Fistola artero-venosa complessa: percorso diagnostico clinico-strumentale

Introduzione

Gli accessi vascolari complessi costituiscono una percentuale crescente, variabile dal 10 al 30%, e richiedono impegno notevole da parte del nefrologo in relazione ai fattori di comorbilità, invecchiamento, condizioni anatomiche vascolari peculiari e progressivo depauperamento del patrimonio vascolare della popolazione dialitica (Fokou,2012 [1]),(Feldman, 1996 [2] (full text)).

Per fistola artero-venosa complessa (FAVC) si intende un accesso vascolare (AV) di seconda scelta, allestito dopo insuccessi o trombosi di una fistola distale, seguendo un percorso di prossimalizzazione. Le FAVC richiedono un alto grado di preparazione nell’allestimento (anastomosi diretta tra un’arteria principale di più grosso calibro e la vena cefalica al braccio, la vena perforante o una vena profonda con superficializzazione e/o trasposizione, conoscenza delle possibili varianti anatomiche delle vene), maggiore attenzione nell’utilizzo e nella gestione (Gessaroli,2001 [3] (full text)).

Pazienti e metodi

Descriviamo la nostra esperienza riguardante 15 FAVC (6 con superficializzazione della vena basilica e 9 prossimali omero-cefalica) e riportiamo come l’uso estensivo dell’ Ecocolordoppler (ECD) con la valutazione della misurazione della portata della fistola (identificazione precoce di bassa o alta portata), lo studio dell’anastomosi, dell’inflow e dell’outflow (Fig.1 e Fig.2)  ha  costituito un valido strumento per la precoce individuazione di lesioni stenotiche o occlusive (Mudoni, 2016 [4] (full text))(wiese p 2004 [5] (full text)),(Malikj,2014 [6]).

L’età mediana dei pazienti esaminati è 57 anni (range 43-79); le comorbilità: diabete mellito (25%), ipertensione arteriosa (31%, arteriopatia periferica (20%) e cardiopatia ischemica ( 15%) e il tempo medio di maturazione della FAV due mesi.

Tutti i pazienti vengono sottoposti ad una valutazione ECD  per il mappatura preoperatoria e per la ricerca di stenosi e/o occlusione delle vene centrali (Bashar K, 2014 [7]). L’ECD è stato eseguito periodicamente ogni tre mesi ed in occasione di difficoltà alla venipuntura,  diminuzione del trill all’esame obiettivo, aumento della pressione venosa, inadeguatezza dialitica, alterazioni cutanee. Un follow up più ravvicinato è stato effettuato in presenza di aneurismi (Fig.3, Fig. 4). Le complicanze riscontrate più frequentemente nei pazienti con superficializzazione della vena basilica sono state la stenosi dell’outflow (4 dei 6 pazienti) e la trombosi parziale della vena. La diagnosi di stenosi è stata posta dopo esecuzione di ECD con riscontro sia di riduzione della portata dell’AV, di aliasing all’ecocolordoppler e di elevate velocità sisto-diastoliche all’esame flussi metrico. Due pazienti, a distanza di circa  20 mesi sono stati sottoposti ad un trattamento percutaneo transluminale (PTA); gli altri due, a distanza di circa dieci mesi,  hanno subito un trattamento con PTA ed, in seguito a  recidiva di stenosi dell’outflow,  un ulteriore correzione con PTA + stenting. L’ impossibilità ad utilizzare il tratto di vena sede dello stent è uno svantaggio, ma ciò non ha determinato problemi in termini di efficienza dialitica (Fig.5).

Solo due casi non hanno presentato alcuna complicanza dell’AV con un follow up di circa 38 mesi.

 Nelle FAV prossimali (omero-cefalica) le complicanze sono state stenosi post-anastomotica, stenosi dell’outflow, e formazione di aneurismi.

Due pazienti hanno presentato una trombosi venosa parziale. L’utilizzo dell’ECD ha messo in evidenza la vena aumentata di dimensioni, non facilmente comprimibile con presenza di materiale ipoecogeno all’interno del lume. L’infusione di urochinasi locoregionale in un paziente e la trombectomia chirurgica nell’altro seguita da PTA ha consentito il recupero completo dell’AV.

In due casi  è stato necessario ripetere il trattamento con angioplastica associando il posizionamento dello  stent (rispettivamente ad un anno e 18 mesi).

Le procedure di PTA e PTA + stenting si sono rivelate efficaci in termini di pervietà dell’accesso con recupero della portata e risoluzione della stenosi, in assenza di problematiche legate alle metodiche.

L’ ECD è stato nei nostri pazienti un valido aiuto nel mantenimento di una adeguata funzionalità dell’ accesso vascolare con un follow up medio di circa sei anni.

La legatura della fistola è stata necessaria in un paziente per il massivo edema del braccio. 

Discussione

La fistola prossimale è, in genere, una seconda scelta o può rappresentare un accesso primario in assenza dei presupposti anatomici per una FAV distale. I vantaggi  e gli svantaggi sono riportati nella tabella 1.

In accordo con le linee guida KDOQI la migliore strategia per la prevenzione della trombosi della FAV è rappresentata dal monitoraggio clinico e strumentale per l’identificazione delle stenosi, riducendo l’uso di cateteri venosi centrali, anche temporanei.

Vari Autori ribadiscono l’utilità dell’ECD nel monitoraggio e sorveglianza delle FAV (Glazer,2015) [8], (King DH,2015) [9] (full text), (Kudlicka J,2012) [10]

B. Fila e coll, in un editoriale del 2016, ribadiscono il ruolo dell’esperienza chirurgica e dell’educazione dell’AV in termini di sforzo costante da parte di tutti i professionisti del team multidisciplinare coinvolti nella cura del paziente emodializzato (Branco Fila, 2016) [11] (full text).

Gli Autori concludono che le procedure di salvataggio dell’AV non devono essere considerate di scarsa rilevanza e dovrebbero essere messe in mano a personale esperto o sotto la loro supervisione. Inoltre l’uso degli ultrasuoni in fase preoperatoria deve essere lo strumento di routine per la scelta strategica dell’AV.

Lomonte e coll nel 2011 sottolineano l’esigenza crescente di un team dell’AV in cui  il nefrologo dovrebbe poter svolgere un ruolo leader  poiché ha la responsabilità ultima degli outcomes che causano l’ospedalizzazione dei pazienti emodializzati (Lomonte, 2011 [12] (full text)). 

Conclusioni

A nostro avviso l’ECD, anche nelle FAVC, fornisce utili informazioni circa la funzionalità dell’AV, individua  precocemente le complicanze dell’AV, delinea sede ed estensione della stenosi, evidenzia ispessimenti e/o trombi parietali o endoluminali e consente una valutazione della entità emodinamica della stenosi mediante lo studio flussimetrico ed indirizza la terapia interventistica verificandone l’efficacia.

La correzione preventiva di tutte le complicanze ha migliorato la sopravvivenza dell’AV nei nostri pazienti portatori di FAVC.

Riteniamo necessaria una estesa diffusione dei programmi di monitoraggio delle FAVC con ECD, anche nel follow up dopo trattamento con l’obiettivo prioritario di preservare la funzionalità dell’accesso migliorando la qualità di vita del paziente.