Introduzione
L’emodialisi necessita di un accesso vascolare ad elevato flusso sanguigno, come il catetere venoso centrale (CVC) o la fistola artero-venosa (FAV) su vasi nativi o protesica. Le linee guida in Europa, America e Canada raccomandano l’impiego della FAV come accesso preferenziale per i pazienti emodializzati, per miglior sicurezza e durata (Vascular Access 2006 Work Group [1], Jindal 2006 [2] (full text), Tordoir 2007 [3] (full text), Astor 2005 [4] (full text), Ravani 2013 [5] (full text)). Tuttavia in numerose casistiche si registra un crescente impiego dei CVC (MOIST 2007 [6], Moist 2008 [7] (full text), Either 2008 [8] (full text), Pisoni 2009 [9], Wish 2010 [10]). Scopo del presente studio è identificare gli eventuali fattori che influenzano la scelta del tipo di accesso utilizzato nel nostro centro nei pazienti incidenti, e stabilire in quale misura è possibile eseguire il confezionamento della FAV dopo ulteriori valutazioni, a distanza dall’avvio del trattamento emodialitico.
Metodi
Questo è uno studio osservazionale retrospettivo eseguito nel Centro Dialisi del Presidio Molinette della “Città della Salute e della Scienza” di Torino.
Tutti i pazienti affetti da insufficienza renale cronica che hanno iniziato il trattamento emodialitico tra luglio 2012 e giugno 2013 sono stati inclusi nello studio. Il follow–up di tutti i pazienti è stato di almeno 6 mesi. Sono stati raccolti i dati demografici e clinici (sesso, età, comorbidità principali, follow-up nefrologico prima dell’avvio del trattamento sostitutivo). È stato valutato il tipo di accesso vascolare utilizzato nella prima sessione di dialisi (FAV su vasi nativi, FAV protesiche, CVC temporaneo o tunnellizzato permanente) e l’accesso vascolare presente al termine del follow-up (31 dicembre 2013). I test statistici per verificare l’associazione tra i tipi di accessi vascolari e caratteristiche demografiche e cliniche sono stati effettuati mediante Test esatti di Fisher.
Risultati
Complessivamente sono stati reclutati 28 pazienti. Tredici pazienti hanno avviato il trattamento dialitico mediante CVC temporaneo, 6 con catetere di Tesio, 6 con FAV su vasi nativi e 3 con FAV protesica (Figura 1). Nessuna comorbidità è associata in modo statisticamente significativo alla decisione finale, fatta eccezione per la patologia cardiaca (CAD), intesa come scompenso cardiaco con bassa FE, Bypass coronarici utilizzando le vene mammarie interne, o trapianto di cuore (p = 0,02).
Al termine del periodo di osservazione, 7/19 pazienti che hanno iniziato la dialisi con CVC temporaneo o permanente avevano una FAV o una protesi (6 late referral, 1 a prognosi nettamente migliorata e confezionamento dell’accesso vascolare 5 mesi dopo l’avvio della dialisi); 2/19 pazienti avevano recuperato la funzione renale, permettendo lo svezzamento dal trattamento sostitutivo; 1 paziente era morto dopo meno di sei mesi dall’inizio della dialisi e 3 pazienti erano deceduti prima dell, 1 era in trattamento dialitico peritoneale e 8/19 dializzavano mediante CVC permanente (4 in attesa di confezionamento FAV, 2 ritenuti non idonei al confezionamento FAV per CAD, 1 per linfoma cutaneo e 1 per condizioni generali scadute) (Figura 1). Nessuno dei pazienti che ha iniziato il trattamento mediante FAV ha dovuto proseguire con CVC nel periodo di studio.
Conclusioni
In questa serie di dati, l’uso di CVC come primo accesso per emodialisi è alto. Le ragioni risiedono nel grande numero di late referral e nell’elevato numero di pazienti con comorbidità gravi e scompensate che richiedono l’avvio della dialisi in emergenza. In linea con la letteratura, solo la patologia cardiaca è associato alla scelta del primo accesso vascolare (Wang 2008 [11] (full text)).
In molti casi il confezionamento della FAV avviene a distanza dall’avvio del trattamento emodialitico dopo la stabilizzazione clinica del paziente e solo in pochi casi valutati singolarmente può essere accettata la persistenza del CVC permanente come accesso vascolare definitivo.