L’ADEGUATA NUTRIZIONE DEL NEFROPATICO IN TERAPIA CONSERVATIVA FA LA DIFFERENZA? NOSTRE ESPERIENZE

RAZIONALE

Il controllo degli apporti nutrizionali alimentari [Dunkler D.. et Al [1]] rappresenta ancora ancor oggi uno dei capisaldi della terapia conservativa della funzione renale residua [Teruel JL et. Al.] [2] (full text). Il termine di “dieta” [Goraya N. et Al.] [3] con cui vengono sintetizzati i vari aspetti ad esso inerenti, tuttavia non trova unanimi consensi favorevoli. Una corrente di pensiero in ambito nefrologico vorrebbe sminuirne il suo valore globale positivo in correlazione ad un suo presunto impatto psicologico “demoralizzante” che avrebbe preponderanti effetti negativi. La valorizzazione del più ampio concetto di “alimentazione controllata” da sostituire a quello di “dieta” potrebbe risultare utile per centrare meglio gli obiettivi di cura. La trattazione della problematica è ancora argomento di dibattito. 

MATERIALI E METODI

Abbiamo confrontato due gruppi di pazienti con Insufficienza Renale Cronica progressiva in terapia “conservativa”, composti ognuno da 50 pazienti, scelti in maniera che i gruppi risultassero omogenei per età anagrafica, sesso, nefropatìa di base e comorbidità. Il primo gruppo, era rappresentato da pazienti seguiti in modo prospettico da dicembre 2013 a maggio 2015, mentre il secondo gruppo comprendeva pazienti per i quali lo progressione della malattia veniva analizzata in maniera retrospettiva, durante lo stesso arco temporale: da maggio 2015 a dicembre 2013. Il primo gruppo era costituito da soggetti che erano stati motivati al controllo degli apporti nutrizionali mediante un percorso di educazione terapeutica strutturata, avvalendosi dell’intervento di un “gruppo di lavoro cooperativo integrato”, composto da diverse figure professionali (nefrologo, dietista, infermiere, psicologo) ed avevano dimostrato una buona aderenza terapeutica. Il secondo gruppo era costituito da soggetti che non avevano mai seguito una “dieta per nefropatici” per svariati motivi (la ignoravano completamente, il nefrologo non l’aveva proposta, l’avevano rifiutata, ecc …).

RISULTATI

Durante il periodo di osservazione, nel primo gruppo 5 paz. hanno iniziato il trattamento emodialitico, 1 paz. è deceduta, 10 paz. hanno subito un peggioramento, 20 paz. hanno presentato un miglioramento, 14 paz. sono rimasti clinicamente stabili. Nel secondo gruppo, invece non si è assistito a nessun miglioramento, 8 paz. sono rimasti stabili, mentre 42 paz hanno avuto un peggioramento della funzionalità renale, nel 50 % dei quali in modo piuttosto accelerato.

CONCLUSIONI

Nella nostra esperienza, l’implementazione di un programma di alimenazione controllata è risultata efficace nel rallentare la progressione dell’insufficienza renale cronica. Riteniamo che i risultati positivi da noi osservati siano da mettere in correlazione oltre che con la ricerca della migliore composizione degli apporti nutrizionali alimentari, anche nell’impostazione di un processo di condivisione consapevole dell’intera strategia terapeutica, rivolta alla “motivazione” del paziente che ha avuto delle ripercussioni positive sulla sua aderenza globale al processo di cura.