Razionale
Nel corso degli ultimi anni una rilevante quota di segnalazioni in letteratura sottolinea i potenziali benefici della presa in carico nell’ambulatorio predialisi (nephrology care), quali la riduzione delle complicanze correlate a CKD, il rallentamento della progressione del CKD, il miglior controllo delle complicanze metaboliche ed infine l’avvio del programma educazionale per la scelta del tipo di dialisi e trapianto renale “Consensus Conference-1994” [1]. Il precoce invio al nefrologo (early referral) si associa ad un aumento della sopravvivenza dopo l’inizio del trattamento sostitutivo, alla riduzione delle ospedalizzazioni e all’aumento della quota di pazienti incidenti che iniziano la dialisi con un accesso permanente “Stehman-Breen CO-2000” [2] (full text). Per contro l’inizio tardivo della nephrology care (late referral) risulta essere un fattore di rischio indipendente per morte precoce in dialisi “Schwenger V-2006” [3] (full text). Inoltre, è generalmente riconosciuto che una tardiva “presa in carico” del paziente con CKD avanzata da parte del nefrologo “Rajni Singhal-2014” [4], si associ a precoce avvio del trattamento sostitutivo, utilizzo di un accesso temporaneo per emodialisi ed ad outcome sfavorevole “Yamagata K-2012” [5]. Nonostante queste premesse, ad oggi non è noto un condiviso “giusto” timing dell’avvio del trattamento sostitutivo. Per tentare di rispondere a questo quesito tra il 2000 ed il 2008 fu condotto in Australia/Nuova Zelanda uno studio randomizzato e controllato: Studio IDEAL. Dai risultati di questo Studio non si evidenziano vantaggi in termini di outcome per i pazienti incidenti in dialisi con eGFR maggiore, mentre si evince che un trattamento conservativo (con un predialisi di circa un anno), non aumenta la mortalità in predialisi. Inoltre, emerge che il timing dell’avvio della nephrology care incida sulla scelta dialitica, essendo la DP più frequentemente scelta dai pazienti early referral “Cooper BA-2010” [6] (full text). In effetti in letteratura vi è un generale accordo sul fatto che la presenza di un ambulatorio nefrologico predialisi aumenti la percentuale di pazienti che orientano la propria scelta verso la dialisi peritoneale, anche con il coinvolgimento di un caregiver. Nonostante le LG KDOQI raccomandino l’allestimento di un accesso per dialisi (Fistola artero-venosa, FAV, preferibilmente con vasi nativi) prima del trattamento sostitutivo, questo interessa solo il 20% dei pazienti incidenti in dialisi negli USA. L’avvio del trattamento sostitutivo cronico con un accesso temporaneo per dialisi correla con un incremento delle ospedalizzazioni e della mortalità entro 1 anno dall’avvio della dialisi “Ann M. O’Hare-2011” [7]. Ad oggi non esiste una ben definita, generalmente accettata e condivisa “adeguata durata” della gestione ambulatoriale predialitica da parte del nefrologo. Varie definizioni arbitrarie di adeguatezza del periodo di “nephrology care” predialitico vengono fornite che può oscillare dai 3 ai 12 mesi. Adeera Levin e la Canadian Society of Nephrology, per esempio, affermano che per incentivare il trapianto preemptive sia necessario almeno un anno di predialisi. Nonostante, quindi, non vi sia un generale accordo sulla “adeguata” durata di un “nephrology care” predialitico, la stragrande maggioranza degli Autori e dei Nefrologi della pratica clinica quotidiana concordano sul fatto che una durata <3 mesi sia inadeguata, definendo così “late referral” i pazienti che iniziano la dialisi entro tale periodo.
- Definizione di Ambulatorio Predialisi.
Un tipo di modello riportato da Dati SIN, prevede 4-5 incontri con un’equipe multidisciplinare (nefrologo, infermiere, psicologo e dietista) ogni 4 settimane, che consentano una scelta dialitica consapevole e motivata con programmazione tempestiva dell’allestimento dell’accesso dialitico e del trapianto (pre-emptive o da donatore cadavere). Storicamente, prima che prendesse piede il modello di cura predialitica mulidisciplinare (Ambulatorio Predialisi Multidisciplinare, APM), l’Ambulatorio Predialisi (definibile come Standard, APS) veniva generalmente effettuato da un nefrologo dedicato cui era affidato il compito di informare, preparare e predisporre il paziente per il prossimo avvio della terapia sostitutiva.
- L’esperienza di Predialisi del Reparto di Nefrologia dell’Ospedale di San Giacomo Apostolo di Castelfranco Veneto.
