IL CATETERE MARSUPIALIZZATO, LA CHIAVE PER INCREMENTARE LA PREVALENZA DELLA DP: IMPATTO NELLA PRATICA CLINICA E NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE

Introduzione

Nel 2006 il nostro gruppo ha modificato la tecnica di marsuprializzazione del catetere peritoneale proposta da Moncrief, semplificandola. Il catetere marsupializzato (CM) da noi posizionato risulta più superficiale, chiuso, con chiari reperi per la cuffia esterna e quindi duraturo nel sottocute e facilmente esteriorizzabile quando è necessario iniziare la dialisi.

L’obbiettivo del nostro studio é verificare i vantaggi del CM in termini di funzionamento, complicanze, pratica clinica-organizzazione ed il suo ruolo nella penetranza della DP.

Metodi

I CM sono stati posizionati sia in pazienti early-referral giunti al termine del programma di predialisi che nei pazienti late-referral; i dati relativi al follow-up, ai cateteri impiantati, al tempo di addestramento ed alle prescrizioni dialitiche sono stati recuperati dalla cartella elettronica del nostro centro.

Risultati

Tra il 1/6/2006 e il 1/6/2013, 164 CM sono stati posizionati dai nefrologi del nostro centro in 161 pazienti (fig 1), dei quali 96 (59%) provenivano dall’ambulatorio predialisi (early referal) mentre 65 pazienti (41%) erano late referral.

Non si sono verificate severe complicanze post-operatorie salvo 5 ematomi in sede di impianto. Tutti i cateteri erano funzionanti al momento della loro esternalizzazione. 3 cateteri dislocati sono stati riposizionati dopo 31±7 mesi dall’impianto, 1 è stato riposizionato con tecnica laparoscopica a 1 mese dall’inizio della dialisi.

Durante il periodo di follow up, sono stati arruolati 161 pazienti con CM, 130 hanno iniziato il trattamento dialitico e l’88% ha terminato l’addestramento ambulatoriale in una settimana. La penetranza della DP nel nostro centro è aumentata (22 vs 63 pazienti) con una variazione della prevalenza  dall’ 8% al 19%.

Per la maggior parte dei pazienti il trattamento prescritto era di tipo incrementale.

72 pazienti (55.3%) hanno iniziato con uno scambio, 17 (13%) con due scambi, i restanti 41 pazienti (31.7%) con un numero di scambi > 2 o con APD.

35 pazienti (27%) hanno proseguito con uno scambio e 6 (4.6%) sono rimasti con  2 scambi.

Dividendo i pazienti per fasce di età è risultato che il 55% dei pazienti presentava un età > 65 anni al momento dell’inizio e dei pazienti che restavano con un solo scambio il 75% dei pazienti aveva un età > 65 anni (Fig 2).

La dose dialitica veniva aumentata sulla base degli indici depurativi e del KT/V settimanale raggiunto in accordo con Viglino G e Neri L (KI 2008: 73, S52–S55 – GIN 2012; 29 (4): 383-388)

Conclusioni

Il posizionamento del CM favorisce il rispetto della scelta del paziente per la DP.

Il CM e la dialisi incrementale permettono in modo sinergico l’inizio della DP in elezione, quando il paziente presenta ancora un buono stato di autonomia.

Il periodo di addestramento (interamente ambulatoriale dal lunedì al venerdì) si è concluso nell’88% dei pazienti al termine della prima settimana con la sola presenza di un care helper per la maggior parte dei pazienti, cercando di limitare il piu’ possibile l’intervento del caregiver, previlegiando così anche nell’anziano l’autonomia del malato.

Durante tutto il periodo di follow-up i pazienti più erano anziani meno necessitavano di incrementare la dose dialitica. Questo dato l’abbiamo interpretato come secondario a una più lenta progressione della malattia renale conseguente ad una “fisiologica dieta ipoproteica dell’anziano ” e dall’espansione dei volumi con relativa correzione idroelettrolitica indotta dalla sacca peritoneale in caso di deidratazione. Riteniamo utile approfondire questo aspetto perché potrebbe rivelarsi un elemento determinante per la scelta del trattamento peritoneale per il paziente anziano.