AKI in terapia sostitutiva: l’esperienza di Verona

Razionale

L’acronimo AKI indica una sindrome clinica caratterizzata da una rapida e improvvisa riduzione della funzione renale con un incremento dei valori di creatininemia sierica e/o oliguria, indipendentemente dalla eziologia.

Dati recenti riportano il danno renale acuto con una incidenza di circa il 16-18% di tutte le ospedalizzazioni con un rischio di mortalità intraospedaliera che varia dal 20 al 50% nelle unità di terapia intensiva. (Zeng X – 2014) [1] (full text). Diverse classificazioni sono state proposte per meglio definire tale spettro di patologie. Le più note sono prevalentemente basate sui valori di creatininemia sierica e di output urinario. Tra di esse le classificazioni RIFLE e AKIN risultano solitamente quelli di più frequente applicazione in ambito clinico e scientifico.

Obbiettivo del nostro studio è stato quello di  individuare variabili predittive di mortalità intraospedaliera e di recupero della funzione renale in pazienti con danno renale acuto e necessità di trattamento sostitutivo sia in forma intermittente (IRRT) che continua (CRRT).

Casistica e Metodi

Abbiamo seguito e raccolto i dati di 363 pazienti stadio 3 AKIN nel periodo tra Gennaio 2011 e Dicembre 2014 (180 pazienti con AKI all’ingresso e 183 pazienti con AKI comparso durante il ricovero ospedaliero).
Le cause di AKI sono state suddivise in sei categorie: sepsi medica (111 pz), sepsi chirurgica ( a seguito di interventi di chirurgia 34 pz), ischemia medica (91 pz), ischemia chirurgica ( di pertinenza chirurgica e in corso di interventi chirurgici 102 pz), tossici (116 pz) e altro (vasculiti, AKI in corso di emo-linfopatie 11 pz).
Le indicazioni alla terapia sostitutiva comprendevano: iperidratazione, oligoanuria, acidosi, iperkaliemia e iperazotemia.

Abbiamo escluso dalla analisi i pazienti già in trattamento sostitutivo e coloro che hanno sviluppato una DGF (delayed graft function) in seguito a trapianto di rene, in quanto già precedentemente affetti da insufficienza renale terminale in trattamento sostitutivo.

La determinazione della creatinina sierica all’ingresso e durante il ricovero è stata eseguita con reattivo di Jaffè contenente picrato alcalino.

Gli outcomes considerati sono stati: il recupero della funzione renale inteso come indipendenza da dialisi, e la mortalità nell’arco del ricovero.

L’analisi statistica è stata condotta mediante i test  ANOVA, Chi-Quadro e il test di regressione logistica multivariata.E’ stato considerato significativo un valore di p < 0,05.

Risultati

Età, sesso e intervallo di giorni tra la comparsa di AKI e avvio RRT non differivano significativamente tra sopravvissuti e deceduti (Figura 0)  e tra pazienti con recupero della funzione renale e pazienti rimasti in dialisi cronica (Figura 0).

I pazienti con AKI secondario ad ischemia chirurgica hanno mostrato una prognosi più sfavorevole in termini di mortalità e di recupero della funzione renale (figura 0), indipendentemente dalla presenza o meno di fattori concausali come le sostanze nefrotossiche (test Chi-Quadro rispettivamente p 0,18 e p 0,29).

I pazienti con iperidratazione come indicazione alla RRT, hanno mostrato una prognosi più sfavorevole in termini di mortalità (Figura 0). L’iperidratazione è risultata presente nel 71% dei pazienti con AKI comparso durante la degenza ospedaliera e nel 56% dei pazienti con AKI all’ingresso.

Il 76 % dei pazienti con AKI secondario a ischemia chirurgica  ha presentato l’iperidratazione come indicazione al trattamento sostitutivo.

Non abbiamo riscontrato nei pazienti con AKI secondario alla sepsi (sia medica che chirurgica) un aumento della mortalità intraospedaliera e un esito sfavorevole della funzione renale rispetto alle altre cause (test Chi-Quadro sepsi medica p 0,71 e p 0,86; sepsi chirurgica p 0,47 e p 0,6) 

Valori elevati di creatininemia all’ingresso e al I giorno di RRT (Figura -1) e di delta HCO3 1-3 gg di RRT (Figura 0) sono risultati  associati ad un ridotto rischio di mortalità intraospedaliera al test di regressione logistica multivariata, considerando le variabili età, sesso e cause di AKI.

Conclusioni

Età, sesso e intervallo AKI-avvio RRT non sono fattori che influiscono sugli outcomes considerati, cosi come riportato anche da altri autori (Karvellas CJ – 2011) [2] (full text). Infatti la scelta di avvio precoce alla dialisi non ha dimostrato di ottenere un migliore outcome di sopravvivenza e di recupero della funzione renale, indipendentemente dai parametri scelti, rispetto alle classiche indicazioni alla terapia sostitutiva.

Il danno renale acuto secondario ad ischemia chirurgica è complicato, già nelle forme lievi, da un incremento della mortalità  con un rischio pari al 60% nei casi con necessità di intervento sostitutivo (Thakar CV – 2005) [3] (full text)

Una attenta valutazione della funzione renale pre-intervento consente di individuare un danno renale cronico o acuto misconosciuto e permette una stima dell’eventuale peggioramento e/o necessità di dialisi dopo l’intervento chirurgico. Rischio che aumenta soprattutto nel caso di interventi chirurgici multipli nel corso della stessa seduta operatoria.

Le forme complicate da sovraccarico idrico mostrano una prognosi peggiore, in quanto l’iperidratazione causa una ritardata guarigione delle ferite e del recupero della funzione dei visceri. Infatti l’edema tissutale può rendere deficitario l’assorbimento intestinale e l’escrezione renale, inoltre può aumentare la pressione endoaddominale e la congestione venosa renale (Bouchard J – 2009) [4].

Dal nostro lavoro livelli più elevati di creatininemia sierica all’ingresso ed in prima giornata di RRT indipendentemente dall’età, sesso e cause di AKI  sono risultati correlati ad una minore probabilità di decesso intraospedaliera. Altri Autori hanno pure riportato una ridotta mortalità tra i pazienti con GFR < 15 ml/min, con valori di creatininemia sierica elevati al momento della diagnosi di AKI e di avvio della RRT (Ostermann M – correlation) [5] (full text) . Una possibile spiegazione potrebbe essere dovuta al fatto che ridotti livelli di creatininemia all’avvio della RRT riflettono scadenti condizioni generali piuttosto che una migliore funzione renale, in relazione alla presenza di una ridotta massa muscolare e/o la presenza di sovraccarico di volume.

Il delta 1-3 giornata di HCO3 dall’avvio della RRT ha dimostrato  di correlarsi significativamente con la mortalità intraospedaliera con riduzione del rischio per  valori  pari a 20-25 mEq/L. Tale risultato è in accordo ai dati di un recente studio retrospettivo condotto su oltre 9000 pz in ICU che riporta una ridotta mortalità intraospedaliera nei pazienti con valori di bicarbonati sierici durante l’arco della degenza tra 25-30 mEq/L con un incremento della mortalità per valori < 25 mEq/L,raggiungendo il picco per valori < 20 meq/L e quando HCO3 >30 mEq/L(aspetto ad U della curva) (Liborio A – 2015) [6].