LA PREVALENZA DELLA IPERLIPEMIA FAMILIARE COMBINATA (IFC) NEI SOGGETTI CON CKD SECONDARIA A “NEFROANGIOSCLEROSI”

Introduzione

Nella comune pratica clinica si riscontrano frequentemente casi di dislipidemia “primitiva” con evidente carattere di “familiarità”, sulla base di una predeterminazione genetica. Tra queste, la più diffusa risulta la cosiddetta Iperlipemia Familiare Combinata (IFC). Le statistiche riportano una prevalenza di IFC nella popolazione generale intorno al 2%. In molti soggetti dislipidemici viene riscontrata una Chronic Kidney Disease (CKD), attribuita molto spesso a “nefroangiosclerosi”, senza ulteriori note di precisazione diagnostica (Figura 1). Alcuni recenti dati (Bomback AS, NDT 2010 [1] (full text)rendono suggestiva l’ipotesi che vi possa essere una correlazione tra anomalie genetiche che codificano per le componenti proteiche delle lipoproteine, determinando una dislipidemia “primitiva” e lo sviluppo di un conseguente “danno renale”, che troverebbe così le sue basi fisiopatologiche  in un pattern lipoproteico alterato. Secondo uno studio recente (Arai H, J atheroscler Thromb., 2012 [2] (full text)la malattia renale cronica si assocerebbe frequentemente al pattern lipoproteico della dislipidemia IIb, altamente aterogeno e caratteristico della IFC.

Casistica e metodi

Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di rilevare nei soggetti con CKD secondaria a “nefroangiosclerosi” la presenza di una IFC. A tal fine abbiamo somministrato un apposito questionario elaborato dalla Committee of Experts of the Aterosclerosis and Dysmetabolism Group (Gaddi A., Nutr Metab Cardiovasc Dis, 1999 [3] a pazienti con CKD su base “nefroangiosclerotica” afferenti all’Ambulatorio Nefrologico della nostra UOC, valutando una coorte di 212 soggetti (107 M e 105 F – età media 58 aa.) con CKD in vario stadio K/DOQI, in terapia “conservativa” (Figura 2).

Risultati

L’indagine ha rilevato che nel gruppo di pazienti osservato vi era una notevole prevalenza di alterazioni del metabolismo lipidico. Per il 48% di tali soggetti venivano soddisfatti i criteri diagnostici per il rilevamento della IFC, dopo aver escluso tanto le forme “secondarie” di dislipidemia quanto le altre forme di dislipidemia “primitiva” (Figura 3).

Conclusioni

Riteniamo che, in base ai dati da noi rilevati: 1) si possa ipotizzare un ruolo “primitivo” e “specifico” della dislipidemia nella genesi del danno renale etichettato semplicisticamente come “nefroangiosclerosi”, ma meritevole di una maggiore chiarificazione nei suoi aspetti patogenetici; 2) si debba auspicare una maggiore attenzione nel rilevamento precoce del grado di funzionalità renale proprio nei soggetti dislipidemici (Figura 4), maggiormente esposti ai processi angiosclerotici, da considerare a carattere ubiquitario nei vari distretti dell’organismo, cogliendo i primi segni di un’eventuale “sofferenza funzionale” renale, ancor prima che il danno si renda evidente e diventi irreversibile.