Valutazione prospettica dell’incidenza di anticorpi anti HLA donatore specifici nei riceventi di trapianto di rene trattati con everolimus

Introduzione

La comparsa di anticorpi anti HLA donatore specifici (DSA) dopo un trapianto di rene può esser causa di un rigetto umorale acuto o cronico ed è associata ad una più rapida perdita di funzione del trapianto. Recenti studi hanno mostrato come i pazienti trattati con sirolimus o everolimus (mTOR-i) abbiano un’incidenza maggiore di DSA rispetto ai pazienti trattati con schemi tradizionali. Lo studio di Liefeldt et al ha mostrato che solo il 10,8% (7/65) dei pazienti mantenuti in ciclosporina rispetto al 23,0% (14/61) dei pazienti passati a everolimus dopo il terzo mese ha sviluppato DSA. 

Obiettivo dello Studio

Scopo di questo lavoro è di valutare se l’incidenza a due anni di DSA “de novo” nel trapianto di rene sia maggiore nei pazienti trattati con una terapia immunosoppressiva contenente everolimus rispetto agli altri schemi terapeutici utilizzati nella comune pratica clinica.

Materiali e Metodi

Questo studio è disegnato come osservazione prospettica in pazienti adulti sottoposti a primo trapianto di rene presso un unico Centro Trapianti, dall’agosto 2009 all’agosto 2011. Sono stati esclusi i pazienti con DSA circolanti preformati. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: chi assumeva Everolimus ab initio o comunque al terzo mese dopo il trapianto (gruppo A, n = 24, di cui 23 in everolimus ab intio) e chi assumeva un’altra terapia immunosoppressiva (gruppo B, n = 67).

La maggior parte (87,5%) dei pazienti che assumeva everolimus era arruolata nello studio Novartis-Evidence (Novartis-CRAD001AIT12) o nello studio CAEB071A2206 (Novartis-NCT00504543). Le principali caratteristiche cliniche, demografiche e immunologiche al momento del trapianto sono risultate sovrapponibili nei due gruppi.

I diciannove pazienti trattati con ciclosporina-everolimus (gruppo A), hanno ricevuto basiliximab, ciclosporina (target 2^ ora: 600-800 ng/mL), everolimus (target livello basale 8-12 ng/mL) e steroide. Gli altri cinque pazienti nel gruppo A hanno ricevuto basiliximab, everolimus, sotrastaurina e steroide.

Lo schema di terapia immunodepressiva “di routine” (gruppo B) includeva rATG (sette somministrazioni, dose cumulativa di 3.5-5.0 mg/Kg), ciclosporina A, acido micofenolico e steroide. Inoltre, a seconda delle singole necessità cliniche potevano essere utilizzati basiliximab, tacrolimus, micofenolato mofetile o azatioprina.

Gli anticorpi anti HLA sono stati cercati con metodo Luminex (Luminex 100/200™ System – Luminex Corporation, Austin, TX, USA) e considerati positivi con un MFI maggiore di 1000. La ricerca di anticorpi è stata eseguita al momento del trapianto, a sei e dodici mesi, e quindi annualmente. Inoltre è stata eseguita in caso di rigetto acuto e su indicazione clinica (peggioramento della funzione renale o comparsa di proteinuria).

Risultati

Non si è osservata alcuna differenza di incidenza di DSA de novo: l’incidenza cumulativa nel gruppo A (everolimus) è stata 8.9%, mentre nel gruppo B (altre terapie) è stata 10.5% (p = 0.720). La specificità dei DSA è stata in 8 / 9 (88.9%) pazienti contro antigeni DQ, con un MFI massimo di 10282 ± 6468 (Tabella 2).

I rigetti umorali acuti sono stati uno per gruppo: quello nel gruppo A ha risposto solo parzialmente alla terapia (plasmaferesi, rituximab, IgIv, ATG, boli di steroide, switch a tacrolimus-micofenolato), evolvendo verso un rigetto umorale cronico; quello del gruppo B è stato conseguenza di una non corretta assunzione della terapia e ha causato l’esaurimento funzionale del rene.

La ricerca dei fattori di rischio per lo sviluppo di DSA ha evidenziato come principale fattore di rischio la presenza di un rigetto acuto cellulare: 5/11 (45.5%) pazienti con rigetto hanno sviluppato DSA rispetto a 4/80 (5%) degli altri pazienti (RR=9.1 (IC95: 2.9-28.8). Inoltre la presenza di un qualsiasi evento clinico (infezione maggiore, chirurgia, manovre endovascolari, etc) è associata alla comparsa di DSA (RR=4.2 (IC95: 1.3-13.6).

Infine da segnalare come la terapia con azatioprina sia maggiormente associata a rigetti acuti cellulari e allo sviluppo di DSA (RR 6.2, IC95: 1.1-34.9), ma solamente 4 pazienti nel gruppo B (altro) hanno ricevuto questa terapia. Inoltre nel gruppo A (everolimus) 1 di 5 pazienti senza CNI (20%) ha sviluppato DSA rispetto a 1 di 19 pazienti in CNI+everolimus (5.3%), con un RR non statistic. Significativo di 3.8 (IC95: 0.6-24.1). In modo simile, essere al di sotto del livello desiderato di farmaci immunosoppressori anche solo una volta nei primi sei mesi (“off-target”) incrementa di 2.7 volte il rischio di sviluppare DSA in tutti i gruppi (IC95: 0.8-9.1).

Discussione

Lo studio di Liefeldt et al ha mostrato un’incidenza cumulativa a due anni di DSA del 20.3 % nei pazienti in terapia con everolimus, rispetto al 10.8 % dei pazienti in ciclosporina: la principale differenza con questo studio è che nella nostra popolazione la maggior parte (19/24) dei pazienti che riceveva everolimus riceveva anche un CNI. Inoltre nello studio di Liefeldt era possibile sospendere lo steroide (59% dei pazienti rispetto a 4.2% nel nostro studio), mentre ad oggi la sospensione dello steroide è stata dimostrata sicura solo negli schemi basati su CNI. Queste differenze sono probabilmente alla base dei risultati diversi ottenuti nel nostro studio rispetto a quello di Liefeldt.

In conclusione il presente studio non è stato in grado di confermare quanto osservato in precedenza, ma anzi suggerisce la “sicurezza immunologica” di una terapia con ciclosporina, everolimus e steroide in pazienti riceventi di primo trapianto renale.