ANALISI RETROSPETTIVA MONOCENTRICA DELL’INCIDENZA DI CONTAMINAZIONE DEL LIQUIDO DI CONSERVAZIONE ORGANI E DEL RISCHIO INFETTIVO ASSOCIATO

Introduzione

Le infezioni rappresentano una delle maggiori cause di morbidità e mortalità nel paziente portatore di trapianto d’organo (Fishmann JA-1998 [1]). Il paziente portatore di trapianto infatti è a rischio di infezioni sia comunitarie che ospedaliere favorite dall’immunosoppressione. In questo contesto il liquido di conservazione organi (LCO) rappresenta un potenziale veicolo di infezione. La contaminazione del LCO che può essere endogena (patogeni presenti nel donatore) o esogena (patogeni derivanti da manipolazione del graft nelle varie fasi del prelievo) ha un’incidenza variabile a seconda delle casistiche con frequenze comprese tra 7 e 38% (Wakelin SJ-2005 [2]) (Len O-2008 [3])(Sauget M-2011 [4])(Veroux M-2010 [5]). Tuttavia l’incidenza di infezioni correlate al LCO non è ancora del tutto nota. Scopo di questo studio retrospettivo è stato di valutare l’incidenza e la rilevanza clinica della contaminazione del LCO presso la nostra unità operativa di trapianto renale.

Materiali e Metodi

Sono stati analizzati retrospettivamente i dati microbiologici di 84 LCO relativi ad altrettanti trapianti renali effettuati presso il nostro centro nel periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre 2011. I campioni di LCO inviati per l’analisi colturale sono stati prelevati prima dell’attivtà di back-table. Sono stati inoltre raccolti i dati clinici e di laboratorio relativi ad infezioni nel ricevente per un periodo di follow-up medio di 4 mesi dal trapianto.

Risultati

Su 84 LCO esaminati 15 (17,8%) sono risultati contaminati (Tabella 1). In 2 (13,3%) riceventi di trapianto con LCO contaminato da E. Coli e Stafiloccocco coagulasi negativo sono stati isolati gli stessi batteri nell’urocoltura post-trapianto. Tali pazienti sono stati trattati con terapia antibiotica mirata per 10 gg. 1 ricevente di trapianto con LCO contaminato da Turolopsis glabrata è stato trattato con caspofungin per 15 gg. Tutti i pazienti sono stati trattati con terapia antibiotica di profilassi (Tabella 2) per un tempo medio di 15,3 gg. In 9/15 (60%)  riceventi di trapianto con LCO contaminato è stata modificata la terapia antibiotica di profilassi in accordo con antibiogramma successivamente al riscontro della positività del LCO (tempo medio dal trapianto 9 gg) proseguita per almeno 10 gg. I dati anagrafici dei riceventi e la terapia immunosoppressiva sono riportate in tabella 3. Tutti i donatori erano multiorgano.

Conclusioni

Nel nostro studio 2 riceventi di trapianto renale hanno riportato un’infezione delle vie urinarie correlata alla presenza di batteri isolati dal liquido di conservazione organi pari al 13,3 % di coloro che hanno ricevuto un trapianto con LCO contaminato. L’incidenza complessiva di contaminazione del LCO è risultata essere del 17,8% (15/84) di cui 1 LCO positivo per Torulopsis glabrata potenzialmente responsabile di infezione grave nel ricevente ed incrementato rischio di arterite della a. renale e/o deiscenza dell’anastomosi vascolare (Albano L-2008 [6] (full text))(Singh N-2012 [7]). L’esame colturale del LCO routinariamente eseguito presso il nostro centro trapianto ha inoltre consentito di modificare la terapia antibiotica di profilassi sulla scorta dell’antibiogramma  in  9/15 (60%) pazienti con LCO contaminato ed in particolare di aggiungere l’antimicotico in quello con isolamento fungino. In conclusione, i risultati del nostro studio suggeriscono l’impiego di routine dell’esame colturale del LCO al fine di impostare precocemente l’idonea terapia soprattutto nei casi di isolamento di funghi per i quali oltre all’aggiunta dell’antimicotico l’attento monitoraggio dei markers di flogosi e dei parametri emodinamici rimane obbligatorio. Ulteriori studi con casistiche più numerose e prospettici sono auspicabili in futuro.