Il percorso di predialisi si svolge in 4-5 incontri. Il Team dell’Ambulatorio Predialisi Multidisciplinare è composto da un nefrologo ed un infermiere del servizio di Dialisi dedicati, uno Psicologo, una Dietista, una Educatrice. A seconda, poi, delle eventuali specifiche necessità del singolo Paziente per indicazioni cliniche, psicologiche o sociali, vengono coinvolte di volta in volta altre figure specifiche (sanitarie e non). Nel I incontro il Nefrologo segnala e presenta all’infermiere il Paziente che deve essere inserito nel percorso di predialisi con conoscenza del team multidisciplinare.
Nel II incontro vengono fornite informazioni generali utilizzando degli strumenti educativi.
Nel III-IV incontro si presenta al paziente l’offerta dialitica, fornendo informazioni dettagliate sulle metodiche. Questo incontro può essere seguito da ulteriore accesso nel corso del quale il paziente può incontrare, Pazienti-Guida (dializzati o trapiantati) per una interazione diretta e/o visitare una sala di emodialisi o gli ambulatorio della dialisi peritoneale.
L’iter si conclude con il IV o V incontro nel quale verrà definita e concordata la scelta dialitica previa discussione separata del caso da parte del team.
Casistica e Metodi
Scopo dello studio
Verificare retrospettivamente l’impatto dell’Ambulatorio Predialisi Multidisciplinare (APM) versus Ambulatorio Predialisi Standard (APS) in due coorti di pazienti uremici incidenti, in termini di outcome dialitico (tipo di trattamento sostitutivo scelto, percentuale di pazienti con accesso definitivo all’avvio del trattamento dialitico) e clinico (mortalità, numero di ospedalizzazioni per tutte le cause e per cause cardiovascolari) nel primo anno dopo l’inizio della dialisi. Infine valutare l’effetto dei due programmi ambulatoriali sul tempo per l’immissione in lista d’attesa per trapianto (LAT) per i pazienti idonei.
Materiali e metodi
Abbiamo raccolto i dati di pazienti uremici di ambo i generi incidenti ed inseriti nel programma di Ambulatorio Predialisi dell’ULSS 8 di Asolo dal 1999 al 2012 (dati raccolti da cartelle ambulatoriali, cartelle cliniche di ricovero, RVDT, database del controllo gestione dell’azienda ULSS 8). Poiché dal 2006 è stato istituito un nuovo programma di Ambulatorio Predialisi Multidisciplinare, i pazienti sono stati suddivisi in due coorti: nel gruppo 1 (periodo dal 1999 al 2005) sono stati inclusi i pazienti afferenti all’Ambulatorio Predialisi Standard (APS: definito come Ambulatorio Predialisi dedicato e gestito esclusivamente da un nefrologo senza ausilio strutturato di altre figure professionali) e nel gruppo 2 (periodo 2006-2012) i pazienti afferenti al programma di Ambulatorio Predialisi Multidisciplinare (APM). I pazienti incidenti in End Stage Renal Disease (ESRD) con necessità di un trattamento sostitutivo renale urgente e non precedentemente afferenti agli ambulatori della Nefrologia (Late Referral) sono stati esclusi dall’analisi. Arbitrariamente è stato definito “adeguato” un periodo di almeno 6 mesi di programma Predialisi, ma sono stati esclusi soggetti con un periodo “programma Predialisi” inferiore a 3 mesi. La durata del programma Predialisi è stata considerata come intervallo di tempo intercorso tra la data al I colloquio e quella alla I dialisi per APM. Per i pazienti del gruppo APS, per i quali non era documentata una data di inizio di Predialisi, è stato considerato l’intervallo tra la data del primo riscontro di eGFR <15ml/min/1.73m2 a quello dell’avvio della dialisi. Le condizioni comorbide desunte dalla documentazione clinica sono state utilizzate per lo score di Charlson. La ricerca delle cause di ospedalizzazione è stata effettuata utilizzando il codice ICD-9 della causa principale. Per la ricerca delle ospedalizzazioni per cause cardiovascolari è stato considerato anche il codice ICD-9 delle cause secondarie. Per la ricerca delle diagnosi di ricovero sono stati considerati “blocchi” di patologie “cardiovascolari” e “renali” indicate dai seguenti codici: 390 -398 (Cardiopatie reumatiche e degenerative); 401-405 (Ipertensione arteriosa); 410-414 (Malattia ischemica del cuore); 415-417 (Malattie del circolo polmonare); 420-429 (Altre malattie del cuore); 430-438 (Malattie cerebrovascolari); 440-448 (Malattie vascolari); 580-589 (Malattie renali).
