Un caso di ipomagnesemia durante addestramento alla dialisi peritoneale

RAZIONALE

Il Magnesio (Mg) è coinvolto in numerosi processi biochimici e fisiologici. L’omeostasi del Mg è garantita dall’equilibrio dinamico tra trasporto intestinale, trasporto renale e scambio con l’osso (Fig. 1). I pazienti con insufficienza renale avanzata presentano un’alterata escrezione del Mg. In particolare, negli stadi più avanzati di insufficienza renale si esaurisce la capacità di aumentare la frazione di escrezione che, invece, garantisce il mantenimento di normali livelli di Mg negli stadi iniziali di insufficienza renale. Di conseguenza, i pazienti con VFG <10 ml/min sono a rischio di sviluppare ipermagnesemia (Cunningham, 2012 [1]).

L’ipomagnesemia è di solito definita dalla presenza di livelli sierici di Mg <1,7 mg/dl (Blaine, 2015 [2]).

È un fattore di rischio cardiovascolare nella popolazione generale e nei pazienti con insufficienza renale (Sakaguchi, 2014 [3]). Spesso decorre asintomatica; nei casi più gravi può causare disturbi neuromuscolari, con tremori, crampi muscolari, convulsioni, aritmie, nausea. Spesso coesistono ipokaliemia ed ipocalcemia. Le cause più comuni sono diarrea, malassorbimento, alcolismo, iperaldosteronismo primitivo, sindrome dell’intestino corto e farmaci (diuretici, ciclosporina, cisplatino, amfotericina B).

MATERIALI E METODI

Descriviamo il caso di un paziente affetto da insufficienza renale terminale che manifestava ipomagnesemia sintomatica durante la fase di addestramento alla dialisi peritoneale (DP).

RISULTATI

Un uomo bengalese di 58 anni giungeva alla nostra attenzione per riscontro occasionale di uremia terminale secondaria a nefropatia proteinurica non accertata istologicamente. In anamnesi: ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, vasculopatia polidistrettuale, BPCO. La terapia domiciliare comprendeva esomeprazolo, amlodipina, ramipril, metoprololo. Edotto sulle possibili terapie sostitutive della funzione renale, il paziente optava per la terapia dialitica peritoneale. In terza giornata di addestramento alla CAPD, il paziente riferiva comparsa di tremori invalidanti, nausea e vomito. Agli esami ematochimici venivano riscontrate ipomagnesemia (Mg 0,32 mg/dl), ipocalcemia (Ca corretto 7,2 mg/dl) ed ipokaliemia (K 3,3 mEq/l). La sodiemia era nella norma. La magnesiuria era pari a 1 mg/dl (v.n. 4,1-13,9 mg/dl). La funzione renale era stabile (creatinina 7,7 mg/dl, urea 155 mg/dl), con diuresi conservata. L’ECG risultava nella norma. Dopo supplementi di Ca, K e Mg per os, e.v. e con la soluzione dialitica, l’ipocalcemia e l’ipokaliemia si correggevano, mentre persisteva l’ipomagnesemia. Pertanto, nell’ipotesi di una causa iatrogena, si sospendeva l’inibitore di pompa protonica (IPP). In un mese il Mg si normalizzava (1,7 mg/dl), con risoluzione della sintomatologia e completamento dell’addestramento (Fig. 2).

Dopo circa 1 anno, il paziente riprendeva autonomamente lansoprazolo e agli esami si osservava ricomparsa di ipomagnesemia (1,02 mg/dl). Alla sospensione dell’IPP il Mg si normalizzava nuovamente.

CONCLUSIONI

Gli IPP sono comunemente utilizzati nella pratica clinica per la prevenzione e il trattamento di ulcera peptica, gastriti, esofagiti e malattia da reflusso gastroesofageo. Il loro impiego è aumentato notevolmente negli ultimi anni e attualmente sono tra i farmaci più prescritti in assoluto. I più comuni effetti collaterali comprendono cefalea, dolori addominali, nausea, diarrea, aumentato rischio di enterocolite da C. difficile.

Recentemente, l’ipomagnesemia è stata riconosciuta come possibile effetto collaterale degli IPP.

Dal 2006 al 2011 sono statti descritti in letteratura 36 casi di ipomagnesemia sintomatica secondaria ad utilizzo cronico di IPP (75% omeprazolo, 25% esomeprazolo, 14% pantoprazolo, rari casi lansoprazolo). Tutti i casi descritti avevano funzione renale normale o solo lievemente ridotta.

L’ipomagnesemia si manifesta indipendentemente dalla posologia dell’IPP e ricompare costantemente dopo re-challenge con lo stesso farmaco o con un altro appartenente alla stessa classe, dopo un tempo variabile da 14 giorni a 13 anni (Hess, 2012 [4]).

Spesso l’ipomagnesemia è asintomatica e sottodiagnosticata per il mancato inserimento della magnesemia negli esami di routine.

Il meccanismo fisiopatologico, tuttora non completamente chiarito, sembrerebbe riconducibile ad un ridotto assorbimento intestinale. La sospensione dell’IPP è la terapia d’elezione.

Il caso descritto conferma l’utilità del monitoraggio della magnesemia in corso di terapia con IPP sia nella popolazione generale, sia nei pazienti con insufficienza renale. Tale raccomandazione assume particolare rilevanza alla luce delle recenti segnalazioni circa il ruolo dell’ipomagnesemia come fattore di rischio di mortalità cardiovascolare.