Urine viola: un evento post bioptico in un caso di Nefropatia da Warfarin

INTRODUZIONE

L’ispezione delle urine è sempre stata parte integrante della Medicina fin dall’epoca medievale. Le anomalie della pigmentazione urinaria, in particolare, sono un segno importante con cui il nefrologo si confronta spesso in particolare in caso di urine scure (mioglobinuria, macroematuria). Tuttavia vi sono casi nei quali la colorazione delle urine può dipendere da cause più rare. Presentiamo un caso clinico di urine viola in una paziente sottoposta a biopsia renale per insufficienza renale acuta secondaria a Nefropatia da Warfarin.

CASO CLINICO

Donna di 85 anni ricoverata nella Nostra Struttura per IRA dopo episodio di over-scoagulazione. In anamnesi ipertensione arteriosa, arteriopatia polidistrettuale e flutter atriale trattato con Warfarin. Durante il ricovero la paziente è stata sottoposta a biopsia renale e nelle 24 ore successive alla biopsia sono comparse urine di colore viola [Figura 1]. L’istologia renale dimostrava quadro compatibile con nefropatia da Warfarin. L’esame urine escludeva macroematuria ma dimostrava batteriuria e leucocituria. Si eseguiva urinocoltura, si sostituiva il catetere vescicale e si impostava terapia antibiotica empirica con Ciprofloxacina nel sospetto di infezione da batteri associati alla Sindrome da Urine Viola, con successiva conferma di infezione con E. Coli. Il quadro migliorava rapidamente con la scomparsa della colorazione violacea urinaria.

DISCUSSIONE

La Sindrome delle Urine Viola (Purple Urine Bag Syndrome – PUBS) è una condizione in cui il sacchetto ed il tubo del catetere vescicale assumono una colorazione blu-violacea.

Inizialmente descritta nel 1978 [Barlow GB – 1978 [1]], la PUBS è considerata una entità benigna ed estremamente rara anche se studi recenti riportano una prevalenza variabile tra l’8% ed il 16% in pazienti portatori di catetere vescicale a permanenza [Shiao CC – 2008 [2]].

Si associa ad infezione delle vie urinarie da patogeni produttori di fosfatasi e solfatasi di cui i più frequenti sono: E.Coli, Pseudomonas Aeruginosa, Klebsiella Pneumoniae, Enterococcus Faecium, Proteus Mirabilis, Morganella Morganii.

La formazione del colore violaceo inizia con la deaminazione del triptofano assunto con la dieta da parte dei batteri intestinali con successiva formazione di indolo. L’indolo è trasportato tramite il circolo portale al fegato dove viene convertito a indolo solfato. Nelle urine l’indolo solfato, ad opera dei batteri fosfatasi e solfatasi produttori, viene convertito ad indossile che, in presenza di Ph alcalino, si ossida in due composti: indirubina (pigmento rosso) e indaco (pigmento blu). Questi due pigmenti reagiscono chimicamente con il sacchetto e col tubo del catetere vescicale donandogli il tipico colore violaceo [Figura 2].

I fattori di rischio, oltre al posizionamento di cateteri vescicali a permanenza, sono la stipsi, l’ostruzione intestinale ed il genere femminile.  La stipsi cronica e l’ostruzione intestinale, in particolare, sembrano essere fortemente associati alla PUBS [Su FH – 2005 [3]]. Tale associazione può essere spiegata dal fatto che la ridotta motilità intestinale potrebbe favorire la crescita di batteri intestinali con conseguente incremento del metabolismo del triptofano.

CONCLUSIONI

Il caso presentato dimostra come la sindrome delle urine viola debba essere considerata in diagnosi differenziale nel caso di anomalie della pigmentazione urinaria in particolare se si verifica nell’immediato post-bioptico quando l’anomalia di pigmentazione più frequente è la macroematuria. Nel nostro caso la paziente poteva presentare macroematuria anche alla luce della diagnosi di nefropatia da Warfarin. L’identificazione precoce della patologia ha permesso il corretto iter diagnostico-terapeutico confermando la benignità del quadro.