Razionale
I cateteri venosi tunnellizzati (CVC-T) rappresentano una valida alternativa all’allestimento di una fistola artero-venosa nei pazienti con esaurimento del patrimonio vascolare nativo (Ash SR [1], Drew DA [2]).
La loro sicurezza d’impiego e la loro durata nel tempo, tuttavia, sono strettamente dipendenti dalla capacità di prevenire l’insorgenza di infezioni e di complicanze trombotiche (Ishani A [3], Lok CE [4]).
Presentiamo i dati relativi all’incidenza di infezioni nei pazienti portatori di CVC-T in trattamento dialitico presso il nostro centro nel 2013.
Casistica e Metodi
Nel nostro centro è attiva dall’inizio del 2013 una scheda per la raccolta dei dati di follow up dei CVC-T che viene aggiornata ad ogni seduta dialitica (Figura 1). Abbiamo così potuto valutare in modo sistematico tutti i dati relativi alla comparsa di infezioni dell’emergenza/tunnel del CVC-T e di batteriemie.
Risultati
Sono stati analizzati i dati relativi a complessivi 62 CVC-T in 55 pazienti.
In Figura 2 sono riportate la caratteristiche demografiche e cliniche della popolazione studiata, messa a confronto con le caratteristiche dei pz portatori di fistola arterovenosa.
Come evidenziato dalla Figura 3, la prevalenza di vasculopatia rende ragione delle difficoltà nell’allestimento e nel mantenimento di una FAV su vasi nativi ben funzionanti. Inoltre va segnalato che i pz neoplastici arrivano tardivamente all’attenzione del nefrologo ed il CVC-T diviene una scelta obbligata nei casi di spiccata trombofilia o in attesa della maturazione della FAV.
L’incidenza di infezione dell’emergenza/tunnel è risultata pari a 1.34/1000 giorni catetere ed è stata documentata un’ incidenza di batteriemie di 0.87/1000 giorni catetere.Non abbiamo osservato infezioni nel primo mese di vita del CVCt a testimonianza della adeguata asepsi osservata durante il posizionamento. Le infezioni dell’emergenza e del tunnel hanno mostrato una maggiore incidenza nel periodo estivo (Figura 4). I batteri più frequentemente responsabili delle infezioni sono stati: Stafilococco Aureo, Stafilococco Epidermidis, Enterobacter ed Escherichia Coli. In due casi si è resa necessaria la rimozione del CVC-T.
Conclusioni
I nostri risultati si collocano nell’area dell’eccellenza (linee guida EBPG 2007 e KDOQI 2006) (Tordoir J [5] (full text), Navuluri R. [6], Beathard GA. [7]) (Figura 5) e testimoniano il grande impegno messo in atto per la prevenzione delle infezioni correlate ai CVC-T.
Ciò potrebbe dipendere da:
1. Posizionamento dei cateteri in sala operatoria
2. Sanitizzazione periodica delle sale dialisi;
3. Gestione del CVC-T con allestimento di esteso campo sterile;
4. Posizionamento di spezzone ad Y all’estremità della branca arteriosa del catetere.
5. Educazione del paziente alle pratiche di igiene personale, alla cura del catetere e a riconoscere segni e sintomi sospetti per infezione.
Riteniamo che rivesta grande importanza anche la registrazione di tutti gli eventi sulla scheda di follow-up che è uno strumento indispensabile per eseguire annualmente un audit sulla qualità delle performance del centro dialisi.