Studio osservazionale sul mantenimento della funzione renale residua in soggetti che non necessitano di ultrafiltrazione. Due anni di follow up

Background e Introduzione

Il mantenimento della funzione renale residua (FRR), nei pazienti sottoposti a trattamento sostitutivo cronico,  rappresenta un notevole vantaggio clinico. Studi effettuati prevalentemente, ma non esclusivamente, nei pazienti in dialisi peritoneale hanno infatti dimostrato una maggiore sopravvivenza ed una migliore qualità di vita nei pazienti che mantengono una FRR. (Perl J, et al. Am J Kidney Dis 2009; 53: 1068 – 1081, Bargman JM, et al. J Am Soc Nephrol 2001; 12 : 2158 – 2162). Nei pazienti in DP la FRR residua tende a persistere per molti mesi, al contrario nei pazienti sottoposti a trattamenti sostitutivi extracorporei si assiste, di solito, ad una rapida riduzione della FRR (Rottembourg J, et al. Proc Eur Dial Transplant Assoc 1983; 19: 397- 40, Cancarini GC, et al. Perit Dial Bull 1986; 6: 77 – 79, Lang SM,et al. Perit Dial Int 2001; 21: 52 – 57). Tra le cause di tale differenza, un ruolo importante potrebbe giocare l’ultrafiltrazione extracorporea. Tuttavia l’ultrafiltrazione extracorporea è classicamente considerata inevitabile nella maggioranza dei pazienti incidenti alla dialisi per due motivi: a) la mancanza di una diuresi sufficiente ad eliminare i liquidi  corporei in eccesso; b) la presenza di una ipertensione resistente a causa dell’inflazione idrosodica (Gunal AI, et al. Ren Fail 2004; 26 :405–409).

Va tuttavia considerato che dagli inizi del trattamento dialitico cronico (RRT) ad oggi, si è assistito ad un cambiamento notevole nelle caratteristiche cliniche dei pazienti che giungono al trattamento sostitutivo. Si è passati da una prevalenza di soggetti giovani , per lo più affetti da malattia glomerulari, che iniziavano spesso il trattamento dialitico in condizioni di oligo-anuria, ad una popolazione molto più anziana affetta da malattie vascolari o da nefropatie da farmaci che iniziano il trattamento dialitico con una diuresi relativamente elevata. Rivedendo i dati relativi alla diuresi giornaliera dei pazienti che hanno iniziato la dialisi presso il centro di Imola negli ultimi 8 anni, abbiamo potuto constatare che il 70 % dei pazienti inizia il trattamento dialitico cronico (RRT) con una diuresi superiore ai 1500 cc/die (media 1850 + 350). Tale diuresi media corrisponde ad una eliminazione di liquidi nel periodo interdialitico pari a 3600 cc nell’intervallo breve e a 5400 nell’intervallo lungo. Tali valori sono superiori alla quantità di liquidi sottratti, durante la seduta dialitica, mediante ultrafiltrazione meccanica, nella maggioranza dei pazienti. Questo dimostra la sostanziale inutilità di eliminare l’acqua tramite ultrafiltrazione extracorporea. Resta il problema dell’eliminazione del sodio in eccesso. Tuttavia il sodio in eccesso può essere eliminato per diffusione se si usano dei bagni dialisi a basso tenore sodico. Nei primi anni ‘60 ipertensioni anche molto severe venivano trattate  mediante un dializzato ipotonico, generalmente intorno ai 130 mEq/L (Flanigan M. Kidney Int 2000; 58 (Suppl. 76) : S72 – S78). Sulla base di queste considerazioni, nel nostro centro si è smesso di applicare l’ultrafiltrazione di routine ai soggetti che iniziavano il trattamento dialitico. In tutti i soggetti con una diuresi superiore ai 1500 cc/die, e senza segni clinici o laboratoristici di cardiopatia congestizia, ci si limitava a continuare la terapia diuretica, senza applicare alcuna ultrafiltrazione meccanica. Nei pazienti con ipertensione di difficile controllo e/o che necessitavano di molti farmaci antipertensivi, veniva usato un dializzato a basso tenore sodico.

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Soggetti e Metodologia

Riportiamo l’osservazione dell’andamento clinico nei soggetti non sottoposti all’ultrafiltrazione standard, descrivendo l’andamento della FRR nei pazienti incidenti al trattamento dialitico nel periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2010, e seguiti per almeno due anni. Sono entrati in RRT 26 pazienti. Di questi 7 sono stati esclusi dall’osservazione perché già in oligo-anuria o con segni/sintomi di cardiopatia congestizia. I restanti 19 soggetti sono stati sottoposti ad osservazione. La Figura 1 ne descrive le caratteristiche cliniche.

