Mortalità da acidosi lattica in corso di terapia con metformina: un mito da sfatare

Introduzione

L’acidosi lattica in corso di terapia con metformina è un evento raro, solitamente associato ad insufficienza renale acuta, e rappresenta una condizione estremamente grave, con elevati tassi di mortalità, spesso non correlati né all’entità dell’acidosi né ai livelli ematici del farmaco (Vecchio S -2014 [1]).

Casistica e Metodi

Nel periodo compreso tra aprile 2012 e marzo 2015 (36 mesi) sono giunti alla nostra osservazione 12 pazienti (5 maschi e 7 femmine, età media 67±9.5 anni, range 57-86 anni), di cui 11 anurici e 1 settica, con un quadro di insufficienza renale acuta (creatinina media 7.8±2.2 mg/dl, range 3-12 mg/dl), acidosi metabolica (pH medio 7.04±0.2, range 6.8-7.42, bicarbonatemia media 7.5±2.2 mmol/L, range 2-19 mmol/L, BE medio -22± -13 mmol/L, range -6 -31 mmol/L), iperlattatemia (media 11.48±5.1 mmol/L, range 6-20 mmol/L) e iperpotassiemia (media 6.51±1.0 mmol/L, range 5.2-8.5 mmol/L).

In tutti i casi sintomi gastrointestinali (vomito, diarrea) o febbre avevano preceduto l’invio in ospedale. In 8/12 pazienti era in corso terapia con ACE-inibitore e/o sartano.

In tutti i pazienti è stata immediatamente avviata terapia alcalinizzante, procedendo contestualmente al posizionamento di catetere venoso coassiale, ricovero in ambiente intensivistico e avvio di trattamento sostitutivo mediante emodiafiltrazione in continuo (CVVHDF). La terapia anticoagulante è stata prescritta in 10 pazienti utilizzando eparina sodica, in 2 impiegando anticoagulazione loco-regionale con citrato (RCA) per il coesistente rischio di sanguinamento (Pozzato M – 2012 [2]).

Risultati

Nei 10 pazienti trattati con eparina sodica si è utilizzato un dosaggio medio di 12±4.1 U/Kg/h con un valore medio di ACT di 166±14 sec, nei 2 pazienti trattati con RCA è stato impiegato un dosaggio di citrato di 3 mmol/L, con buon controllo della calcemia ionizzata sistemica (media 1.18±0.08 mmol/L) e ottima scoagulazione del circuito (calcemia ionizzata post filtro media di 0.32±0.01 mmol/L) (Fiaccadori E – 2015 [3]).

È stata prescritta e somministrata una dose convettiva media in pre- post-diluizione di 28.5±5.5 ml/Kg/h, e una dose diffusiva media di 20.6±4.8 ml/Kg/h.

La dose somministrata è risultata identica alla prescritta in virtù di un downtime mediano di 8 min (range 0-120 min), correlato essenzialmente al cambio dei circuiti. (Tabella 1)      

In 11/12 pazienti, dopo un tempo medio di 43.5±26.2 ore di terapia dialitica (mediana 35 ore, range 16-93 ore), si è ottenuta una graduale ripresa diuretica, un progressivo e significativo miglioramento funzionale (creatinina media alle dimissioni 1.5±0.6 mg/dl, p<0.00001), un miglioramento significativo fino alla completa normalizzazione alle dimissioni del pH medio (7.38±0.1, p< 0.0001),  della bicarbonatemia media (25.08±3.2 mmol/L), della lattatemia (1.88±0.9 mmol/L, p< 0.0001) e della potassiemia (4.23±0.4 mmol/L, p< 0.00001). (Figura 1, 2, 3, 4)

In un solo caso, una donna molto anziana (86 anni), si è avuto l’exitus nonostante il trend in progressivo miglioramento di tutti i parametri metabolici, a fronte di decisione condivisa con i familiari di sospendere il trattamento per polipatologia di base, in particolare progressivo decadimento neurologico.

Conclusioni

Nella nostra esperienza, un trattamento sostitutivo immediato con CVVHDF in ambiente intensivistico ha consentito di ottenere una elevata sopravvivenza e un rapido miglioramento di funzione d’organo in pazienti critici, con severa acidosi lattica di tipo B complicante la terapia con biguanidi.

L’elevata mortalità, riportata in letteratura in tale situazione per i pazienti con IRA ricoverati in area critica (De Corte W – 2014 [4]), può essere finalmente “sfatata” trattando il paziente in un’ottica multidisciplinare, in maniera aggressiva con ottimizzazione della dose dialitica e adeguata anticoagulazione.