TRATTAMENTO IMMUNOSOPPRESSIVO INTENSIFICATO DELLA NEFROPATIA TUBULO-INTERSTIZIALE IgG4-CORRELATA{-}

Introduzione

La malattia IgG4-correlata è una patologia di recente identificazione, a possibile coinvolgimento sistemico, più frequente nel sesso maschile e dopo i 50 anni di età, caratterizzata macroscopicamente dalla frequente presenza di lesioni nodulari a carico di diversi organi, rilevate mediante ecografia o TC, e da un quadro istologico tipico, costituito da abbondante infiltrato linfoplasmocitario, numerose plasmacellule IgG4-positive e variabile grado di fibrosi, cosiddetta “storiforme” (“Stone JH – 2012 [1]“). 

Gli esami bioumorali possono evidenziare elevati livelli di IgG4 sieriche (70% dei casi), incremento delle IgE (60-70%), ipocomplementemia C3-C4 (50-70%), eosinofilia periferica (40%), positività del fattore antinucleo (15-20%).

Il rene può essere coinvolto dalla malattia e il quadro istologico prevalente è rappresentato da una nefropatia tubulo-interstiziale (“Raissian Y – 2011 [2] (full text)“, “Saeki – 2014 [3]“).

Nel presente lavoro descriviamo 3 pazienti con interessamento renale, il trattamento utilizzato e la loro evoluzione clinica.

Casistica e Metodi

Nel corso del 2013 tre pazienti maschi sono stati ricoverati nella nostra Divisione con quadro di insufficienza renale evolutiva sovrapposta a insufficienza renale cronica.

Paziente 1. Maschio, 65 anni di età, iperteso, con grave cardiopatia ipocinetica (FE 30%), si è presentato in DEA con idronefrosi bilaterale da uropatia ostruttiva e creatinina pari a 21 mg/dl. Eseguite 2 sedute dialitiche per encefalopatia uremica e iperkaliemia. Il quadro ostruttivo è stato prontamente risolto con cateterismo vescicale a permanenza, ma è residuata una grave decurtazione funzionale renale (creatinina 8 mg/dl). All’esame urine proteinuria di 0.8-1.4 g/die, pattern misto e spiccata microematuria. Agli ematochimici sfumato ipo-C3 (82 mg/dl, vn 90-180), IgG4 lievemente aumentate (270 mg/dl, vn 20-250). È stata eseguita biopsia renale. L’esame istologico ha mostrato una spiccata fibrosi interstiziale, talora con aspetti storiformi, e modesto infiltrato plasmacellulare (plasmacellule IgG4 positive 3/HPF, 32% delle plasmacellule IgG positive), compatibile con “possibile” nefropatia tubulo-interstiziale IgG4 correlata (“Kawano M – 2011 [4]“) Figure 1, 2. È stata effettuata terapia steroidea (metilprednisolone 500 mg x 3 ev, seguito da prednisone per os a scalare).

Paziente 2. Maschio, 74 anni di età, iperteso, con storia di psoriasi, cardiopatia ischemica e recente diagnosi di scialoadenosi autoimmune a tipo Sjogren, per cui era stata effettuata terapia con steroide a basse dosi, è stato ricoverato nel nostro reparto per insufficienza renale rapidamente progressiva (creatinina da 3.2 a 5 mg/dl). All’esame urine proteinuria di 0.6-0.7 g/die, pattern misto e minima microematuria. Agli ematochimici discreto ipo-C3 (51 mg/dl, vn 90-180), C4 ai limiti inferiori (10 mg/dl, vn 10-40), RA test e anti-CCP positivi, FAN 1:80 pattern omogeneo, pANCA positivo 1:40 pattern atipico. IgG4 e IgE aumentate (rispettivamente 354 mg/dl, vn 20-250 e 518 Ku/l, vn fino a 100). È stata eseguita biopsia renale. L’esame istologico ha mostrato un quadro indicativo per una nefrite tubulo-interstiziale IgG4-correlata con associati aspetti di infiammazione e fibrosi (Pattern B e C secondo Raissian (Raissian Y – 2011 [2] (full text))) (Figure 3, 4, 5, 6). È stata effettuata terapia con steroidi ev (3 boli di metilprednisolone 15 mg/kg) e per os (prednisone 1 mg/kg/die a scalare) + 2 boli di ciclofosfamide 500 mg ev (1° e 15° giorno) + 4 somministrazioni settimanali di rituximab 200/375 mg/mq, seguite da ulteriori 2 somministrazioni mensili (375 mg/mq).

