Efficacia della somministrazione di Ferro liposomiale orale vs Ferro gluconato endovena in emodialisi

PREMESSE

L’anemia è una frequente e precoce complicanza della Malattia Renale Cron1ica (CKD), e la sua prevalenza aumenta con il peggiorare della funzionalità renale, coinvolgendo oltre il 50% dei pazienti in predialisi (stadio V) e praticamente quasi il 100% dei pazienti in emodialisi (KDIGO 2012) [1].

Lo stato anemico dipende da un’inadeguata produzione di Eritropoietina, tuttavia un’importanza fondamentale è rappresentata dalle alterazioni dello stato marziale o per un deficit assoluto di ferro, come conseguenza di inadeguato assorbimento intestinale, o per ridotta biodisponibilità, legata allo stato infiammatorio sistemico, caratteristico di questi pazienti o per la tossicità uremica (Bregman et al. 2013) [2].

La somministrazione di Ferro, per via orale o endovenosa, ed Eritropoietina (Epo) è un elemento cardine per la correzione dell’anemia sia nei pazienti con CKD che nei pazienti in emodialisi cronica (Taylor et al.1996) [3] (full text)( Del Vecchio et al. 2010) [4]. La terapia marziale, somministrata per via orale, il cui assorbimento intestinale è per il 15-20 % della dose somministrata, è preferita nei pazienti in fase conservativa, ma presenta frequenti effetti collaterali soprattutto di tipo gastroenterico.

Al contrario nei pazienti in emodialisi viene utilizzata quasi esclusivamente  la via endovenosa che può favorire fenomeni allergici anche gravi, e può portare ad un aumento dello stato infiammatorio sistemico con conseguente anemia funzionale da ridotto utilizzo del ferro da parte del midollo (Taylor et al. 1996) [3]( Del Vecchio et al.2010) [4]  .

La possibilità di disporre di una particolare preparazione orale di ferro, il ferro liposomiale, a base di pirofosfato ferrico veicolato all’interno di una membrana fosfolipidica, sembra avere una minore incidenza di effetti collaterali gastrointestinali, senza aumentare lo stato infiammatorio del paziente (Visciano et al. 2013) [5].

Scopo del nostro lavoro è stato verificare l’efficacia del ferro liposomiale somministrato per via orale, in un gruppo di nostri pazienti emodializzati cronici, confrontandolo con la tradizionale terapia endovenosa con ferro gluconato.

MATERIALI E METODI

Abbiamo sottoposto allo studio 10 pazienti (Fig. 1) in emodialisi cronica da almeno tre mesi che presentavano un’anemia sideropenica: Hb <11 g/dl, saturazione della Transferrina <20% e ferritinemia <100 mcg/l. Venivano esclusi i pazienti affetti da anemie ereditarie, neoplasie, malattie autoimmuni.

Il protocollo aveva una durata di 9 mesi secondo il seguente schema:

un Periodo di 3 mesi (ev1) durante cui veniva somministrato, alla fine della seduta emodialitica, ferro endovena (62,5 mg/sett); a questo seguiva un Periodo di tre mesi (os) in cui gli stessi pazienti sospendevano il Ferro ev e lo sostituivano con Ferro liposomiale orale al dosaggio di 30 mg/die. Seguiva quindi un Periodo di 3 mesi (ev2) in cui tutti i pazienti riprendevano la terapia marziale endovena allo stesso dosaggio del periodo ev1.

Durante i tre periodi venivano valutati i valori sierici di Hb, Ferritinemia, Saturazione della Transferrina, PCR, Albumina, consumo settimanale di Eritropoietina.

L’analisi statistica veniva effettuata con test t di Student per dati appaiati confrontando tra di loro le medie dei valori al termine dei tre Periodi.

RISULTATI

Le caratteristiche basali dei pazienti studiati sono mostrate nella Figura 1.

I grafici delle Figure 2, 3, 4, 5 mostrano le medie dei valori di tutti pazienti al termine dei tre diversi periodi di trattamento.

Dalle medie dei valori si rileva nel Periodo os, rispetto alla fine del Periodo ev1 un aumento significativo (p<0,05) della concentrazione di Hb (11,4 ± 1,1 vs 10,6 ± 1,4 g/dl), un aumento  significativo (p<0,05) della saturazione della transferrina (15 ± 8 vs 13 ± 6 %), una riduzione significativa (p<0,05) dei valori di PCR (0,4 ± 0,3 vs 0,7 ± 0,6 mg/dl) e una riduzione significativa (p<0,05) del consumo settimanale di Eritropoietina (8750 ± 7100 vs 10286 ±  8000 UI/sett/pz).

Confrontando le medie del Periodo ev2 rispetto al Periodo os, si rileva una riduzione significativa (p<0,05) dell’Hb (10,1 ± 1,3 g/dl), un aumento del consumo settimanale di Eritropoietina (12286 ±  7200UI/sett/pz) e un aumento significativo (p<0,05) della PCR (0,9 ± 1,2 mg/dl).

Nessuna differenza statisticamente significativa, durante i tre Periodi, si evidenziava per i valori di ferritina sierica: 108  ±  103 mcg/l (ev1); 102 ±  90 mcg/l (os); 103 ±  98 mcg/l (ev2), e albuminemia: 4 ±  0,3 g/dl (ev1); 4,2 ±  0,2 g/dl (os); 3,8 ±  0,3 g/dl (ev2).

Nessun paziente ha riferito effetti collaterali durante il trattamento con ferro endovena o liposomiale e nessuno ha sospeso la terapia.

