Trapianti di organo solido: rischio di trasmissione di malattie dal donatore. La tecnologia per la medicina

Razionale

Nei trapianti di organo solido le patologie linfoproliferative sono una complicanza severa, spesso precoce, della terapia immunosoppressiva (Opelz G.- 2003 [1] (full text)). In alcuni casi, la popolazione cellulare alla base delle patologie linfoproliferative deriva dal donatore (Petit B.- 2002 [2]). Riportiamo un caso di trasmissione plurima di neoplasia linfoproliferativa, a posteriori, documentata come già presente nel donatore.

Casistica e metodi

Tre pazienti: un uomo di 64 anni, uno di 69 anni e una giovane donna di 18 anni, sono risultati affetti da linfoma non-Hodgkin a grandi cellule B rispettivamente a 7, a 9 mesi dal trapianto di rene e a 3 mesi da un trapianto di fegato.

La rivalutazione autoptica della donatrice, una donna di 71 anni deceduta per emorragia cerebrale, ha permesso di dimostrare la presenza di un linfoma B a grandi cellule con localizzazione vascolare cerebrale ed uterina.

Le indagini molecolari (microsatelliti, short tandem repeats), eseguite sul tessuto tumorale, hanno evidenziato una prevalenza di DNA della donatrice (figura 1). 

Conclusioni

I dati clinici e strumentali permettono di concludere che i 3 pazienti con l’organo trapiantato hanno ricevuto anche un linfoma.

Le tecniche di biologia molecolari sono state fondamentali nella diagnosi.

Il trapianto è una procedura salva vita, che contiene in sé il rischio di trasmissione di infezioni e/o neoplasie (Scadden D.- 2004 [3] (full text). E’ importante che il paziente ne sia informato, ma anche che la comunità medica moltiplichi i suoi sforzi per ridurlo ( Blumberg EA – 2011 [4] (full text)