QUALE FUTURO PER I CATETERI VENOSI CENTRALI DA DIALISI? L’ESPERIENZA DEL CENTRO DIALISI POLICLINICO SAN MATTEO DI PAVIA

Razionale

L’accesso vascolare rappresenta tuttora il vero “tallone d’Achille” dell’emodialisi. Le Linee Guida KDOQI raccomandano la fistola artero-venosa nativa quale accesso vascolare ideale in quanto garantisce i più elevati flussi ematici al rene artificiale, ha la maggiore durata nel tempo e presenta il minor rischio di complicanze infettive e trombotiche. Fluck R. Renal Association Clinical Practice Guideline on vascular access for haemodialysis Nephron Clin. Pract. 2011  [1]Tuttavia l’allungamento della vita media e soprattutto la patologia vascolare nei pazienti in emodialisi rendono spesso difficile il confezionamento di un accesso vascolare nativo. Per tale motivo un’ampia percentuale di pazienti dializzati utilizza il catetere venoso centrale (CVC) quale accesso vascolare permanente. Moist et al. Relationship between Blood Flow in Central Venous Catheters and Hemodialysis Adequacy  CJASN 2006 [2] (full text) Negli ultimi la geometria dei CVC, in particolare il design della punta, è stata migliorata al fine di ottenere il minor ricircolo possibile e di conseguenza la massima efficienza dialitica. Stephen R. Ash Advances in tunnelled central venous catheters for dialysis Sem. Dial. 2008 [3] In questo studio abbiamo analizzato la performance e le caratteristiche dei CVC tunnellizzati nei pazienti afferenti al nostro Centro Dialisi.

Metodi

Sono stati arruolati i pazienti portatori di CVC cuffiato tunnellizzato dal 1.1.11 al  30.6.14 con un follow up minimo di 3 settimane. I pazienti sono stati suddivisi in base al design del CVC: a punta coassiale (tipo Soft-cell, di calibro 12.5 Fr); a punta splittata (tipo Hemosplit, Equistream, Cannon, di calibro 14.5-16 Fr); CVC tipo Tesio (2 lumi di calibro 10 Fr) Figura 1. Per ogni paziente sono stati considerati la sede e la durata del CVC; i flussi ematici medi mensili (Qb espresso in ml/min), le pressioni medie mensili di accesso (PA, in mmHg) e di rientro (PV, in mmHg) del circuito extracorporeo; la conduttanza del CVC (espressa come rapporto Qb/PA); il single pool KT/V (spKT/V); la dose di eparina non frazionata utilizzata per l’anticoagulazione del circuito dialisi. L’end point primario era la prevalenza di disfunzione del CVC, definita come Qb ≤ 250 ml/min, o in alternativa, la presenza di almeno due dei seguenti criteri: conduttanza < 1.2, valori di PA > 250 mmHg, PV > 250 mmHg, funzionamento a branche invertite per almeno il 25% delle sedute dialitiche, spKT/V medio mensile < 1.2, necessità di > 1 somministrazione mensile di fibrinolitico (urokinasi). Figura 2 Griffiths et al. Impact of Hemodialysis Catheter Dysfunction on Dialysis and OtherMedical Services: An Observational Cohort Study Int J Nephr 2012 [4] (full text) Sono stati considerati eventuali interventi farmacologici (somministrazione di trombolitico prima della sedute dialitiche, terapia anticoagulante orale [TAO]) e non (come ad es. esami angiografici, riposizionamento del CVC, visite ambulatoriali specialistiche presso il Servizio Accessi Vascolari di riferimento) per migliorare la performance dell’accesso. E’ stata inoltre valutata l’incidenza di complicanze infettive (batteriemia e sepsi) correlate al CVC, tali da richiedere terapia antibiotica in lock-therapy. L’analisi statistica è stata condotta mediante test adeguati alla natura e alla distribuzione delle diverse variabili. 

