 3 somministrazioni (0-1-6 mesi) per via intramuscolare (IM) durante la seduta emodialitica.

Il secondo gruppo era costituito da 66 pazienti (gruppo B) giunti in emodialisi nel 2010 di età media 69 ± 10 a, 46 M e 20 F, anch’essi vaccinati con 3 dosi di HBVAXPRO con lo stesso timing ma ad una dose doppia (40 mg) per via intradermica (ID) ed al termine della seduta emodialitica.

Nessuno dei pazienti era mai stato in precedenza sottoposto a schemi di vaccinazione anti-HBV e nessuno era in trattamento con steroidi e/o altri farmaci immunosoppressori.

Tutte le dosi del vaccino sono state somministrate dal personale medico secondo il timing previsto e tutti i pazienti avevano firmato regolarmente il modulo di consenso informato alla vaccinazione.

Tutti i pazienti dello studio presentavano buoni indici nutrizionali valutando sia il profilo lipidico sia i livelli serici di albumina. Il vaccino utilizzato conteneva l’antigene di supeficie dell’epatite B adsorbito su idrossifosfato amorfo di alluminio solfato (0,50 milligrammi Al+) prodotto da un ceppo ricombinante di lievito Saccharomyces cerevisiae (ceppo 2150 – 2.3). Il titolo anticorpale anti-HBV è stato testato routinariamente ogni 3 mesi per un periodo di almeno 12 mesi.

Risultati

I risultati della risposta immunitaria valutata con livelli ematici di anticorpi di superficie antiHbs 3 – 6 – 12 mesi dopo la vaccinazione hanno evidenziato nel primo gruppo una buona risposta anticorpale a 6 mesi in 39 pz (41%) con titolo compreso tra i 10 ed i 1000 UI/L (R) ed una risposta nulla con titolo < a 10 UI/L in 56 pz pari al 59 % (NR), nessuna differenza tra R e NR per quanto riguarda età, sesso, diabete, indici infiammatori, nutrizionali e di adegutezzza dialitica.

Nel gruppo B è stata ottenuta una risposta anticorpale sufficiente con valori tra 13 e 139 UI/L a 6 mesi in 28 pz (43,4%)(R1) ed una risposta nulla (<10 UI/L) in 38 pz (56,6%)(NR1).

Non abbiamo osservato differenze tra il gruppo A ed il gruppo B per indici infiammatori, nutrizionali e di adeguatezza dialitica;anche la fenotipizzazione linfocitaria espressa come CD3+, CD3+ / CD4+ (T helper), CD3+/CD8+ (T suppressor), CD3- / CD19+ (cellule B), CD3-/ CD16+/ CD56+ (NK) non ha evidenziato differenze tra i gruppi R – R1 e NR – NR1.

Non sono state osservate particolari differenze nei due gruppi di pazienti in base al tipo di trattamento emodialitico effettuato e/o in base alla tipologia di accesso vascolare (FAV o CVC) utilizzata.

Non sono stati osservati eventi avversi in entrambi i gruppi di pazienti e nessun paziente ha sviluppato la positività per HBsAg durante il periodo dello studio.

Solo la giovane età biologica sembra essere associata ad una migliore sieroconversione sia nel gruppo A che nel gruppo B (p < 0.052).

Conclusioni

Questo studio prende in esame una popolazione di pazienti emodializzati che non avevano raggiunto un’adeguata protezione anticorpale verso il virus HBV.

La scarsa risposta alla vaccinazione anti HBV in dialisi sembrerebbe essere indipendente dalla dose, dalla via d’iniezione, dal timing, dal tipo di dialisi e dal setting delle celluleT.

Il punto cruciale per analizzare i tassi di sieroconversione,più bassi rispetto a quanto segnalato in letteratura,è senza dubbio quando viene effettuata la vaccinazione, i dosaggi utilizzati e la tipologia del protocollo di immunizzazione.

Una protezione soddisfacente in questa popolazione potrebbe essere raggiunta vaccinando i pazienti allo stadio 3-4 CKD,quindi prima dell’inizio della terapia sostitutiva,o utilizzando un adiuvante, (Kong NC – 2008 [4]) in quanto lo stadio della malattia ed il primo protocollo di vaccinazione praticata sembrerebbero importanti per l’efficacia della terapia vaccinale, sia dal punto di vista della rapidità della risposta immunitaria sia per la durata della cosiddetta “memoria immunologica”. Più a lungo viene ritardata la vaccinazione, meno efficace sarà la risposta immunitaria,identificando il timing più appropriato negli stadi iniziali della CKD ( [5]DaRoza G – 2003 [5] [5]).