Diabete Insipido Nefrogenico: a case report

Razionale

Il diabete insipido è una condizione clinica caratterizzata principalmente da poliuria a bassa osmolalità, ne esistono due forme:

  • diabete insipido centrale (CDI), malattia ipotalamica-ipofisaria con poliuria e polidipsia da deficit di vasopressina (AVP), può essere idiopatico od acquisito.
  • diabete insipido nefrogenico (NDI): congenito od acquisito, causato dalla mancata risposta tubulare renale all’AVP.

L’NDI presenta una prevalenza di 1-2/1.000.000, ed è classificato fra le malattie rare. Il congenito, presenta una forma recessiva, legata all’X, con mutazioni sul cromosoma Xq28, codificante per il recettore V2 dell’AVP, ed una a trasmissione autosomica recessiva o dominante, con mutazioni del gene AQP2, cromosoma 12, codificante per l’acquaporina-2. La forma acquisita può essere dovuta a malattie renali croniche, carenza di potassio, ipercalcemia, uso di farmaci (goggans, 1980 [1]) (Bockenhauer, 2015) [2].Ed è appunto su quest’ultimo aspetto che focalizzeremo la nostra attenzione. Il litio è uno stabilizzatore dell’umore utile nel trattamento del disordine bipolare (Belmaker, 2004 [3]) (Gherson, 2009 [4]), di provata efficacia nel ridurre gli episodi maniacali e il tasso di suicidi in questi pazienti. L’uso del farmaco può generare nefrotossicità (Azab, 2015 [5]), con effetti noti e descritti da lungo tempo in letteratura (Angrist, 1970 [6])(Mc Knight, 2012 [7]). Fra i più importanti ricordiamo: polidipsia, iperkalemia (Goggans, 1980 [1]), nefrite interstiziale acuta, insufficienza renale cronica e diabete insipido nefrogenico. In particolare,Il legame fra l’uso del Litio e l’insorgenza del diabete insipido è fra i più noti, ed è dovuto, almeno in parte, all’interazione fra la vasopressina ed una fase distale della formazione del 3’5′ cAMP (Forrest, 1974 [8]). L’incidenza dell’NDI fra i pazienti trattati con litio varia a seconda degli studi di riferimento (con range che vanno da un minimo di 20% e l’87%)(Baylis, 1978) [9], (Markowitz, 2000 [10] (full text)). Fra i fattori che sembrano influire sull’incidenza e la severità della forma abbiamo la durata del trattamento (un trattamento protratto nel tempo favorisce l’insorgenza di NDI), il livello ematico del farmaco è un altro dei fattori coinvolti nell’insorgenza di NDI, anche se l’NDI può insorgere anche dopo la cessazione del litio (Paw, 2007 [11]), altri studi inoltre dimostrano che la cessazione della somministrazione a lungo termine non ristabilisce la capacità di concentrazione urinaria. Il tutto indica una stretta relazione fra il livello di danno tubulointerstiziale e la gravità e reversibilità dell’NDI. Se il danno riguarda semplicemente la funzionalità tubulointerstiziale è ancora reversibile, se invece si arriva all’insorgenza di fibrosi il danno non può essere risolto dalla cessazione del litio. Il trattamento di elezione dell’NDI è rappresentato dall’uso di amiloride (Boton, 1987 [12])(Bedford, 2008 [13] (full text)). I meccanismi possibili di azione dell’amiloride sull’NDI sono sostanzialmente due:

1) blocco dei canali epiteliali del sodio ENaC, con una conseguente riduzione dell’assorbimento del litio da parte delle cellule del dotto collettore.

2) ripristino dei normali livelli di espressione di AQP2 ed AQP3.

Casistica e Metodi

Descriviamo il caso di un cinquantottenne, psichiatrico con disordine bipolare, in terapia antipsicotica con litio, compliance pessima, aggressivo e violento, interdetto.

Giungeva in PS per alterazione della coscienza, disturbi della motilità non legati a traumi, all’ingresso gli esami mostravano una funzione renale contratta: Creatininemia 4 mg/dl, azotemia 150 mg/dl, GFR stimato all’MDRD 16.4 ml/min, sodiemia 180 mEq/l , diuresi presente con peso specifico urinario <1005, potassiemia normale.
Successivamente dopo iniziale idratazione la sodiemia scendeva a 160 mEq/l, diuresi > 200 cc/h, calcemia normale, all’EGA venoso: pH 7.4, HCO3 20 mmol/l, e – 3BE. Dopo 72 ore, nonostante idratazione non mostrava nessun miglioramento clinico, con ulteriore incremento della sodiemia fino a valori di 190 mEq/l. Veniva trasferito in rianimazione dove proseguiva l’idratazione. Per la poliuria, il peso specifico urinario sempre < 1005, la storia di assunzione di litio, si diagnosticava il diabete insipido nefrogenico.

Risultati

Avviava pertanto Desmopressina a dosi crescenti, ma vista la mancata risposta si sospendeva ed avviava tiazidico+amiloride.

La poliuria permaneva inalterata sui 5-6 l/die. Contemporaneamente all’espansione volemica sviluppava
acidosi metabolica importante, tanto che nonostante i valori di sodiemia avviava terapia con sodio bicarbonato a bassa dose, senza peraltro incremento della sodiemia stessa, lentamente però l’acidosi rientrava nei range. Successivamente la sodiemia si normalizzava, la funzione renale migliorava nettamente anche se permaneva una contrazione lieve del filtrato: al primo controllo successivo al ricovero mostrava: Creatininemia 1.4 mg/dl, azotemia 66 mg/dl, GFR all’MDRD 55 ml/min. Nel successivi accessi ambulatoriali la creatininemia permaneva su valori oscillanti fra 1.3-1,5 mg/dl, si manteneva una terapia di mantenimento con Desmopressina (sospensione 0.125 mg, 2 inalazioni die), poi definitivamente sospesa vista la normalizzazione del quadro.

Conclusioni

La tossicità da litio ed il diabete insipido nefrogenico correlato, per quanto noti, non sono di comunissimo riscontro nella nostra attività ambulatoriale. Il caso che abbiamo descritto ne è un esempio tipico.