Paziente 3. Maschio, 70 anni di età, con storia di numerose infezioni (Giardia, Entamoeba, Malaria) contratte nel corso degli anni ’90 e nefrectomia radicale sinistra nel 2012 per sospetta pielonefrite xantogranulomatosa, è stato ricoverato nel nostro reparto per insufficienza renale rapidamente progressiva (creatinina da 1.4 a 6.6 mg/dl). All’esame urine proteinuria di 0.8 g/die, pattern misto e minima microematuria. Agli ematochimici spiccati ipo-C3 (43 mg/dl, vn 90-180) e ipo-C4 (1 mg/dl, vn 10-40), RA test, FAN e ANCA negativi. IgG4 e IgE aumentate (rispettivamente 1.390 mg/dl, vn 20-250 e 410 Ku/l, vn fino a 100). È stata eseguita biopsia renale. L’esame istologico ha mostrato un quadro indicativo per una nefrite tubulo-interstiziale IgG4-correlata con associati aspetti di infiammazione e fibrosi (Pattern B e C secondo Raissian (Raissian Y – 2011 [2] (full text) )). È stata effettuata terapia con steroidi ev (3 boli di metilprednisolone 15 mg/kg) e per os (prednisone 1 mg/kg/die) a scalare + 2 boli di ciclofosfamide 500 mg ev (1° e 15° giorno) + 4 somministrazioni settimanali di rituximab 200/375 mg/mq, seguite da ulteriori 2 somministrazioni mensili (375 mg/mq).

Risultati

Paziente 1. Si è osservata una iniziale discreta risposta funzionale (creatinina da 8.0 a 3.6 mg/dl), ma a 4 mesi il paziente è deceduto per tromboembolia polmonare massiva.

Paziente 2. Si è osservata un’ottima risposta funzionale (creatinina da 5 a 1.7 mg/dl a 5 mesi) con normalizzazione del complemento e delle immunoglobuline e riduzione della proteinuria (da 0.7 a 0.2 g/die). Il paziente ha slatentizzato un quadro di diabete mellito secondario, necessitante di transitorio trattamento insulinico, poi sospeso a distanza.

Paziente 3. Si è osservata un’ottima risposta funzionale (creatinina da 6.6 a 2.5 mg/dl a 10 mesi) con normalizzazione del complemento e delle immunoglobuline e riduzione della proteinuria (da 0.8 a 0.1 g/die). Il paziente ha slatentizzato un quadro di diabete mellito secondario, necessitante di transitorio trattamento insulinico, poi sospeso a distanza.

Conclusioni

La nefropatia tubulo-interstiziale rappresenta la forma più comune di coinvolgimento renale in corso di malattia IgG4-correlata. La terapia di prima linea è rappresentata dagli steroidi, sia per la malattia sistemica (“Khosroshahi A – 2011 [5]“) che per la sua espressione d’organo sotto forma di nefrite tubulo-interstiziale (“Saeki T – 2010 [6]” “Saeki T – 2013 [7]“). Tuttavia la recidiva di lesioni IgG4-correlate, anche a livello renale, è segnalata nel 20% dei casi nonostante un trattamento di mantenimento con steroidi, ad indicare che tale terapia potrebbe non essere sufficiente in un numero considerevole di casi (“Saeki T – 2013 [7]“). Nei casi di recidiva o refrattarietà agli steroidi sono riportati buoni risultati utilizzando un trattamento con rituximab (“Khosroshahi A – 2012″) [8].

Nella nostra esperienza abbiamo deciso di trattare il paziente 1 con sola terapia steroidea in quanto la diagnosi di nefropatia tubulo-interstiziale IgG4-correlata, alla luce del numero di plasmacellule IgG4 positive (<10/HPF e <40% delle plasmacellule IgG positive), era solo possibile (“Kawano M – 2011 [4]“), riservandoci di considerare trattamenti alternativi in base all’andamento clinico-laboratoristico. L’exitus del paziente ha interrotto il follow-up.

Negli altri 2 pazienti, che presentavano una diagnosi di nefrite tubulo-interstiziale certa con lesioni istologiche indicative di spiccate infiammazione e di fibrosi e che evidenziavano un andamento rapidamente evolutivo, abbiamo deciso di utilizzare un trattamento intensivo combinato, quale quello impiegato in casi severi di LES (“Roccatello D – 2011 [9] (full text)“, mirato a depletare massivamente la linea B cellulare e la relativa produzione anticorpale potenzialmente responsabile del danno tessutale, oltre che a contenere il processo infiammatorio-fibrotico caratteristico della malattia. Inoltre, l’utilizzo degli immunodepressori ha consentito di ridurre significativamente la dose di steroide e i conseguenti effetti collaterali. 

Il follow-up a medio termine mostra un’ottima risposta funzionale renale ed una pressoché completa normalizzazione dei parametri di attività immunologica, a suggerire che nei casi di nefropatia IgG4-correlata particolarmente aggressivi sia istologicamente che clinicamente l’utilizzo di un trattamento immunosoppressivo intensificato può rappresentare un’opzione efficace e relativamente sicura. Sarà naturalmente necessario confermare questi risultati preliminari con l’osservazione a lungo termine, eventualmente corroborata da un controllo istologico renale.