ANALISI COMPARATIVA DEI RISULTATI CLINICI DEL TRAPIANTO RENALE DA DONATORE VIVENTE E DONATORE DECEDUTO, IN UN PROGRAMMA CON AMPI CRITERI DI ACCETTAZIONE DEL DONATORE

INTRODUZIONE

La forbice sempre più ampia tra disponibilità di organi e numero di pazienti in lista di attesa rappresenta una delle problematiche più rilevanti in ambito trapiantologico [1]. La donazione da vivente rappresenta una valida alternativa per espandere il pool di donatori. Scopo del presente lavoro è analizzare la sopravvivenza del trapianto da vivente, in particolare da donatori anziani e/o con fattori comorbidi, e rispetto al trapianto da donatore cadavere.

MATERIALI E METODI

Sono stati considerati 104 trapianti da donatore vivente effettuati presso il nostro centro tra il 1985 ed il 2011. Tale popolazione è stata confrontata con un gruppo di controllo di trapianti da donatore deceduto eseguiti nello stesso periodo, selezionato con campionamento casuale proporzionale (1:1), stratificato per sesso ed età del ricevente. Inoltre sono state analizzate le caratteristiche ed ifattori comorbidi della popolazione dei donatori viventi (Figura 1).

RISULTATI

La sopravvivenza del trapianto è superiore a 1 e 10 aa nei trapianti da vivente (94,2% ed 82,1%) rispetto ai trapianti da donatore deceduto (93,2% e 65,2%, p=0,01) (Figura 2), a fronte di un mismatch HLA donatore-ricevente (essendo presenti donatori viventi non apparentati con compatibilità molto bassa o nulla) e di un’età media del donatore (49,62±10,38 aa vs 38,89±17,20 aa) sfavorevoli nel primo gruppo. Non emergono differenze significative in termini di dati funzionali renali, per gli intervalli considerati, tra i gruppi analizzati.

Per quanto riguarda i donatori viventi: il 24,8% presenta almeno un fattore comorbido (11,8% ipertensione, 6,7% BMI >30, 11,5% dislipidemia, 3,8% cardiopatie lievi, 3% nefrolitiasi).

Stratificando i trapianti in base all’età del donatore, la sopravvivenza dell’organo trapiantato si conferma superiore per il trapianto da vivente, sia per donatori > 50 aa: (sopravvivenza a 1,5 e 10 anni: 96,2%, 88,5% e 80,4% per i trapiantati da vivente; 91,1%, 68,8% e 53,2% per i trapiantati da donatore deceduto (p=0,001)), che per donatori > 60 anni, (sopravvivenza a 1,5 e 10 anni: 94,4%, 86,6% e 74,2% per i trapiantati da vivente contro 85,7%, 65,3% e 52,2% per i trapiantati da donatore deceduto (p=0,04)) (Figura 3).

Inoltre, a differenza di quanto avviene nel trapianto da donatore deceduto, in quello da donatore vivente l’età del donatore non sembra influire in maniera significativa sulla durata del trapianto: srv rene a 1,5 e 10 anni del 92,3% e 83,1% con donatori < di 50 aa, del 94,4%, 86,6% e 74,2% con donatori viventi > 60 anni.(p=0,35) (Figura 4).

Sia la DGF (38,3% dei riceventi di trapianto da donatore deceduto vs 26,8% trapiantati da vivente; p=0,09) che il rigetto acuto (27,3% trapiantati da don. deceduto vs 13,7% trapiantati da vivente; p=0,06), entrambi maggiormente presenti nella popolazione dei trapiantati da donatore deceduto, si sono rivelati essere fattori di rischio significativi in entrambe le tipologie di trapianto:

  • Sopravvivenza a 1,5 e 10 anni: 99,5%, 87,4% e 79,0% senza DGF e 88,5%, 70,0% e 64,7% con DGF. (p=0,05).
  • Sopravvivenza a 1,5 e 10 anni: 96,2%, 89,6% e 84,4% senza rigetto acuto e 92,7%, 66,1% e 59,6% con almeno 1 rigetto acuto. (p=0,001).

Le complicanze peri- e post-operatorie per tutti i donatori viventi considerati si sono rivelate assai ridotte (infezioni 4,9%, sanguinamenti 2,9%, pneumotoraci 0,9%), in accordo con i dati della letteratura.

L’andamento nefrologico dei donatori stessi è risultato molto buono con una creatinina media di 1,08 ± 0,21, una clearance della creatinina di 75,15 ± 28,36 ml/min, ed una proteinuria media di 0,11±0,09 g/24h a fine f/up (f/up medio = 8,44 aa). Nessun donatore ha sviluppato IRC con necessità dialitica.

CONCLUSIONI

Il nostro studio conferma i buoni risultati del trapianto renale da donatore vivente, a fronte di una sicurezza elevata per i donatori, sia in termini di complicanze peri-operatorie che in termini di funzionalità renale sul lungo termine [2] [3] In particolare si dimostra come l’utilizzo di donatori viventi anziani (> 50 e 60 anni) non vada ad inficiare i risultati a breve e lungo termine se paragonato al trapianto da vivente con donatori più giovani e al trapianto da donatore deceduto, in cui l’utilizzo dei donatori anziani, al contrario garantisce risultati meno buoni. Inoltre l’utilizzo di donatori viventi anziani, non espone i suddetti donatori a rischi maggiori nè a medio nè a lungo termine [4] (full text) [5] [6]. Punto cruciale per il raggiungimento di questi risultati è, a nostro parere, rivestito dallo screening e dalla attenta e corretta selezione pre-donazione [7] [8].

Questi risultati, pur con piccoli numeri, sembrano quindi incoraggiare l’espansione della donazione da vivente attraverso l’utilizzo di donatori viventi “marginali”.