INTRODUZIONE
Il rallentamento della conduzione dell’impulso sinusale dall’atrio destro al sinistro è noto come blocco interatriale. Esso è diagnosticabile con il comune ECG in presenza di un’onda P di durata pari o superiore a 120 ms (Figura 1) (Bayes de Luna A 2012 [1]). L’appropriatezza della misura è cruciale per la corretta diagnosi (Marano M 2013 [2], Marano M 2015 [3]) (Figura 2).
Il blocco interatriale, espressione di danno o semplicemente di sovraccarico emodinamico a livello atriale, è clinicamente asintomatico ma può determinare disfunzione elettromeccanica ed ingrandimento atriale sinistro (Spodick DH 2001 [4]). Il rallentamento della velocità di conduzione è un substrato elettrofisiologico che predispone al flutter ed alla fibrillazione atriale. Queste aritmie si associano soprattutto al blocco di grado avanzato (Conde D 2015 [5], Conde D 2015 [6]), caratterizzato da interruzione della conduzione lungo le normali vie di connessione tra gli atri ed attivazione retrograda – in senso caudocraniale – dell’atrio sinistro. Tale anomala depolarizzazione è facilmente diagnosticabile per la presenza, nelle derivazioni inferiori, di onde P bifasiche con seconda componente negativa (Figura 1, Figura 3). Quando il blocco interatriale di grado avanzato è associato ad insorgenza di fibrillazione o flutter atriale si configura la diagnosi di Sindrome di Bayes per la quale è stata proposta terapia antiaritmica ed eventualmente anticoagulante (Bayes de Luna A 1989 [7] Conde D 2015 [5]).
Anche nei dializzati il prolungamento della durata dell’onda P si associa alla comparsa di fibrillazione atriale (Genovesi S 2015 [8]), aritmia particolarmente frequente in questa popolazione (Genovesi S 2005 [9]). La riduzione intradialitica del potassio, rallentando ulteriormente la velocità di conduzione, favorisce inoltre l’insorgenza delle forme parossistiche (Severi S 2010 [10], Genovesi S 2015 [8]).
La prevalenza del blocco interatriale è anch’essa elevata (59-62%) in questi pazienti (Solak Y 2013 [11], Astan R 2015 [12], Bilen Y 2015 [13], Marano M 2015) [14], in parte per effetto dell’età avanzata, ma verosimilmente anche per il coinvolgimento atriale in corso di cardiomiopatia uremica (Paoletti E 2014 [15]). La prevalenza della forma avanzata è circa 10% (Solak Y 2013 [11], Astan R 2015 [12], Bilen Y 2015 [13], Marano M 2015 [14]) e di questa sono state descritte anche forme intermittenti (Enriquez A 2015 [16]) (Figura 4). In altri contesti il blocco di grado avanzato regredisce per effetto di appropriata terapia (Baranchuk A 2013 [17]) lasciando supporre che la sua reversibilità possa essere espressione di rimodellamento inverso atriale. La potenziale reversibilità potrebbe rendere il blocco avanzato un marker surrogato di outcomes cardiovascolari.
Nonostante si ritenga che il blocco interatriale rappresenti un marker non invasivo di suscettibilità alle aritmie anche nei pazienti dializzati (Marano M 2014 [18]), in questa popolazione esistono solo poche ed indirette evidenze e mancano del tutto dati sulla mortalità.
CASISTICA E METODI
La comparsa di fibrillazione atriale e l’evento “morte” per qualsiasi causa sono stati retrospettivamente indagati in una coorte di 75 pazienti emodializzati (48 maschi; età media 69.2 ± 11.2 anni; in trattamento dialitico da 50.6 ± 50.8 mesi) oggetto di una precedente ricerca (Marano M 2015 [14]). I pazienti erano suddivisi in tre gruppi in base alla presenza e al grado del blocco interatriale (assenza di blocco, blocco parziale e blocco avanzato) e sottoposti a follow up di 22 mesi (follow up di 581, 588 e 430 giorni/persona nei tre gruppi rispettivamente). Le caratteristiche della popolazione al basale sono riportate in Figura 5. I pazienti con blocco avanzato, rispetto a quelli senza blocco, con maggior frequenza erano affetti da cardiopatia ischemica (71% vs 29%; p=0.036). Il 25% dei pazienti con blocco interatriale (rispetto al 6% dei pazienti senza blocco, p=0.037) assumeva già farmaci antiaritmici senza differenza tra quelli con forma parziale ed avanzata. I pazienti con blocco avanzato avevano un incremento ponderale interdialitico (2.233%) minore rispetto a quelli con blocco parziale (3.254%; p=0.019) e a quelli senza blocco (3.096%; p=0.04). Nel corso del follow up tutti i pazienti sono stati sottoposti a controllo cardiologico con cadenza semestrale ed ogni qual volta richiesto da esigenze cliniche.
RISULTATI
Durante il follow up 2 pazienti sono stati trapiantati e 2 si sono trasferiti (in nessuno dei 4 erano state segnalate aritmie). In 11 pazienti è stata documentata fibrillazione atriale (6 di questi 11 pazienti sono successivamente deceduti) e complessivamente sono stati registrati 26 decessi.
Nella seguente tabella sono riportati gli eventi in dettaglio.
Fibrillazione atriale N° pazienti (%) |
Decesso N° pazienti (%) |
|
Assenza di blocco (31 pz) | 3 (9.7%) | 10 (32.2%) |
Blocco parziale (37 pz) | 5 (13.5%) | 11 (29.8%) |
Blocco avanzato (7 pz) | 3 (42.9%)§ | 5 (71.0%)^° |
§ p= 0.026 vs assenza di blocco (test chi-quadro) |
^ p= 0.035 vs blocco parziale ° p= 0.055 vs assenza blocco (test chi-quadro) |
Nella Figura 6 sono rappresentate le curve di Kaplan-Meier relative ai tre gruppi di pazienti (Rank-Log test p=0.052)
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Nonostante gli evidenti limiti (studio retrospettivo su esiguo numero di pazienti, breve follow up durante il quale le forme parossistiche di fibrillazione atriale sono state certamente sottodiagnosticate, risultati ai limiti della significatività statistica) la presente ricerca rappresenta la prima evidenza che il blocco avanzato si associa ad outcomes sfavorevoli anche nei dializzati. Infatti, nel corso del follow up sia la fibrillazione atriale che i decessi sono stati significativamente più frequenti nel gruppo di dializzati con blocco interatriale di grado avanzato, possibilmente come conseguenza delle comorbidità cardiovascolari. Di queste il blocco avanzato potrebbe rappresentare un marker non invasivo. Analogamente a quanto prospettato per la Sindrome di Bayes – presenza di blocco interatriale avanzato e comparsa di fibrillazione atriale – anche nei pazienti dializzati che presentino l’associazione di tali condizioni potrebbe essere valutata l’efficacia di una terapia farmacologica con antiaritmici ed anticoagulanti.