Nel corso della seduta dialitica si pianificava, in tali pazienti, solo  una ultrafiltrazione minima (250-300 ml a seduta) per compensare la quantità di liquido infuso a fine dialisi per la restituzione del sangue. Durante il follow-up veniva controllato il peso corporeo ad inizio dialisi per escluderne un progressivo aumento. Quando si aveva un aumento significativo (>1/2 Kg) in ciascuna di tre dialisi successive, si procedeva ad aumentare le dosi di furosemide. Quanto si raggiungeva la dose soglia (1 g/die) si aggiungeva del metolazone (5 – 10 mg/die). Quando il peso continuava ad aumentare si procedeva con l’ultrafiltrazione meccanica. Lo stato di idratazione veniva valutato periodicamente (circa annualmente) mediante impedenziometria (Chamney PW, et al. Kidney Int 2002; 61 :2250-58) e mediante la valutazione dell’ecografia toracica (metodo delle comete) (Gargani L. Ultrasound 9: 6, 2011, Mallamaci F, et al. JACC Cardiovasc Imaging 3: 586–594, 2010) . Nei soggetti sottoposti ad osservazione veniva  monitorizzata la FRR, calcolando il VFG mediante la formula Cl.Creatina+ Cl. Urea/2. Nei pazienti con un difficile controllo pressorio, ovvero pazienti con PA costantemente superiore ai 140/90 mmHg o pazienti che necessitavano di 3 o più farmaci per mantenere normale la PA, veniva progressivamente abbassato il sodio nel bagno dialisi fino ad arrivare, a regime, ai 130 mEq/L. In alcuni casi (4 soggetti) si è applicata una sottrazione convettiva di sodio, inducendo un ultrafiltrazione fino a due litri e sostituendo l’ultrafiltrato con una infusione contemporanea di soluzione salina ipotonica o acqua distillata.

Risultati

Durante il follow-up una diuresi residua efficace veniva conservata fino alla fine dell’osservazione in 13 dei 19 soggetti non trattati dall’inizio con ultrafiltrazione. Nei restanti 6 si assisteva ad un progressivo aumento del peso corporeo il che rendeva necessaria una certa dose di ultrafiltrazione meccanica. L’ultrafiltrazione a sua volta si associava ad una ulteriore riduzione della diuresi. Tale circolo vizioso portava nel giro di qualche mese alla scomparsa della FRR. Durante il follow-up 2 dei 13 soggetti non sottoposti ad ultrafiltrazione uscirono dall’osservazione: uno deceduto a causa di un infarto miocardico, uno trasferito ad altro centro. Inoltre uno dei 6 pazienti nei quali la diuresi si era progressivamente ridotta accusò un decesso per cause imprecisate. Negli altri soggetti veniva conservata fino al termine dell’osservazione una diuresi efficace, tale da non rendere necessario praticare una ultrafiltrazione meccanica per evitare iperidratazione. I grafici  mostrano l’andamento della diuresi (Figura 2) e del VFG (Figura 3) durante il follow-up. In nessuno dei soggetti sottoposti ad osservazione si ebbero episodi di edema polmonare o dispnea acuta. In nessuno furono necessarie dialisi aggiuntive o ultrafiltrazioni di emergenza. Lo stato di idratazione valutato sia clinicamente (assenza di edemi declivi), sia con impedenziometria e/o ecografia toracica, si mantenne nei limiti della norma, in tutti i soggetti meno uno. In questo paziente l’aggiunta di ultrafiltrazione extracorporea normalizzò lo stato di idratazione , senza indurre una riduzione della diuresi. Il numero di “comete” (B lines) valutato alla fine del follow up, era inferiore a 5 in nove soggetti ed inferiore a 15 in due soggetti. In nessun soggetto furono misurate più di 15 comete. In tutti i pazienti sottoposti d osservazione il controllo pressorio risultò agevole, con una media dei valori pressori pre-dialitici nei limiti della norma. Annualmente tutti i pazienti furono sottoposti ad un controllo con ABPM (tabella1). I valori pressori delle 24 ore alla fine del Follow-up, risultarono normali.

Tabella 1. Valori pressori misurati con apparecchio automatico, nelle 24 ore, al termine del periodo di follow up.

