Incidenza e predittori di patologia infettiva dopo trapianto di rene: una esperienza monocentrica

Introduzione

Le infezioni rappresentano una temibile complicanza del trapianto di rene: sono una delle principali cause di ospedalizzazione nei primi 2 anni dopo l’intervento e di morte con rene funzionante (Rubin RH [1]). L’immunosoppressione ottimale, in cui l’equilibrio è mantenuto tra la prevenzione del rigetto e la mancanza di complicanze cliniche tra cui neoplasie ed infezioni, è uno degli aspetti più impegnativi di cure post-trapianto.

Il riconoscimento di fattori predittivi delle patologie infettive può essere determinante nella loro gestione e prevenzione (Humar A [2] (full text)).

Materiali e Metodi

Abbiamo analizzato l’incidenza delle infezioni post-trapianto nei 338 riceventi di trapianto di rene del centro Trapianti del Policlinico S.Orsola di Bologna dal 2007 al 2012 ed individuato i possibili fattori predittivi.

Per l’analisi statistica è stato usato il modello “Backward conditional”. La variabile dipendente era aver contratto un’infezione post-trapianto, mentre le covariate inserite nel modello erano:

1. Sesso

2. Età al momento del trapianto

3. Donatore vivente o da cadavere

4. Patologia di base

5. Mismatch  ≤ 4

6. Durata dell’ischemia fredda

7. Delayed Graft Function

8. Numero dei reni impiantati

9. Ricevente in terapia sostitutiva

10. Terapia di induzione (o nessuna induzione)

11.Terapia di mantenimento

Risultati

La popolazione osservata era costituita da 338 pazienti trapiantati: le caratteristiche cliniche dei pazienti in esame sono state riassunte nella figura 1.

Figura 2 Risultati

I pazienti sono stati sottoposti nella maggior parte dei casi ad un primo trapianto di rene (96.7%), singolo (93.5%), da donatore cadavere (87.9%). Solo il 4.1% dei pazienti ha eseguito il trapianto prima della necessità di un trattamento sostitutivo cronico (pre-emptive). La terapia immunosoppressiva ha previsto una terapia di induzione nel 75.7% dei casi con l’utilizzo nella maggior parte degli stessi di basiliximab (68.6%).

Per quanto riguarda la terapia di mantenimento nella quasi totalità dei pazienti è stata somministrata una terapia a base di steroidi (97.9%) e inibitori della calcineurina (98.2%). Come terapia di accompagnamento è stato scelto everolimus nel 16.3%, il 77.2% con acido micofenolico, lo 0.6% con rapamicina.

La durata media del follow up è risultata di 3.1±1.8 anni.

Nel 52.7% dei casi si è presentato almento un episodio infettivo; nel 20.1% dei casi si trattava di poli-infezioni.

Le infezioni più frequenti sono risultate quelle delle vie urinarie (27.9%), la maggior parte delle quali da E. Coli. Una importanza rilevante hanno inoltre mostrato le infezioni da CMV (26.4%).

Nel periodo osservato le analisi di correlazione con i fattori clinici analizzati hanno mostrato una maggiore incidenza di infezione nei trapianti da donatore vivente . Era inoltre presente una correlazione con la storia di dialisi pre-trapianto e con la terapia di mantenimento con micofenolato mofetile rispetto ad everolimus.

L’analisi delle correlazioni nei sottogruppi delle infezioni batteriche e virali è descritta nella figura 2.

Conclusioni

Le malattie infettive rappresentano un’importante e frequente complicanza post trapianto.

Nella nostra popolazione le infezioni più frequenti sono quelle delle vie urinarie e da CMV.

Il trapianto pre-emptive è associato ad una minore incidenza degli episodi infettivi post-trapianto seppur riguarda una minoranza dei pazienti in esame: la maggior parte dei pazienti per motivi clinici o organizzativi arriva al trapianto di rene avendo già iniziato un trattamento sostitutivo.

La terapia immunosoppressiva appare strettamente correlata con l’insorgenza di un episodio infettivo: i risultati mettono in luce un ruolo sia della terapia di induzione che della terapia di mantenimento.

La personalizzazione dello schema terapeutico alla luce della conoscenza dei fattori di rischio clinici del paziente può essere determinante per il miglioramento degli outcomes.