IL CATETERE VENOSO CENTRALE A PERMANENZA IN EMODIALISI

INTRODUZIONE

Un accesso vascolare (AV) ben funzionante è essenziale nell’esecuzione della seduta emodialitica. La fistola artero venosa nativa ( FAVn) rimane a tutt’oggi il miglior AV, sappiamo però che il suo confezionamento non è sempre possibile a causa dello scarso patrimonio vascolare presente in una popolazione emodialitica sempre più anziana. Anche la fistola artero venosa protesica (FAVp) spesso non può essere utilizzata per le stesse problematiche. Lo scarso patrimonio vascolare indirizza spesso al confezionamento di FAVn o FAVp in sedi più prossimali ( “midarm” o alla piega del gomito) con elevato rischio di comparsa, soprattutto in pazienti diabetici o vasculopatici, di “steal syndrome”. L’approntamento di FAV prossimali in pazienti con grave insufficienza cardiaca ne peggiora rapidamente il compenso cardio circolatorio. Pertanto aumenta nei nostri centri l’utilizzo dei cateteri venosi centrali a permanenza (CVCp): questi rappresentano spesso l’unica alternativa in pazienti molto anziani, con scarsa aspettativa di vita o con patologie cardiovascolari. Lo scopo di questo studio retrospettivo è stato quello di valutare l’incidenza di complicanze nel posizionamento del CVCP, il buon funzionamento dello stesso e la frequenza di infezioni correlate al CVCP, durante il periodo di osservazione.

METODI

Durante un periodo d’osservazione di 6 anni, da gennaio 2010 a Dicembre 2015 sono stati posizionati 107 CVCP in 90 pazienti ( età media 71 +/- 12 anni). Tutti i CVCp sono stati posizionati dal nefrologo utilizzando la guida ecografica. Le sedi di inserzione sono state, in ordine di utilizzo, la vena giugulare interna, la vena femorale e la vena succlavia. Ogni CVCP è stato seguito in follow up fino al momento della sua rimozione o fino alla fine dello studio. Un flusso ematico inferiore a 250 ml/m’, misurato durante ripetute sedute emodialitiche è stato considerato causa di malfunzionamento del CVCp. Veniva posta diagnosi di infezione in base alla sintomatologia clinica e all’isolamento colturale in assenza di infezioni in altri distretti. È stato inoltre valutata la frequenza delle infezioni dell’exit site/ tunnel sottocutaneo (ES/TS) del CVCp. I risultati sono stati espressi come eventi calcolati per 1000 giorni/catetere.

RISULTATI

Non sono state osservate complicanze rilevanti durante l’inserzione dei CVCp. Stillicidi ematici prolungati in prossimità del tunnel sottocutaneo si sono evidenziati durante 12 procedure (11%), complicanza che è stata risolta con una compressione prolungata. 11 CVCP sono stati riposizionati ed il malfunzionamento è stata la causa principale ( 0,38 per 1000 giorni/catetere). Durante il periodo d’osservazione 27 emocolture sono risultate positive. Abbiamo inoltre evidenziato 39 infezioni dell’ES/TS. L’incidenza di infezioni sistemiche correlate al CVCP è stata di 0,94 per 1000 giorni/catetere mentre per l’ES/TS è stata 1,36 per 1000 giorni/catetere. Nelle infezioni dell’ES/TS il germe maggiormente isolato è stato lo Stafilococco epidermidis (43%), nelle infezioni sistemiche abbiamo isolato nel 49% MRSA e nel 27% MSSA. Il 91% delle infezioni è stato risolto con terapia antibiotica sistemica mirata e “lock therapy”. 6 CVCP sono stati rimossi per ricorrenti infezioni sistemiche e/o del ES/TS (0,21 per 1000 giorni/catetere). La permanenza media del CVCP è stata di 267 giorni.

CONCLUSIONI

I CVCP sono valide alternative alla FAVn e alla FAVp nei pazienti emodializzati. I nostri dati evidenziano una buona permanenza media del CVCp, una bassa incidenza di malfunzionamento e di complicanze infettive correlate al suo utilizzo. L’inserzione ecoguidata è sicura in mani esperte: non abbiamo avuto complicanze gravi durante l’inserzione del CVCp e ridotti sono stati gli episodi di stillicidio ematico. Un elevata percentuale di infezioni sistemiche e infezioni del ES/TS sono state trattate in modo conservativo fino a guarigione. L’utilizzo del CVCp nei pazienti in trattamento emodialitico come AV di prima scelta è giustificato in caso di impossibilità al confezionamento di una FAV ed in pazienti con elevate comorbilità.