Valori 24 ore (mmHg)

Valori diurni (mmHg)

Valori notturni (mmHg)

PAS 123 + 11

PAS 126 + 14

PAS 119 + 74

PAD 71 + 7

PAD 74 + 6

PAD 65 + 8

PAM 89 + 7

PAM 93 + 7

PAM 83 + 6                

I valori di beta-2-microglobulina si mantennero più bassi nei pazienti che conservarono la diuresi residua rispetto ai valori medi della restante popolazione dialitica, nonostante che in 6 dei soggetti a diuresi conservata fosse stato mantenuto un ritmo dialitico bisettimanale. Il grafico mostra l’andamento medio della beta-3-micro nei soggetti in osservazioni ed nella restante popolazione del centro esaminata durante i primi due anni di dialisi (Figura 4).

La natremia al termine di ogni seduta dialitica tendeva a diminuire avvicinandosi progressivamente ai valori del bagno dialisi (132-130 mEq/L). Tuttavia durante l’intervallo dialitico tornava a crescere, ritornando ai valori predialiti precedenti. La tabella descrive l’andamento della natremia pre-dialitica durante il follow-up. Quindi la iponatremia indotta dal bagno a basso sodio si è rivelata asintomatica e transitoria e non si è tradotta in iponatremia cronica, come dimostra il suo andamento durante il follow-up (Figura 5).

Discussione

Il nostro approccio che permette di tener separate l’eliminazione dei liquidi (mediante la diuresi residua) da quello del sodio (anche attraverso meccanismi artificiali, prevalentemente diffusivi) consente di conciliare due esigenze contrapposte: a) la necessità di evitare le brusche riduzioni del volume plasmatico durante la seduta dialitica, il che favorisce la conservazione di una FRR; b) La necessità di rimuovere abbastanza sodio per consentire un buon controllo della PA. Va infatti considerato che alla quantità di sodio sottratta per diffusione o mediante “emofiltrazione” del sodio (ottenuta sostituendo l’ultrafiltrato con soluzioni ipotoniche o acqua distillata), si è aggiunta  la quantità di sodio eliminato per mezzo della diuresi residua che si è mantenuta molto più a lungo in assenza di ultrafiltrazione. Inoltre la dialisi a basso sodio, limitando la sete, contribuisce a mantenere normale lo stato di idratazione del paziente. Tutto ciò ha permesso di controllare agevolmente l’inflazione idro-sodica, tipica dell’insufficienza renale terminale, e quindi di controllare  l’ipertensione nella maggioranza dei pazienti. I nostri dati mostrano un buon controllo della PA sia misurata, prima della dialisi, sia misurata nelle 24 ore con apparecchio automatico, un metodo molto utile nei soggetti in dialisi cronica (Agarwal R, et al. Kidney Int  2006; 69 : 900 – 906). Non si sono inoltre manifestati segni di iperidratazione, valutati sia clinicamente che mediante impedenziometria e ultrasonografia, il che è segno di una eliminazione sufficiente dell’acqua corporea.

L’uso cronico di un dializzato a basso sodio può sollevare perplessità per il rischi della sindrome da squilibrio osmotico, ipotensione intradialitica,  crampi. (Locatelli F, et al. Semin Nephrol. 2001; 21: 291-7) Tuttavia la nostra osservazione mostra che nonostante il basso sodio nel bagno dialisi, in assenza di ultrafiltrazione, non si hanno collassi intradialitici, ne crampi. Quindi si può ipotizzare che il bagno dialisi ipotonico porti ai classici sintomi su descritti solo se associato a rapida ed intensa ultrafiltrazione ed è invece ben tollerato in assenza di essa. In effetti la scarsa tolleranza dialitica al bagno iposodico era poco evidente nelle dialisi degli anni ’60, effettuate con bagno ipotonico (fino a 126 mEq/L), ma di lunga durata, e con basso tasso di ultrafiltrazione oraria (7). Va infine considerato che la iponatremia indotta dal bagno a basso sodio è asintomatica e transitoria e non si traduce in iponatremia cronica.

Conclusione

La nostra osservazione permette di formulare l’ipotesi  che evitando l’ultrafiltrazione, nei pazienti a diuresi conservata, si possano ottenere due importanti risultati: a) ottenere la scomparsa degli episodi di ipotensione intradialitica, dato importante alla luce di studi che legano la presenza delle ipotensioni intradialitiche alla mortalità (Shoji T, et al. Kidney Int.2004; 66 :1212 – 20). b) favorire, evitando le brusche riduzioni del volume plasmatico centrale, il mantenimento della funzione renale residua. Va tuttavia considerato che la natura osservazionale del nostro studio non permette conclusioni definitive sul nesso causale  tra l’assenza di ultrafiltrazione ed il mantenimento della FRR, nesso che andrebbe provato tramite un Trial randomizzato, controllato.