LA DIETA IPOPROTEICA NELLA MALATTIA RENALE CRONICA: IL PUNTO DI VISTA DEI PAZIENTI

Introduzione

La dieta ipoproteica (Low protein diet, LPD), fin dagli anni ’40, rappresenta uno strumento efficace nel rallentamento della progressione della malattia renale cronica, consentendo di ritardare l’avvio della dialisi. Mitch WE 2004 [1] (full text)

La LPD ha lo scopo di ridurre la sintomatologia uremica, mantenendo uno stato nutrizionale soddisfacente. Garneata L 2013 [2]

La dieta, rispetto al trattamento dialitico, ha un minore impatto sulla qualità di vita del paziente e, inoltre, è vantaggiosa dal punto di vista economico, consentendo una riduzione della spesa fino a 50 volte rispetto ai costi della dialisi. De Vecchi F 1999 [3] (full text)Mennini FS 2014 [4]

La personalizzazione della dieta gioca un ruolo chiave al fine di ottenere una buona compliance, la quale ad oggi rappresenta il principale problema. Un programma dietetico adeguato, pertanto, deve mirare ad ottenere un buon grado di soddisfazione del paziente.

Casistica e Metodi

Abbiamo selezionato 102 pazienti, seguiti presso la Nefrologia dell’Azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari, affetti da malattia renale cronica stadio 4 – 5 e stadio 3 con rapida tendenza al peggioramento.

I pazienti effettuavano diversi tipi di LPD:

  • dieta tradizionale con apporto proteico di 0,6-0,8 g/kg/die;
  • dieta con apporto proteico di 0,6-0,8 g/kg/die con alimenti aproteici;
  • dieta vegana con apporto proteico di 0,6 g/kg/die con supplemento di chetoanaloghi.

A tutti i pazienti è stata somministrata la versione italiana del questionario MDRD Dietary Satisfaction, unico strumento validato in letteratura per l’analisi del gradimento della dieta. Coyne T 1995 [5]

Il questionario prevede dei quesiti a risposta multipla, con un punteggio da 1 (minor grado di soddisfazione) a 5 (massima soddisfazione). Le domande possono essere raggruppate in 5 macro-aree: soddisfazione generale della dieta, facilità nell’organizzazione dei pasti, difficoltà sociali legate allo schema alimentare, compliance al trattamento, motivazione complessiva (Figura 1).

Risultati

Dall’analisi dei questionari proposti (Figura 2), abbiamo rilevato che i pazienti, in generale:
1) si dimostrano abbastanza soddisfatti della dieta nei suoi vari aspetti (oltre il 60% dei pazienti si dichiara “soddisfatto” o “molto soddisfatto”);
2) non hanno particolari difficoltà nella preparazione dei pasti (circa 2/3 dei pazienti si ritiene “molto soddisfatto”);
3) si dichiarano complianti alla prescrizione dietetica (oltre l’80% dei pazienti dichiara di seguire regolarmente la dieta prescritta);
4) sono motivati a proseguire con il programma (oltre l’80% dei pazienti);
5) presentano difficoltà sociali legate allo schema alimentare, soprattutto ritengono che il loro modo di alimentarsi sia differente rispetto a quello delle altre persone e hanno l’impressione che questo sia un elemento di disturbo per chi li circonda.

Abbiamo quindi analizzato i questionari suddividendo i pazienti secondo il tipo di dieta proposta, e abbiamo riscontrato alcune differenze secondo il tipo di LPD (Figura 3). Infatti, i pazienti che seguono un regime dietetico con alimenti aproteici risultano essere meno soddisfatti in generale, hanno più difficoltà legate alla preparazione dei cibi, anche se non in maniera significativa, ma soprattutto risentono delle difficoltà sociali legate allo schema alimentare rispetto ai pazienti con dieta tradizionale e ai pazienti con dieta vegana supplementata. Riguardo invece alle domande sulla compliance al trattamento e alle motivazioni generali, non vi sono differenze tra i tre gruppi, indicativo del fatto che i pazienti sono consapevoli dell’importanza della dieta ai fini del controllo della malattia renale.

Conclusioni

In questo lavoro presentiamo i dati preliminari di uno studio multicentrico, che ha valutato anche la qualità di vita dei pazienti, obiettivo fondamentale nella gestione della malattia renale cronica.

Oggi abbiamo a disposizione diversi protocolli dietetici, dalla dieta tradizionale senza supplementi alla dieta con alimenti aproteici o con supplementi di chetoanaloghi, che consentono di andare incontro alle preferenze del singolo paziente, mantenendo un adeguato apporto proteico e evitando la malnutrizione. Piccoli GB 2015 [6]

Una dieta ipoproteica personalizzata può consentire di posticipare l’inizio del trattamento dialitico, senza alterare in maniera importante le abitudini di vita del paziente e garantendo una buona soddisfazione degli aspetti legati all’alimentazione. È fondamentale l’aspetto educazionale del paziente per ottenere un’adeguata compliance, requisito indispensabile per la riuscita del programma.