Iperfosforemia nel dializzato:cosa sanno veramente i nostri pazienti?

INTRODUZIONE

Anche se non completamente chiarito, esistono numerose evidenze che sottolineano il ruolo dei ROS nel processo di differenziazione delle cellule della parete arteriosa (cellule muscolari lisce, periciti, ecc) in osteoblasti e quindi delle calcificazioni vascolari. Il fosforo, con la sua attività citotossica è sicuramente un fattore importante e potenzialmente modificabile.

Riuscire ad ottenere un adeguato controllo della fosforemia nel paziente dializzato risulta spesso difficile nonostante il miglioramento delle tecniche depurative e l’utilizzo di farmaci chelanti i fosfati. È nota la correlazione tra gli elevati livelli di fosforo e l’ aumento del rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare [1] e l’iperfosforemia è il principale stimolo determinante l’iperparatiroidismo in corso di CKD-MB.

La scarsa aderenza alla terapia è un problema ampiamente riconosciuto nella cura quotidiana dei pazienti in dialisi [2].

SCOPO e METODI

Il nostro studio si proponeva di verificare quali siano le conoscenze dei nostri pazienti in merito all’iperfosforemia; quali siano i rischi ad essa correlati; quali i farmaci assunti e quali le strategie a disposizione per ottenere un’adeguato controllo del fosforo.

È stato elaborato un questionario composto da 12 domande a risposta multipla sul contenuto di fosforo nei vari alimenti, sulle complicanze dell’iperfosforemia e sulla compliance alla terapia.

Il questionario è stato somministrato a 94 pazienti di età media 64 anni (± 15 aa), 62 M e 32 F, in trattamento emodialitico trisettimanale presso il Nostro Centro da almeno sei mesi e con livelli di fosforemia >5.5 mg/dl.

Tutti i pazienti erano in trattamento con farmaci chelanti il fosforo ed i questionari sono stati somministrati durante la seduta dialitica in modo che ogni paziente potesse rispondere autonomamente, sinceramente e senza timore alle varie domande.

Terminata la compilazione del questionario sono stati consegnati ad ogni singolo paziente opuscoli illustrati con tabelle informative riportanti il contenuto di fosforo negli alimenti più comuni.

FASE EDUCATIVA

Dopo circa 3 settimane dalla raccolta dei dati forniti dal questionario e dalla consegna del materiale informativo,mediante un colloquio personale i pazienti sono stati singolarmente informati:

1) sulle conseguenze dell’iperfosforemia

2) sulla necessità di seguire una dieta contenuta nell’apporto di fosforo

3) sulla necessità dell’assunzione corretta dei chelanti prescritti

Abbiamo scelto il colloquio personale convinti che l’informazione individualizzata possa incidere maggiormente sull’educazione sanitaria e modificare i comportamenti dietetici e farmacologici dei pazienti.

I colloqui personalizzati sono stati condotti dai medici e dagli infermieri di stanza durante le sedute di dialisi.

RISULTATI

La nostra indagine ha consentito di evidenziare che la ridotta compliance alla terapia chelante del fosforo è almeno in parte responsabile del non ottimale controllo della fosforemia nei pazienti emodializzati (il 76% dei pazienti intervistati non assumeva la terapia).

Alla base della bassa aderenza alle prescrizioni dietetiche e farmacologiche sembra esserci una scarsa conoscenza delle complicanze inerenti agli elevati valori di fosforo sierico,visto che un terzo dei pazienti ignorava i rischi ad esso associati (il 45%  dei pazienti non conosceva i rischi legati all’iperfosforemia e il 70% pensava che non fosse un problema e non sapeva  quali fossero i cibi a più basso contenuto di fosforo e quali farmaci assumere per il controllo).

CONCLUSIONI

Informare ed istruire sui rischi relativi all’iperfosforemia rimane un compito importante del Nefrologo [3] (full text)
Fornendo ai pazienti adeguate informazioni sul contenuto di fosforo degli alimenti e sull’importanza di assumere i farmaci chelanti ai pasti principali abbiamo ottenuto in soli tre mesi una riduzione significativa dei valori di fosforemia nel 41% dei pazienti.