Sindrome lupus-simile con interessamento neurologico e renale in corso di terapia con adalimumab per morbo di Crohn

Introduzione

Il TNFalfa è una citochina infiammatoria. La sua inibizione è di recente emersa come una terapia efficace per patologie reumatiche e disordini autoimmuni, tra cui anche il Crohn. Nella terapia del morbo di Crohn in particolare adalimumab è risultato efficace anche in pazienti in cui l’infliximab aveva fallito (Da W – 2013 [1]).

Aumentando il numero di pazienti trattati, un nuovo spettro di reazioni avverse sono state osservate. Le più note sono le infezioni opportunistiche, i disordini demielinizzanti e linfoproliferativi. Più recentemente sono state osservate positività anticorpali asintomatiche (anticorpi antinucleo (=ANA) e antiDNA) e malattie sistemiche autoimmuni pericolose per la vita. Tra queste vasculiti e sindromi lupus-simili (DILS=drug-induced lupus-like syndrome, TAILS=TNFalfa antagonist-induced lupus-like syndrome) sono le più frequenti.

La sindrome lupus-simile (DILS) è una variante del LES (=lupus eritematoso sistemico) che insorge dopo l’inizio della terapia e deve essere sospettata e riconosciuta precocemente, in quanto normalmente essa si risolve entro giorni/mesi dalla sospensione del farmaco. Un farmaco può anche indurre un flare di un LES magari misconosciuto, in tal caso di solito il tempo di esposizione è più breve, il meccanismo è più rapido. La diagnosi differenziale tra queste due situazioni è talora difficile (Figura 1). Si ritiene che il 10% dei LES negli Stati Uniti siano dei DILS. Rispetto ad altri farmaci nel lupus indotto da antiTNFalfa (TAILS) sono più frequenti la positività a dsDNA, l’ipocomplementemia, i sintomi sistemici e cutanei, il coinvolgimento renale e le sierositi (Haake – 2007 [2]) (Stokes – 2013 [3] (full text)).

Il numero dei casi segnalati da antiTNFalfa è in aumento, soprattutto per infliximab e etanercept, in minor misura per adalimumab, forse solo perchè in uso da meno tempo.

In uno studio condotto su pz affetti da artrite reumatoide trattati con antiTNFalfa, il 14% sviluppava antiDNA e meno dell’1% sintomi. Il riconoscimento di questa patologia può essere difficile (“Rubin RL – 2015 [4]“). Il periodo di tempo tra l’inizio del farmaco e l’insorgenza dei sintomi può variare da settimane a mesi (41 settimane in media, “Ramos-Casals M – 2008″ [5]).

In una recente review sulle malattie autoimmuni indotte dagli antiTNF, 233 casi sono stati identificati, tra questi si è osservata una prevalenza di vasculite nel 48% e di TAILS nel 39% (44% dei casi da infliximab, 40% etanercept e 16% adalimumab), in minor percentuale un’interstiziopatia polmonare (Ramos-Casals – 2007 [6]).

Il coinvolgimento neurologico e renale è invece piuttosto raro; un caso segnalato di coinvolgimento del sistema nervoso centrale (Vannucchi – 2011 [7] (full text) Il quadro istologico renale più frequentemente osservato in pazienti trattati con antiTNFalfa per malattie reumatologiche è stato quello della nefrite lupica proliferativa o della glomerulonefrite proliferativa extracapillare necrotizzante (Haake – 2007 [2]) (Stokes – 2013 [3] (full text)), meno frequente la nefrite interstiziale granulomatosa (Korsten – 2010) [8].

Descrizione del caso

Presentiamo il caso clinico di una paziente affetta da morbo di Crohn in terapia con adalimumab, con diagnosi tardiva di TAILS con interessamento prevalentemente neurologico, renale e articolare e completa risoluzione della sintomatologia con terapia steroidea a boli seguita da terapia orale.

G.L. F 64 anni

Nella storia clinicia ipertensione arteriosa, sindrome depressiva, ipotiroidismo in trattamento con l-tiroxina, pregressa colecistectomia.

Dal 2002 diagnosi di morbo di Crohn, trattato con mesalazina e steroide, sottoposta a resezione ileo-colica e intervento per fistola perianale estesa al gluteo. Negli ultimi due anni in trattamento con adalimumab 40 mg sc ogni 14 giorni.

