NEFRITE LUPICA INSORTA IN PAZIENTE TRATTATO CON RITUXIMAB PER ARTRITE REUMATOIDE

RAZIONALE

Le segnalazioni di patologie autoimmuni associate all’utilizzo di farmaci biologici (bio-DMARD: disease modifying antirheumatic drugs) nel trattamento delle malattie reumatiche sono in progressivo aumento. (Rollino C 2015) [1]

I bio-DMARD maggiormente coinvolti sono: anti-TNFα (in particolare etanercept, infliximab ed adalimumab), abatacept, tocilizumab e, più raramente, rituximab.

Le patologie autoimmuni secondarie a farmaci hanno spesso manifestazioni cliniche/sierologiche “incomplete” rispetto alle idiopatiche (Perez-Alvarez 2013) [2]; sono classificate in sistemiche ed organo specifiche (Figura 1). (Ramos-Casal 2010) [3]

La nefropatia indotta da bio-DMARD è rara e descritta soprattutto nell’ambito delle patologie sistemiche con manifestazioni molto variabili (nefropatia glomerulare, interstiziale e vascolare). La scarsità dei dati disponibili non permette di stabilirne la reale incidenza. 

Nel caso di coinvolgimento renale la sospensione del farmaco è obbligatoria ed il conseguimento della remissione clinica può richiedere eventuale aggiunta di terapia immunosoppressiva specifica. (Piga M 2014) [4]

CASO CLINICO

Uomo di 64 anni, affetto da artrite reumatoide pluritrattata, per 18 anni, con steroide, DMARD e leflunomide. Dal 2004 in TAO per embolia polmonare post-chirurgica con concomitante LAC positività. 

Per scarsa efficacia nel controllo dell’artrite reumatoide introdotti dal 2007 bio-DMARD:

  •  a marzo 2007: breve terapia con etanercept sospeso per porpora diffusa da vasculite leucocitoclasica, nel contesto di quadro clinico interpretato come crioglobulinemia (criocrito positivo, FR aumentato, consumo complementare); quadro non confermato ad esami successivi. 
  • da maggio 2007: trattato con infliximab per un anno, interrotto per recidiva di porpora vasculitica;
  • da maggio 2008: inizia rituximab 1 g ripetuto a distanza di 15 giorni ogni sei mesi (8 cicli), con buona risposta clinica; nell’agosto 2012 interrotto per inefficacia (comparsa di artriti ed artralgie) ed eseguiti boli di metilprednisolone.

Dicembre 2012: esordio di sindrome nefritica con proteinuria >2 g/die; biopsia differita per problematiche legate alla TAO e alla costituzione fisica del paziente.

Maggio 2013: diagnosi di glomerulonefrite proliferativa diffusa lupica IV-S (A) (Figure 2, 3 e 4); agli esami immunologici: antids-DNA negativi, complemento non consumato, crioglobuline negative, ANA positivi (1:160), ENA negativi. È presente piastrinopenia. Viene posta diagnosi di LES (criteri SLICC 2012; Petri M et al 2012) [5].

Alla luce del quadro clinico ed istologico, intrapresa terapia di induzione con boli di steroide (Metilprednisolone 1 g x 3 gg) e ciclofosfamide 750 mg/mq S.C. (1.5 g), interrotta dopo la prima somministrazione per malattia da CMV disseminata. Ripresa successivamente Ciclofosfamide alla dose di 500 mg ogni 15 gg, secondo lo schema “Euro-Lupus”. Alla fine dei cicli, funzione renale stabile (sCr 1.1 mg/dl), minime alterazioni al sedimento urinario, proteinuria in riduzione (1.3g/die). 

Da dicembre 2013 a giugno 2015 vengono tentati plurimi approcci terapeutici per scarso controllo dell’artrite reumatoide: tocilizumab, ciclosporina, abatacept, certolizumab.

Giugno 2015: funzione renale stabile sCr 1.1 mg/dl, proteinuria 0.6 g/die. (Figura 5)

CONCLUSIONI

Con il crescente impiego di farmaci biologici sono aumentate le segnalazioni in letteratura di patologie autoimmuni indotte da questi farmaci.

Nel caso clinico presentato l’intervallo di tempo intercorso tra il trattamento con biologici, in particolare rituximab, e lo sviluppo di LES è suggestivo per una patologia autoimmune indotta da farmaci. Il quadro clinico del nostro paziente non è corredato da un quadro sierologico completo, come d’altra parte riportato in letteratura. (Perez-Alvarez 2013) [2].

La remissione clinica della nefrite lupica è stata documentata a più di un anno dalla sospensione del farmaco imputato (rituximab) e soltanto in seguito alla conclusione della terapia specifica (ciclofosfamide+steroide).

La prescrizione di bio-DMARD richiederebbe una preliminare valutazione clinica, anamnestica ed immunologica del paziente, allo scopo di individuare eventuali condizioni predisponenti lo sviluppo di malattie autoimmuni.

È consigliato un attento monitoraggio clinico e sierologico per cogliere tempestivamente la comparsa di alterazioni urinarie e/o sintomatologia sistemica non correlabile alla patologia di base (Rollino C 2015) [1]