Risultati

Sono stati arruolati 49 emodializzati cronici, di età compresa tra 21 e 90 anni, 65% di sesso maschile, 35% di sesso femminile. L’età media dei soggetti al momento dell’arruolamento era 63.7 ± 17.9 anni. L’età media dei pazienti portatori di CVC aumentava tra il gennaio 2011 (63.5 ± 16.2 anni) e il giugno 2014 (67.2 ± 14.6 anni). Nello stesso periodo, anche la prevalenza dei portatori di CVC aumentava (18.7% vs 27.9%). Nel corso del follow-up sono stati raccolti dati su 63 CVC, per un periodo di osservazione complessivo di 15176 giorni/paziente. Le sedi del CVC erano: 77,8% in vena giugulare interna destra; 19% in vena giugulare interna sinistra; 3% in vena succlavia sinistra. Il 32,6% dei pazienti era portatore di CVC in attesa di confezionamento o maturazione della fistola artero-venosa o di posizionamento di catetere peritoneale; nei restanti casi il CVC rappresentava l’accesso vascolare definitivo. I diversi tipi di CVC erano così ripartiti: 47.6% coassiali, 33.3% a punta splittata e 19% tipo Tesio. L’incidenza di malfunzionamento dell’accesso vascolare si riscontrava nel 76.7% dei CVC coassiali, 47.6% dei CVC splittati, 25% dei CVC Tesio. Figura 3 Il Qb medio dei coassiali era 246.9 ± 24.5 ml/min, con spKT/V 1.23 ± 0.23; gli splittati presentavano Qb medio di 262.8 ± 28.9 ml/min con spKT/V 1.22 ± 0.2; infine per i CVC Tesio il Qb era 260.8 ± 30.1 ml/min con spKT/V 1.31 ± 0.22. Le differenze tra il Qb medio dei CVC coassiali e quello dei CVC splittati erano statisticamente significative (P=0.03). Figura 4 I CVC Tesio hanno richiesto una dose significativamente maggiore di eparina intradialitica rispetto ai CVC coassiali (5200 UI vs 3790 UI rispettivamente); analogamente, la richiesta di fibrinolisi periodica era maggiore nei CVC Tesio rispetto ai coassiali (14.7% delle sedute mensili vs 6.7% rispettivamente). Non erano presenti differenze significative per queste variabili tra i gruppi sopra indicati e quello dei CVC splittati. La sopravvivenza media per ciascun tipo di CVC era significativamente maggiore per i Tesio (664 ± 432.9 giorni vs splittati 225.5 ± 216.1 giorni vs coassiali 234.8 ± 273.6 giorni). Il 46.9% dei pazienti con CVC assumeva TAO; il 30,5% di questi praticava tale terapia solo a scopo di profilassi anti-trombotica del CVC. La maggior parte di tali pazienti rientrava nel gruppo dei portatori di CVC Tesio (in particolare il 41,7% dei portatori di CVC Tesio, il 10% dei portatori di CVC coassiali e il 9.5% dei portatori di CVC splittati). Un’analogo risultato è emerso nell’analisi degli interventi non farmacologici volti a migliorare l’efficienza e la durata dell’accesso vascolare: cateterografia, riposizionamento, PTA, visita specialistica presso il Servizio Accessi Vascolari. Tali interventi si sono resi necessari per il 20% dei CVC coassiali, per il 19% dei CVC a punta splittata e per il 58% dei CVC Tesio. Infine sono state valutate le complicanze infettive (batteriemia e sepsi) tali da richiedere terapia antibiotica in lock-therapy (con vancomicina o gentamicina). Queste occorrevano nel 13.3% dei CVC coassiali, nel 42,9% dei CVC splittati e nel 33.3% dei CVC Tesio.

Discussione e conclusioni

Nel nostro Centro vi è stato negli ultimi anni un significativo incremento dell’utilizzo di CVC tunnellizzati quale accesso vascolare permanente per emodialisi. Al fine di individuare possibili fattori correlati alla funzionalità dei CVC, abbiamo confrontato le performance dei degli stessi suddividendoli in base ai design della punta oggi disponibili. Dall’analisi dei risultati emerge che i CVC a punta coassiale sono risultati quelli con flusso ematico inferiore e la più elevata percentuale di malfunzionamento, pur garantendo un spKT/V adeguato secondo quanto raccomandato dalle Linee Guida KDOQI. I CVC a punta splittata e i CVC di Tesio hanno consentito il raggiungimento di flussi ematici mediamente più elevati, con un tasso di malfunzionamento significativamente più basso, seppur non trascurabile. E’ verosimile che a ciò abbia contribuito il maggior calibro del CVC e la morfologia della punta, progettata per minimizzare il ricircolo ematico. Inoltre i CVC di Tesio sono risultati quelli con una sopravvivenza maggiore, anche se a spese di un ricorso significativamente maggiore a trattamenti farmacologici e non. In conclusione, i nostri dati evidenziano una significativa influenza della tipologia di CVC nella performance dello stesso a lungo termine. Tuttavia, i CVC Tesio e a punta splittata sono gravati da costi maggiori rispetto ai CVC a punta coassiale; costi tali da non consentire un loro impianto indiscriminato. In accordo a un’accurata gestione delle risorse, la nostra indagine suggerisce l’opportunità di utilizzo dei CVC coassiali per brevi periodi (al massimo 3-6 mesi) come bridge al confezionamento dell’accesso vascolare nativo; è preferibile invece riservare CVC splittati e Tesio a pazienti in cui non è possibile confezionare un accesso vascolare nativo o in cui la dialisi peritoneale non sia praticabile. Anche se sconsigliato dalle Linee Guida, il ricorso al catetere venoso centrale permanente per emodialisi rimane una scelta obbligata per una considerevole quota di dializzati, soprattutto in relazione all’allungamento della vita media della popolazione dialitica. Quest’ultimo dato è stato confermato dall’analisi del nostro Centro, in cui l’età media dei pazienti in cui l’età media dei soggetti in cui si rendeva necessario posizionare un CVC è aumentata nel tempo.