Nel 2014 intervento per stenosi del canale lombare L3-L4 ed ernia discale L5-S1.

Da alcuni mesi astenia ingravescente, artromialgie diffuse e nelle ultime settimane sonnolenza.

24/9/2014 Ricoverata d’urgenza per sospetta setticemia. All’ingresso in ospedale la paziente presentava febbre, gravi artromialgie diffuse con impotenza funzionale e grave compromissione del sensorio, in progressivo peggioramento. Gli esami mostravano una positività per ANA 1:640 pattern omogeneo, con antidsDNA negativi e RNP debolmente positivi, debole positività anticardiolipina, LAC debolmente positivo, ipoC3, ANCA negativi, leucopiastrinopenia e anemia, lieve insufficienza renale con proteinuria intorno a 2 grammi/die e microematuria, cilindruria (sindrome nefritica acuta). L’urocoltura risultava positiva per E.coli con ampio spettro di sensibilità agli antibiotici testati. Le emocolture risultavano invece tutte negative e la terapia antibiotica impostata (piperacillina + tazobactam, teicoplanina, meropenem) non aveva ottenuto risultati sulla sintomatologia e sulla febbre. All’eco dei tessuti molli al braccio tendinomiosite infiammatoria, non infettiva. La TAC non evidenziava raccolte ascessuali. Venivano eseguiti accertamenti volti ad escludere leucoencefalopatie, risultati tutti negativi. L’angioRMN cerebrale escludeva la presenza di alterazioni vascolari artero-venose.

Nell’ipotesi di LES indotto dal farmaco veniva impostata terapia con tre boli da un grammo di metilprednisolone con rapida risoluzione dello stato di coma, della febbre, delle artralgie e delle alterazioni ematologiche, normalizzazione del complemento. Veniva nei giorni seguenti proseguita la terapia steroidea per via orale con graduale regressione delle anomalie urinarie e normalizzazione della funzione renale, persistenza della positività degli ANA. 

A 1 anno dall’episodio persiste uno stato di benessere; il quadro neurologico si è normalizzato. L’angioRMN encefalo mostra esiti gliotici (invariati rispetto al primo controllo); la funzione renale è normale, in assenza di proteinuria; persiste positività degli ANA 1:640 con antiDNA negativi con complementemia nella norma. Non sintomi sistemici, non artralgie. È in corso lo scalaggio dello steroide in accordo tra nefrologo e reumatologo; su indicazione gastroenterologica ha recentemente sostituito prednisone 5 mg/die con budesonide 6 mg al giorno con stabilità del morbo di Crohn.

Meccanismo fisiopatologico

Il meccanismo ipotizzato è il legame del farmaco alla superficie cellulare con induzione dell’apoptosi e rilascio di autoantigeni antinucleosomali e induzione di anticorpi antidsDNA oppure la soppressione dei t helper tipo 1 può aumentare i tipo 2 con iperproduzione di autoanticorpi. Infine una possibile causa può essere la maggior esposizione a infezioni batteriche di questi pazienti. 

Una predisposizione genetica può avere un ruolo. Per esempio la velocità di acetilazione può costituire un fattore predisponente. Ciò spiegherebbe anche l’insorgenza della sindrome in pazienti con età più avanzata, con ridotta eliminazione del farmaco.

Conclusioni

I farmaci biologici, già ampiamente utilizzati per la terapia di malattie reumatologiche, rappresentano oggi un valido strumento nelle mani del gastroenterologo per il trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Tra gli effetti collaterali una sindrome lupus-simile; se riconosciuta precocemente si risolve con la sospensione del farmaco, altrimenti il quadro può essere molto grave con interessamento neurologico e renale oltre che sistemico, con necessità di trattamento farmacologico.

La diagnosi differenziale con il LES può essere difficile. La determinazione degli ANA prima dell’avvio del trattamento potrebbe essere un valido aiuto. 

Non è chiaro se la presenza di positività per gli ANA durante la terapia possa avere un ruolo predittivo sull’insorgenza della sindrome e non è a tutt’oggi chiarito se sia opportuno un monitoraggio degli stessi.