- Analisi Statistica
Per campioni dipendenti è stato utilizzato il T test per campioni dipendenti per il confronto di medie variabili continue all’interno dei due gruppi. L’omogeneità delle distribuzioni dei dati rispetto alle variabili demografiche è stata valutata con il test esatto di Fisher per valutare se la distribuzione dei soggetti nei due gruppi fosse la stessa rispetto al genere (maschi o femmine) e il test t per campioni indipendenti per confrontare le distribuzioni delle età. L’analisi descrittiva delle tipologie di dialisi (HD, DP) e, per i soli pazienti entrati in HD, il confronto per il tipo di accesso per dialisi (FAV o CVC temporaneo) è stata condotta utilizzando il test esatto di Fisher per evidenziare eventuali differenze tra i due gruppi. Il test T per campioni indipendenti è stato utilizzato per l’analisi dei valori medi dei parametri del sangue, eGFR e sui tempi medi di attesa. La significatività statistica delle differenze tra variabili dei due gruppi è stata definita da valori di p<0,05.
Risultati
I pazienti sono 244 uremici incidenti, dei quali 169 appartenenti alla coorte più recente (2006-2012) e 75 alla coorte più antica (1999-2005). L’età media alla prima dialisi è di 60 anni, più bassa rispetto all’età media del gruppo al I colloquio, in quanto i pazienti più anziani non hanno raggiunto l’end point “dialisi” o perché hanno proseguito con una terapia conservativa o per decesso o per ragioni ignote. I due gruppi, APM e APS sono risultati omogenei nella distribuzione dei soggetti, nel genere e nell’età (p>0,05). La scelta della modalità dialitica ha mostrato una scelta della dialisi peritoneale nel 50% dei casi, senza differenze fra i due tipi di ambulatorio, invece il 71,6% dei pazienti in APM che ha scelto HD come metodica sostitutiva ha una FAV e solo il 23% CVC, ma senza differenza statisticamente significativa tra APM ed APS. Le variabili riguardanti i parametri ”metabolici” nei due gruppi non ha mostrato differenze statisticamente significative. Nessuna differenza è stata riscontrata nell’eGFR allo start della dialisi e tra i due gruppi (APM vs APS: 6.8±2.3 vs 6.8±3.1 ml/min/1.73mq, p=ns). Complessità clinica e numeri di ricoveri non erano differenti nei due gruppi. I dati per l’idoneità al trapianto erano disponibili a partire dal 2002. Il dato significativo riguarda la media di attesa per la verifica all’idoneità al trapianto ed inserimento in LAT, significativamente maggiore nella coorte storica (APS) rispetto ai pazienti APM (APM vs APS: 11.6 vs 21.3 mesi; p=0.003). I pazienti in APM idonei al trapianto venivano inseriti in LAT con una media di 9.7 mesi di anticipo rispetto al gruppo APS.
Conclusioni
I risultati di questo studio osservazionale confermano il rilevante ruolo dell’Ambulatorio Predialisi nella pianificazione del futuro trattamento dialitico (scelta dialitica e allestimento tempestivo dell’accesso definitivo), sebbene non sia stata rilevata alcuna differenza tra le due tipologie di Ambulatorio Predialisi (APS vs APM). Nessuna differenza nella gestione dell’uremia in fase predialitica, né degli outcome a 12 mesi dall’avvio della dialisi è emerso dal confronto di APM e APS.
Sebbene l’incidenza di DP sia risultata, nel ns centro, sensibilmente maggiore rispetto a quella media nazionale (50% vs 20%), tuttavia non è emersa alcuna differenza tra le due tipologie di Ambulatorio Predialisi. È quindi probabile che la differenza nell’incidenza di DP tra i vari centri nefrologici italiani e del Veneto, rispecchi piuttosto la convinzione del singolo nefrologo nell’offerta di tutte le possibili opzioni terapeutiche (laddove ve ne sia l’indicazione clinica) che non la presenza di un articolato modello ambulatoriale multidisciplinare che garantisce, d’altronde, un coinvolgimento più globale del paziente e del/dei caregiver.
Un rilevante differenza tra le due modalità di ambulatorio è risultata la maggiore tempestività del modello ambulatoriale multidisciplinare nell’individuazione dei Ulteriori sforzi dovrebbero essere diretti verso lo sviluppo di criteri verificati e condivisi per la precoce individuazione del paziente a maggior rischio di outcome sfavorevoli precoci, consentendo, perciò, una maggiore personalizzazione della programma predialitico e un appropriato e razionale impiego delle risorse sanitarie.