Biopsiare o non biopsiare, questo è il dilemma! Considerazioni su un caso di nefrite lupica

Razionale

L’indicazione a eseguire una biopsia renale nei pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico non è sempre chiara e inequivocabile. Una diagnosi preceoce di nefrite lupica migliora l’outcome (Christofer-Stine et al 2007 [1]) ed è utile conoscere la classe istologica al fine di praticare la terapia più indicata (Hsieh et al 2012 [2]), anche in considerazione del fatto che le manifestazioni cliniche non correlano con l’aspetto istologico (Haas et al 2014) [3].

Caso clinico

Presentiamo il caso clinico di una giovane donna di 21 anni, inviata alla nostra attenzione in seguito a diagnosi di LES, formulata nell’ambito di approfondimenti diagnostici per trombofilia. La paziente ha infatti presentato una trombosi venosa profonda in seguito all’avvio di terapia estroprogestinica, recidivata alla sospensione della terapia anticoagulante. Le indagini bioumorali dimostravano positività di ANA 1: 320, anti ds-DNA positivi ad alto titolo, dubbia positività per anticorpi anticardiolipina, consumo di C3 e C4. La paziente è stata posta in trattamento con idrossiclorochina, associata a prednisone a bassa dose (25 mg/die a scalare) in seguito alla comparsa di artrite e afte orali. 

La proteinuria è risultata di 0.5 g/24 ore in due determinazioni. Il rapporto albuminuria/creatininuria  è risultato di 650 mg/g, il sedimento urinario non era attivo, la funzione renale persistentemente normale. Contestualmente abbiamo posto diagnosi di pericardite. Dilemma amletico: eseguire la biopsia renale (sospendendo provvisoriamente la terapia anticoagulante) o proseguire i controlli seriati della proteinuria, della funzione renale e del sedimento urinario? 

Abbiamo sottoposto la paziente a biopsia renale; il quadro istologico era il seguente: una media di 15-18 glomeruli per sezione istologica, la maggior parte dei quali (90%) presenta alterazioni globali caratterizzate da espansione della matrice mesangiale ed incremento della cellularità, con infiltrazione di granulociti, talora in carioressi. I capillari periferici mostrano calibri luminali ridotti ed occasionali immagini di ispessimento parietale ad ansa di filo di ferro. Si osservano inoltre quadri di marcata iperplasia epiteliale reattiva con formazione di sinechie e di occasionali semilune. Un singolo glomerulo presenta focolaio di necrosi fibrinoide. La colorazione tricromica di Masson evidenzia gocciole di riassorbimento proteico ed occasionali depositi fucsinofili subendoteliali. Tubuli con alcuni aggregati intraluminali di materiale proteinaceo e talora ematico variamente degradato. Interstizio con aree di lieve sclerosi e sparsi infiltrati infiammatori costituiti da elementi mononucleati. Arteriole con modesto ispessimento fibromuscolare parietale.

L’aspetto istologico era quindi ascrivibile alla classe IV-G secondo la classificazione ISN/RPS 2003 (Figura 1 e Figura 2).

L’immunofluorescenza diretta era coerente con la diagnosi clinica e istologica (Figura 3 e Figura 4).

Tali reperti hanno giustificato l’avvio della terapia immunomodulante con micofenolato mofetile.

Discussione

Le linee guida internazionali concordano sull’indicazione alla biopsia in caso di coinvolgimento renale da LES; divergono, invece, circa i criteri per cui sospettare una nefrite lupica: un peggioramento altrimenti inspiegabile della funzione renale o una proteinuria significativa (> di 50 mg/g) sono considerate indicazioni sufficienti alla biopsia. La presenza di un sedimento urinario attivo è sufficiente a giustificare l’esame istologico secondo le linee guida della Società Spagnola di Nefrologia 2012 [4] (full text) e le KDIGO 2012. Le linee guida italiane [5] non sono conclusive, ma sottolineano l’utilità della biospia renale a fini diagnostici e prognostici nella nefrite lupica, rimarcando la non corrispodenza tra quadro clinico e aspetto istologico. Più recenti Best Practice redatte dal Gruppo di Studio di Immunopatologia renale della SIN evidenziano l’imprescindibilità della biopsia renale al momento della diagnosi di coinvolgimento renale.

Conclusioni

Il nostro caso sostiene l’utilità di eseguire la biospia renale anche in presenza di modeste alterazioni urinarie e conferma l’inaffidabilità dei test laboratoristici nel predire la severità del danno istologico renale. Nel caso presentato, infatti, il sedimento urinario non era attivo e la funzione renale era persistentemente normale. Il coinvolgimento renale della patologia sistemica era suggerito dall’escrezione urinaria di albumina, modesta ma significativa. La diagnosi tempestiva di nefrite lupica con lesioni proliferative ha consentito di avviare immediatamente la terapia immunomodulante indicata.