Pseudoaneurisma brachiale a monte di FAV distale funzionante: scelta terapeutica

Razionale

Lo pseudoaneurisma dell’arteria brachiale, è una rara (0,02% circa), ma temibile complicanza in corso di emodialisi, le cui cause sono da ricercare nella eccessiva contiguità anatomica con la vena arterializzata da venipungere.

La tendenza alla rapida crescita dello pseudoaneurisma può determinare nel giro di poco tempo una neuropatia ed una trombosi venosa dovuta alla concomitante compressione dei limitrofi nervi e vene, inoltre si può verificarsi una sovra-infezione , una ischemia a valle dovuta ad un’ embolizzazione di un trombo murale e, considerando la delicatezza della sua parete, la complicanza più temibile, ovvero la sua rottura con conseguente importante emorragia.

Si rende pertanto necessario un trattamento rapido ed efficace. In letteratura ve ne sono descritti diversi, tra cui indicati la compressione eco-guidata, l’iniezione eco-guidata di trombina e l’esclusione chirurgica. Indispensabile riuscire a trovare l’opzione terapeutica migliore nel più breve tempo possibile.

Casistica e Metodi

Un pz di aa 32, sottoposto a terapia emodialitica da 36 mesi si presentava con una massa pulsante in corrispondenza della fossa antecubitale sn a circa 12cm dalla FAV distale. All’esame ecocolor Doppler si riscontrava uno pseudoaneurisma rifornito del calibro di 24 x 27 mm, in rapida crescita, con sottile parete di contenimento verosimilmente da puntura accidentale, forse ripetuta, dell’arteria brachiale, ed iniziale progressiva sofferenza cutanea sovrastante.

Il pz, previo posizionamento di Catetere Venoso Centrale tunnellizzato “Long Term” onde continuare ad assicurare il trattamento extracorporeo, veniva sottoposto rapidamente ad intervento chirurgico di esclusione dello pseudoaneurisma ed arteriorrafia con polipropilene 6/0 con ripristino della continuità arteriosa, dopo isolamento di sicurezza dell’A. omerale a monte.

Risultati

L’intervento chirurgico, pur con un prevedibile nè tantomeno evitabile stop della FAV, ha determinato una completa risoluzione dello pseudoaneurisma, scongiurando le possibili conseguenze successive ad una sua rottura.

Nonostante le possibili complicanze descritte legate a tale tipo di chirurgia, ad un follow-up di 3 mesi, il pz non presentava, nè a tutt’oggi (12 mesi) presenta alcun problema motorio o ischemico specifico all’arto superiore, e l’arteria brachiale risultava pervia e senza di stenosi specifiche.

Conclusioni

La diagnosi differenziale con l’aneurisma deve essere repentina, poichè l’aneurisma, presentando una parete più solida si dimostra sicuramente più stabile. Risultando al contrario la parete dello pseudoaneurisma, particolarmente delicata, ed in genere composta da neointima e tessuto fibroso.

Nel caso specifico si è osservato da subito, anche una rapida crescita, con dimensioni triplicate nel giro di poche ore.

Per l’esiguo spessore di parete e la presenza di una FAV funzionante a valle, risultavano, inopportune sia manovre compressive o iniettive che ne avrebbero potuto determinare la rottura con conseguente emorragia, che la possibile embolizzazione con conseguente ischemizzazione distale.

Per le suddette motivazioni l’unica via è stata considerata, da subito, la chirurgia “open”, più sicura ed efficace per il mantenimento di una continuità rteriosa anche nell’ottica di un eventuale futuro riconfezionamento di FAV omolaterale.