DISCUSSIONE

Nei pazienti con CKD in fase conservativa viene preferita la somministrazione di ferro per via orale ma a volte per un malassorbimento intestinale o la comparsa di effetti collaterali, come dolori addominali, gastralgie, nausea, vomito, diarrea, siamo costretti a passare alla somministrazione per via endovenosa (Auerbach et al. 2008) [6].

Nei pazienti in emodialisi cronica viene preferito per ragioni pratiche il ferro endovenoso, che può  presentare tuttavia fenomeni allergici fino a reazioni anafilattiche gravi, potenziale citotossicità, epatopatia con accumulo di ferro nelle varie forme di emocromatosi ereditarie, un aumentato rischio di sviluppare cirrosi con livelli di ferritinemia>1000 ng/ml ed un aumento dello stato infiammatorio sistemico con diminuzione delle difese antiossidanti (Zager et al.  2004 [7]). L’aumentata produzione di marker infiammatori, quali la PCR, IL-6, TNF-alfa, favorisce la liberazione di epcidina, una proteina prodotta dal fegato che agisce legandosi ad un’altra proteina, chiamata ferroportina che regola la fuoriuscita di ferro dalle cellule, bloccando il passaggio del ferro dalle cellule al sangue con conseguente carenza funzionale di ferro, cosidetta anemia infiammatoria (Zager et al. 2004) [8] (Chertow et al. 2006) [9] (full text) Inoltre, recentemente sono state enfatizzate le problamatiche medico-legali relative alla somministrazione endovenosa del ferro: una recente nota del 25 Ottobre 2013  dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) (www.agenzia farmaco.gov.it)  ha sottolineato il rischio della somministrazione endovena con reazioni potenzialmente fatali, soprattutto nei pazienti con allergie note e nei pazienti con patologie infiammatorie, anche del sistema immunitario, oltre che nei pazienti con asma, eczemi, allergie atopiche (Van Wyck et al. 2005) [10]. Quindi, secondo tali note, i pazienti emodializzati in terapia endovenosa dovrebbero essere attentamente monitorati durante e almeno 30 min dopo la somministrazione in presenza di un medico, oltre al personale infermieristico, e tutto questo potrebbe creare problematiche organizzative di notevole complessità soprattutto se tali indicazioni dovessero essere estese ai Centri Dialisi ad Assistenza limitata e/o decentrata, dove notoriamente la presenza del medico è circoscritta ad orari che non coprono tutte le sedute dialitiche della giornata.

Anche se da un lato tra i vari preparati ev il ferro gluconato sembra essere quello con minori effetti collaterali, il Work Group KDIGO 2012 non ha evidenziato un beneficio definito della via endovenosa rispetto all’orale (KDIGO 2012) [1]. Dall’altro lato, come già detto, l’uso del ferro orale non ha avuto molto sviluppo fino ad ora per la scarsa efficacia e per gli effetti collaterali gastroenterici legati al composto che di solito contiene  ferro saccarato o solfato ferroso, che lo ha reso utilizzabile solo per una ristretta fascia di pazienti, sicuramente non affetti da Insufficienza Renale Cronica, in cui è costante l’incidenza di gastriti e gastralgie (Auerbach et al. 2008) [6]. Recentemente la possibilità di disporre di una particolare preparazione orale di ferro, il ferro liposomiale, a base di pirofosfato ferrico veicolato all’interno di una membrana fosfolipidica, ha mostrato una minore incidenza di effetti collaterali gastrointestinali, grazie alla microincapsulazione liposomiale, per cui il ferro non entra in contatto con le mucose con migliore assorbimento intestinale bypassando il blocco indotto dall’epcidina, inoltre il ferro pirofosfato assorbito ha una maggiore affinità per la transferrina e viene da questa ceduto direttamente al midollo osseo (Visciano et al. 2013). [5]

Il nostro lavoro, anche se eseguito su un piccolo numero di pazienti emodializzati, ha dimostrato un’efficacia superiore rispetto al ferro endovena, con un aumento significativo dei valori di emoglobina e una riduzione dei dosaggi di Eritropoietina. Tali risultati confermano lavori nefrologici precedentemente eseguiti su pazienti in trattamento conservativo (Van Wych et al.2005) [10], (Charytan et al. 2005), [11] (Agarwal et al. 2006) [12]. Un aspetto particolarmente interessante è la riduzione della PCR durante il trattamento con ferro liposomiale, che viene spiegata con una minore attivazione/produzione dei marker infiammatori che invece aumentano con l’uso del ferro endovena attraverso la produzione delle specie reattive dell’ossigeno che esacerbano l’infiammazione sistemica, con diminuzione delle difese antiossidanti e aumento del rilascio di TNF e IL-6 (Mitsopoulos et al. 2011). [13] (full text)  L’assenza di questi effetti nel caso dell’uso del ferro liposomiale spiega anche il risparmio delle dosi settimanali di eritropoietina (riduzione di almeno 2000 U/sett/pz) che compensano nettamente il maggior costo del ferro liposomiale rispetto al ferro gluconato endovena. Un altro argomento in favore del ferro liposomiale è l’affidabilità del ferro orale anche sull’aspetto del suo assorbimento intestinale in percentuale quasi costante (20%) rispetto al ferro somministrato endovena di cui non è certa la percentuale di utilizzo, con una quantità che precipita sicuramente a livello tissutale, una volta saturata la transferrina.

In conclusione, la nostra esperienza dimostra la possibilità di sostituire la somministrazione di ferro endovenoso con ferro orale liposomiale, ben tollerato, efficace, e con risparmi economici significativi. Inoltre, ci preme sottolineare l’importante ricaduta anche sul piano medico-legale, per il minor rischio clinico nell’uso del ferro orale liposomiale rispetto al ferro endovena.